23/7/21
Paestum-Qualiano
116Km
Quella di oggi è stata una giornata infernale. Una discesa all'abisso, repentina e senza dazio a Caronte, un biglietto di sola andata per decidere che no, l'Italia non è un paese per ciclisti.
Sapevo che attraversare Napoli non sarebbe stata una passeggiata, ma non pensavo che l'ignoranza e la maleducazione potessero giungere a un tale segno. Vivo a Milano, che notoriamente non è particolarmente bike friendly. Ho attraversato in sella città come Mosca, Teheran, Ulan-Bator, Los Angeles e New York, ma pure Belgrado, Ashgabat e Tashkent, Novosibirsk e Istanbul. E vi giuro che in nessuna di queste metropoli ho rischiato la vita quanto nel capoluogo campano e periferie. Qualquadra non cosa, e non è colpa dello stato, di dio o del fato. No no, è proprio la gente.
E non venitemi a dire che questa è una frase razzista, magari leghista, da polentona. No cari, nulla mi è più distante. Il mio sguardo è sempre il medesimo, oggettivo per quanto posso e trasparente come una goccia d'acqua, in tema di origine e provenienza, etnia, religione o colore della pelle o dialetto. Non mi interessa chi sia a fare le cose, mi limito a registrare ciò che accade.
E ciò che è accaduto oggi ha la forma dell'incubo.
Stamattina mi sono scattata una foto che per qualche motivo mi ricorda quella famosa di Christopher McCandless davanti al Magic bus, in Alaska. Ottima come testina per l'articolo di nera in caso di incidente.
In realtà la mattinata è cominciata abbastanza bene. Forse per l'ora non tarda, forse per la scelta della litoranea, ci siamo trovati a pedalare su una strada solo moderatamente trafficata, chiusa tra il mare, le dune e la pineta, da un lato. E dall'altro campi di pomodori pieni di ragazzi neri con le schiene piegate, montagne di immondizia, prostitute veramente veramente derelitte e cani randagi, in un unicum di degrado interrotto solo da qualche paese. Il primo si chiama "allevatori di castori" (sic), poi Foce Sele, notoriamente paludosa e malsana e le propaggini di Battipaglia. All'interno Eboli, quella dove si è fermato Cristo. Perchè pure lui, con tutto il bene...
A bordo strada, lato pineta (non lato prostitute) ci sarebbe anche una ciclabile, che è talmente larga e ben pavimentata da risultare letteralmente impercorribile, nonostante i nostri plurimi tentativi. Ma, come dicevo, il traffico qui è ancora decente e senza troppe bestemmie si arriva al Golfo di Salerno, con la città in vista davanti a noi.
La periferia, come ogni periferia, bella non è. Ma qui troviamo un negozio di bici che prende in carico quella di Gigi. Si è rotto la molla del freno posteriore e va assolutamente sistemata. L'operazione richiederà due ore e mezza perchè il buon meccanico, non avendo in negozio il pezzo di ricambio, va a recuperarlo a 15km di distanza, chiedendo poi una cifra misera nonostante abbia lavorato anche in pausa pranzo.
Mentre Gigi resta al negozio e intanto incontra un amico d'infanzia che vive qui a Salerno, io ne approfitto per un giro in centro. Davanti, azzurra nella distanza, si staglia il profilo della Costiera Amalfitana, con i suoi golfi e le sue rocce a strapiombo sul mare.
Salerno ha conosciuto un momento di grande splendore come capitale del principato longobardo. Dal VI secolo a.C. osca-etrusca, poi sannita, e romana, è sempre stata una città multiculturale; era infatti un cuscinetto tra papato e impero, tra oriente bizantino e islam. Saltando tanto avanti nel tempo la si ricorda come Manchester delle Due Sicilie, per le numerose fabbriche alla metà del 1800 e luogo dello sbarco alleato e capitale sotto Badoglio, durante la Seconda guerra mondiale.
Di tutto resta traccia, ma il centro storico è di impianto medievale. Sopra svetta il Castello degli Arechi. Sotto le porte e le viuzze strette
e la raffinatissima Scuola Medica, fondata nel IX secolo ed estremamente all'avanguardia per l'epoca, prima istituzione nel mondo occidentale per l'insegnamento della medicina. La leggenda vuole che ad aprirla siano stati 4 maestri: un ebreo, un arabo, un latino e un greco. Onde il titolo di hippocratica civitas.
I muri danno voce ad Alfonso Gatto, poeta originario di Salerno, e questa è la street art che ci piace!
In centro, accanto al tempio di Pomona
si trova la cattedrale. La facciata anonima, barocca di un barocco senz'anima, non deve ingannare;
e nemmeno la piazza, dedita più al culto della squadra locale che non a quello dei santi tradizionali.
La cattedrale in sè, costruita dal 1084 per volere di Roberto il Guiscardo, presenta un meraviglioso quadriportico e un campanile in stile arabo-normanno. La pianta ricalca quella di Montecassino e dell'antica San Pietro in Vaticano.
Dopo aver girato per le vie del centro e del porto ed aver riposato al fresco del parco della Villa Comunale, mi ricongiungo con Gigi, che finalmente ha ripreso possesso della sua bici. Da qui inizia una sorta di folle volo al basso verso l'Averno. Non ho quasi più scattato foto perchè il traffico è stato tanto e tale da rendere impossibile qualsiasi sosta e da sfibrare ogni nervo e grammo di pazienza.
Usciti da Salerno ci inerpichiamo sulle colline che preludono ai monto della Costiera Amalfitana. Il paesaggio è stupendo, con le pendici ora di roccia ora grasse di bosco a picco sul mare, costellate di paesini che paiono sfondo di un presepe.
Passiamo accanto a Vietri sul mare, a Cava de' Tirreni e dalle due Nocere. La strada è un Flegetonte di asfalto rovente in cui stanno immerse le anime di guidatori violenti e maleducati. Non è semplice descrivere la situazione, se non la si vive dall'interno. Dal'inferno. Immaginatevi una bolgia indistinta di auto, furgoni, camion, moto e motorini, apecar e pedoni che si ammassano sulla carreggiata senza alcuna regola, mossi dal caos, dalla fretta, dall'ignoranza di qualsivoglia minima regola del codice o del buonsenso. Rotonde, incroci, semafori sono presi d'assalto senza logica nè senso. Il rumore di clacson è continuo e ininterrotto. Si parcheggia in seconda, terza, quarta fila e lo sport nazionale è aprire le portiere appena ci si passa accanto. Le manovre azzardate e pericolosissime sono la norma per tutti e si usa, ad esempio, accostare due motorini, con sopra tre persone ciascuno, nessuna munita di casco, e chiacchierare amabilmente, corsa,, nel mezzo nella strada. E giù di clacson, di precedenze mancate, di rossi bucati, di portiere aperte a un millimetro dalla faccia.
Come se tutto ciò non bastasse, la strada o è scassata o, come accade per DECINE di km da prima di Pompei fino a dopo Napoli, fatta a lastroni di pietra sconnessi. Braccia e schiena soffrono molto peggio di quanto accadrebbe su uno sterrato cattivo e siamo costretti a fare numerose soste per riposare la mente e riprendere fiato, prima di rituffarci nell'inferno.
Per fortuna, in tutto questo, incrociamo anche qualche goccia di splendore e di umanità che ridanno senso al nostro andare. Passiamo, ad esempio, da Pompei, con il suo santuario.
e la città romana sepolta dall'eruzione del Vesuvio nel 79° anno della nostra era. Ho già visitato questi luoghi qualche anno fa e rivederli mi placa il lago del cuore. E' un sorso di linfa fresca, un frammento di pace assoluta.
Passiamo poi da Ercolano, anch'essa ridotta ad un urlo muto e grandioso perenne dal vulcano. E poi si entra in Napoli. Qui il casino raggiunge il suo apice assoluto, perchè al traffico mosso da caos si aggiungono pedoni urlanti, venditori de laqualunque e umanità varia più o meno dolente che bighellona in giro e crea ulteriore entropia.
Per altro passiamo proprio dalla zona della stazione ferroviaria centrale e poi dall'aeroporto e dalle periferie conseguenti. Qui ci sono i quartieri malfamati, brulicanti di gente losca e invasi dalla monnezza. Siamo guardati con stupore e interesse, come fossimo animali strani, come vedere una giraffa a Cornaredo.
Siamo oramai cotti e non ne possiamo più. All'ennesima rotonda nella quale NESSUNO rispetta la logica delle precedenze e tutti si accalcano alla rinfusa per passare, tamponandosi e sclacsonando, ho un mental break down e invoco un intervento divino risolutore, un ventilabro che purifichi. Così no, dai, non è possibile. Meritiamo di essere considerati terzo mondo. Anche quarto o quinto. E la cosa bella è che, in tutto questo, nelle rotonde ci sono statue della Madonna o di Padre Pio o del Cristo. Perchè proteggano la gente CHE FA DI TUTTO per farsi e fare del male. Il Medioevo!
Ci lasciamo alle spalle, stressati ed esauriti, Napoli. Muoviamo verso nord, fino ad un albergo che ho trovato su Booking a una cifra ridicola. Poi ne capisco il motivo. Personale gentilissimo ma trattasi evidentemente di ex (o attuale) bordello, con camere con specchi ovunque, alle pareti e sul soffitto e luci dai colori ambigui. E questo genere d'opere d'arte realizzate con petali di rosa finti.
Il proprietario ci accoglie ricordandoci che siamo nel pieno della tristemente nota Terra dei fuochi. Oh, benone!
In ogni caso abbiamo portato a casa la pelle anche stasera e domani dovrebbe essere meno tragica la rotta. Entreremo in Lazio per il penultimo giorno di queste tre settimane di raid italico. Puntiamo a Terracina. Da lì muoveremo su Roma, tappa finale. Ho già prenotato un Flixbus diretto su Milano, notturno, da Tiburtina a Lampugnano. Così chiudo idealmente il mio personalissimo "Giro d'Italia", iniziato quasi dieci anni fa con il primo viaggio "lungo" in bici, un Milano-Roma che mi ha iniziata a questa vita seminomade cui non ho più voluto rinunciare. E sono solo all'inizio, c'è ancora tanto mondo, quasi tutto, da esplorare!