sabato 17 luglio 2021

12. Margherita di Savoia-Monopoli. Sguardo a Levante, l'eco della storia dentro a una conchiglia

16/7/21
Margherita di Savoia-Monopoli
136km





Mare, arte, storia scritta nella pietra bianca, ancora mare: questi sono stati gli elementi alchemici di cui si è costituito il nostro tempo oggi. Un tempo a forma di strada che corre, scorre e soccorre. Un tempo a forma di vento, di ala di gabbiano, di onda, di fremito d'oleandro al vento.

In sintesi, per gli amanti delle carte e delle mappe, abbiamo percorso tuuuuuutta la litoranea che infila una perla di città dopo l'altra, con un vento propizio e un cielo d'azzurro steso. Unica nota negativa: il traffico, nei centri urbani. Ma il problema non è nemmeno il traffico in sè. E' come si guida qui. Diciamo un po' alla mediorientale, diciamo un po' alla cazzo di cane. Il codice della strada è un orpello inutile, valgono regole altre. In primis: non ci si ferma mai. I veicoli, i pedoni, i carretti, gli Apecar della frutta e del pesce, le bici, i motorini, persino i gatti randagi si muovono in un flusso costante che permette al più di rallentare, ma mai di fermarsi. Ne consegue che la precedenza non è questione di norma ma di gentil cortesia. Ancora, il clacson è strumento di comunicazione al pari del linguaggio del corpo e delle parole. Le frecce sono pure un orpello di puro valore estetico e insomma, ci si muove alla sperindio e i pedoni quando attraversano hanno il terrore negli occhi. Mi ricorda molto Teheran, in piccolo. O Belgrado, del pari.

A parte questo dettaglio che mette a repentaglio più volte la nostra vita (ma vengo dal duro addestramento dell'hinterland milanese, poco mi spaventa!), ci lasciamo presto alle spalle Margherita di Savoia e le sue saline rosa, per entrare in Barletta, la città della disfida, dopo aver attraversato l'Ofanto

Questa città divenne un florido centro commerciale dall'XI secolo, al tempo delle crociate in Terra Santa, come testimonia la Basilica del Santo Sepolcro. A breve distanza si erge il colosso di Barletta, chiamato Eraclio, statua in bronzo che ritrae un uomo in vesti imperiali tardo-romane e bizantine.




Ma Barletta è nota per la disfida, come dicevamo. Correva l'anno 1503: queste terre erano contese tra spagnoli e francesi; 13 cavalieri franzosi sfidarono altrettanti baldi giovani italiani, che combattevano sotto l'egida spagnola, e furono sconfitti. Gne gne gne.

Altra e più importante battaglia ha irrigato di sangue queste terre, poco oltre, sulla strada per Trani. Qui si trova Canne, dove Annibale sbaragliò l'esercito romano guidato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone con una manovra tattica sopraffina. Peccato poi per gli ozi di Capua. Facendo una media tra Polibio e Tito Livio, Roma perse circa 80.000 uomini, di cui 10.000 prigionieri, mentre i cartaginesi solo 8000, pur avendo un esercito numericamente inferiore

Pedalando con queste immagini di strage negli occhi -qui la terra è grassa e ben concimata- arriviamo a Trani, con la sua pietra e il suo vino (ed è subito Gaber: Seconda traversa, a sinistra nel viale/ Ci sta quel locale abbastanza permale/ Che chiamano Trani a gogò/ Si passa la sera scolando Barbera/ Scolando Barbera nel Trani a gogò)



Dopo un errore di valutazione, ovvero l'aver imboccato la SS16 che qui è superstrada tecnicamente vietata alle bici, capiamo che la strada giusta per noi è la cosiddetta complanare, dedicata alla sempre cosiddetta viabilità si servizio. E' una strada che corre sempre a ridosso della statale, ma serve le vigne e le case, gli orti e le ville. E' sempre deserta e comunque le poche auto procedono con calma.
Si passa così da Bisceglie, e non è la fermata della metro milanese, a Molfetta, che mi ricorda, con tutto il rispetto, un po' il salame un po' la puzzola. Ma sì, lo so, l'origine del toponimo è da Melfi, oppure Mel-facta, fatta di miele, per  il clima dolcissimo.







Ci concediamo una pausa sul lungomare, mentre leggo l'intricatissima storia di queste città di costa, contese tra imperi, tra corone, tra barbari e pirati, tra signori e re, tra gente venuta dal mare e gente venuta dai monti. Mi stupisce sempre pensare a quanti popoli siano passati su questo selciato chiaro, quante orme siano state cancellate dal mare su queste spiagge.

Proseguiamo. Ecco Giovinazzo 



e finalmente Bari. A Bari entriamo per vie traverse, girando attorno all'aeroporto, tra lungomare e sentieri fra i campi. La periferia no, non è affatto imperdibile. Ma muovendo verso il centro si dispiegano ai nostri occhi tutte le meraviglie, ben più di sette, che questa città offre. Da sempre porto-porta sull'Oriente, ha un carattere levantino e mediterraneo marcatissimo, che si respira in ogni pietra e in ogni androne.
Faccio un gioco: elenco le culture e i popoli che si sono avvicendati qui. Vedrete da voi la complessità stratificata della storia locale.
Peucezi o cretesi, messapi, greci, romani, longobardi, bizantini, arabi (fu anche sede di emirato a metà del IX secolo), saraceni, veneziani, normanni, crociati, svevi, angioini, aragonesi, Sforza, e, nel secolo scorso, nazisti e alleati. 

Noi ci soffermiamo soprattutto al castello normanno svevo


e ai vicoli del centro, tra madonne delle orecchiette



e torri di taralli


Ma soprattutto ci attrae, con la sua facciata così bianca da risultare abbagliante, la basilica di san Nicola, fulgido esempio di architettura romani-pugliese.


Sorge dove un tempo si trovava il palazzo del catapano bizantino (distrutto durante una ribellione popolare). L'edificio fu eretto tra il 1087 ed il 1197, allo scopo di custodire le reliquie di san Nicola, trafugate da Myra da alcuni marinai nel 1087.







La presenza delle reliquie del santo hanno reso la basilica uno dei centri prediletti dalla Chiesa ortodossa in Occidente e anche un importante punto di comunicazione interconfessionale tra l'Ortodossia e il Cattolicesimo. Questo nonostante il fatto che nel 1098 nella cripta della nuova basilica, si riunì il concilio presieduto da papa Urbano II, al quale intervennero oltre 180 vescovi riunitisi per discutere di problemi dogmatici inerenti ai rapporti tra la Chiesa ortodossa e Chiesa Romana all'indomani del Grande Scisma. Non manca nemmeno una targa firmata direttamente da Putin.



Purtroppo dobbiamo lasciarci alle spalle anche Bari, e lo facciamo percorrendo il tranquillissimo lungomare e la spiaggia Pane e Pomodoro, simbolo pop della città.



Dopo una telefonata a Mario e Massimo Boglia, ciclisti di fiducia, per allestire la Signorina in vista dell'Islanda, ci lanciamo a sud verso Mola di Bari, Cozze, San Vito, sempre correndo con oleandri o fichi profumatissimi da un lato e il mare dall'altro. Lungo la costa fieno e pagghiare, meglio note come trulli, diruti e abbandonati qui, a formare un connubio da cartolina malinconica e dolce a un tempo, segno di qualcosa che non è più.




Imperdibile una sosta a Polignano, assalita dai turisti, dagli Apecar, dai venditori ambulanti de laqualunque, ma comunque sempre spettacolare, soprattutto in questa luce già obliqua color di miele.


Le giornate si stanno già accorciando e non resta molto tempo prima che venga il vespro. Come frecce scagliate su precisa traiettoria di vento ci lanciamo verso Monopoli -non il gioco, non quelli di stato.
Ci attende poco oltre un campeggio. La città altomedievale e le 99 contrade scorrono al margine del campo visivo nel crepuscolo che ormai incalza.
Proseguiamo tra campi e muri a secco, l'aria già fresca. Accanto al castello-abbazia di Santo Stefano, nella pineta che digrada al mare, piantiamo le tende. Pioverà stanotte, e sarà bellissimo ascoltare il rumore delle foglie e delle gocce dolci mentre il sonno porta l'oblio. 



Domani proseguiremo lungo la costa fino a Brindisi, poi ci spingeremo più nell'interno, per visitare Lecce, romana e barocca, sicuramente meravigliosa.



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