Allacciate le cinture di
sicurezza, perché sta per partire la corsa sulle montagne russe, è il caso di
dirlo, della storia e della cultura baschira. E voi direte: “Ma che ce frega?”.
Sbagliate. Ufa, capitale di questa regione, è troppo bella per non essere
conosciuta.
Poi sono stata intervistata da un
giornale della Repubblica del Bashkortostan, ma di che stiamo parlando?
Ora vi spiego tutto con calma.
Partiamo dall’inizio.
Qui sono arrivata ieri nel
primissimo pomeriggio, dopo aver salutato il Dobryy Den’, che, ieri mattina, mi
ha davvero dato il buongiorno e senza ironia. Colazione con caffè, doppia
insalata con carne secca alla Gengis Khan e pancake-spugnone imbevuto di panna
acida, una delizia per pochi.
Sole, caldo e buono, come non
vedevo da giorni, in un cielo terso da commuovere, così azzurro e limpido e
chiarissimo e benevolo. Io, da atea convinta, sono diventata animista ormai. E
venero l’astro ardente e i suoi raggi e i colori che fremono nella rugiada che
evapora. Sole, tu sempre sia lodato.
Una strada dolce e mansueta,
quasi tutta in piano, con l’asfalto liscio steso da un artista, da Michelangelo
o Canova in persona. Poco traffico e molto bordo in cui pedalare tranquilli.
Insomma, la tappa perfetta.
Sono arrivata a Ufa nel giro di
poco, accolta dalle solite ciminierone che stanno alle periferie delle città
russe; credo siano centrali nucleari, ahimè.
Ad Ufa si entra attraversando una
zona di acquitrini e boschi, sopra cui corre una stradona nuovissima, che
poggia su pilastri per non affondare nella palude sottostante; poi si passa il
ponte sul fiume Belaja, che incornicia la città insieme al suo affluente,
l’omonimo Ufa (entrambi fanno parte del bacino del Volga).
Si passano due colonne con stella
rossa; a destra il nome della città in russo, a sinistra in baschiro. D’ora in
poi sarà tutto bilingue, qui, anche perché il baschiro ha lettere diverse dal
russo ed è una lingua assai diversa.
L’ostello Ostanov’ mi attendeva
di lì a pochi kilometri, dopo aver intravisto del bel movimento nelle periferie.
L’ostello è una strana casetta
antica in mattoni rossi, in una zona centralissima, attaccato ad un
supermercato di prodotti tipici locali e biologici. Comunque è bello davvero,
pulito e accogliente tutto arredato di fresco (Ikea); una delle ragazze parla persino inglese... E ha voluto vedere il visto sul passaporto perchè non ne aveva mai avuto uno per le mani. Ciò vi fa capire quanto turismo internazionale giri da queste parti. E poi le camare sono in queste mansardine
meravigliose da cui si vedono le foglie, gli uccellini e scaglie di cielo.
Il tempo di una doccia e,
finalmente, di una lavatrice (i vestiti gridavano ormai vendetta al cospetto di
dio) e mi sono lanciata nell’esplorazione della città, che è stata una sorpresa
meravigliosa. Non credevo fosse così bella e, anzi, temevo di trovare solo
palazzoni e traffico. Invece…
Ufa è stata culla di insediamenti
umani fin dal paleolitico. Della sua storia più antica si sa ben poco;
probabilmente, dal V secolo al Medioevo, ospitò prima villaggi poi una vera e
propria città. Sulla carta dei fratelli Pizzigagno (1367) e sull’Atlante
catalano (1375) è segnata qui una città con il nome Pascherti (Bashkort?), e
sempre con tale dicitura compare pure sulla mappa di Mercatore (1554). Anche lo
storiografo arabo Ibn Khaldun (siamo a cavallo tra Tre e Quattrocento) cita una
Bashkort sul Belaja parlando delle principali città dell’Orda d’oro… Che quindi
era giunta anche qui con i suoi cavalli e le sue frecce. Dunque, probabilmente,
la città fu fondata dai baschiri, quella popolazione turcica di cui abbiam già
parlato e poi travolta dall’ombra dei Khan.
Nel 1574, sul sito dell’attuale
Ufa, Ivan il Terribile fece costruire una roccaforte per difendere i confini
del suo regno. Si chiamava Tura-Tau, come la collina su cui sorgeva. Pochi anni
dopo divenne una città vera e propria.
La Baschiria, come già s’è visto,
scelse di annettersi volontariamente al pincipato di Moscovia, dopo la caduta
di Kazan, e ancora oggi il buon vento che tira tra Russia e Bashkortostan è
rappresentato da questo imponente “monumento dell’amicizia”, che sorge a picco
sulla Belaja. Una donna rappresenta il popolo dei russi, l’altra quello dei
baschiri e tutto è molto grosso e solenne, ma se non altro è un inno alle
relazioni pacifiche (però sinceramente voi, se foste stati nei panni dei
cinquecenteschi baschiri, avreste preferito allearvi spontaneamente o farvi
conquistare dopo prolungate sofferenze dal tonitruo Ivan il Terribile?)
(questo non c'entra ma mi ha colpito: una donna a spasso con un gatto da passeggio)
Tra Settecento e Ottocento la
città divenne così ricca e importante da divenire centro amministrativo di un
vasto territorio, che comprendeva quelle che oggi sono la Baschiria, l’Oblast
di Orenburg e quella di Chelyabinsk (dove arriverò tra qualche giorno).
Proprio in questo periodo visse l’eroe
nazionale baschiro più venerato, il poeta e cantore Salawat Yulayev, che dà
anche il nome alla fortissima squadra di hockey (sport per il quale i russi
vanno matti) cittadina. Quest’uomo, tra 1773 e 1775 fu uno dei leader della
rivolta di Pugachev, o casacca che dir si voglia; in quegli anni insorsero
contadini, servi della gleba, ex militari caduti in rovina e “Vecchi credenti”
(preti che a metà ‘600 si separarono dalla gerarchia ecclesiastica ortodossa in
protesta contro le riforme del patriarca Nikon – quello che si contrappone alla
Canon). Insorsero contro il potere assoluto di Caterina II, che deportava
interi villaggi di contadini per coltivare le terre a oriente e fondava il
proprio potere sulla fedeltà dei nobili, dando loro schiavi e servi della
gleba, che, oltretutto, erano vessati dalle tasse. I baschiri, i particolare,
subivano una sorta di colonialismo da parte dei nobili russi, che si
impossessavano delle loro terre, dei campi e delle miniere, imponevano modelli
di civiltà sedentaria a popolazioni ancora seminomadi, la servitù ai liberi. Per
questo il popolo insorse e Yulayev con loro. Purtroppo questa rivolta fallì
miseramente, Pugachev fu giustiziato e Yulayev anche, nel settembre 1800. Dopo
la cattura, lui e suo padre furono fustigati pubblicamente sui luoghi delle
battaglie dei rivoltosi; venivano trascinati per la regione con catene alle
narici, come animali, e furono marchiati a fuoco in fronte e sul volto. Gli zar
avrebbero pagato tutta questa violenza un secolo più tardi, perché raramente la
storia perdona.
Oggi resta il monumento di
Yulayev, a picco sul fiume, nel punto più alto della città, e con lo sguardo a
oriente.
Intorno, un bel parco molto
animato, con bancarelle e gher (tende tradizionali) dove si possono acquistare
prodotti locali, non da ultimo il miele, oro finissimo, eccellenza della
regione.
Poco distante sorgono il
padiglione delle conferenze (costruito per il Brics) e la sede storica della tv
baschira.
Queste sono poi le strade di Ufa
la sera, tra fiori e venditori di fragole e volti di zigomi alti e occhi felini, tra
veli delle timorate e tacchi vertiginosi. E ciclisti ignoranti. E cene baschire
e colazioni destrutturate, luisone degli Urali, autobus pieni di umanità varia che va e viene da lontano, sguardi obliqui come la luce a sera, teatri, colonne e piazze e angoli strettissimi, quasi inesistenti, dove i più poveri si rifugiano.
(Velo-Mir, il ciclista)
(ciclista con impianto stereo integrato)
(questo è lo stemma di Ufa. Una martora. In effetti, sulla strada, entrando in città, ho visto un paio di animaletti a metà tra la donnola e il furetto correre svelti nell'erba. Saran loro?)
Ma proseguiamo con la storia di Ufa,
Nei primi anni del XIX secolo
l’architetto scozzese Heste (autore dei ponti di San Pietroburgo) diede alla
città l’aspetto di una capitale. Poi furono costruiti porti lungo i fiumi, la
ferrovia e una costellazione di piccole industrie che fecero ulteriormente
decollare Ufa.
Dopo la Rivoluzione d’ottobre, Ufa
fu prima occupata dalle forze dell'armata bianca, poi divenne sede del governo provvisorio, nel 1918, dopo l’abdicazione dello zar e la rinuncia
di suo fratello a salire sul trono. Il governo, noto per il fallimento dell’offensiva
Kerenskij durante la Prima guerra mondiale e per il conflitto al suo interno (affare
Kornilov) venne completamente messo in ombra dai Soviet bolscevichi nel giro di
poco.
Durante la Seconda guerra
mondiale furono qui trasferite industrie di ogni tipo, al punto che la
Baschiria, insieme al Tatarstan, furono protagonisti del’enorme sforzo
economico e di produzione per sostenere l’impegno russo nel conflitto. Si
trasferì qui, al sicuro, anche il governo sovietico. Dealla tragedia, pur vittoriosa, della Grande guerra patriottica resta traccia nel parco della vittoria.
Oggi è una città tranquilla e
piena di bellezze, di università, scuole, teatri, stadi, musei ed edifici
storici, ma anche ricca grazie alle industrie e alle attività legate
all’estrazione di petrolio, gas e minerali.
E banche molto aggressive.
Quanto alla religione, qui, le due confessioni più diffuse sono quella cristiana ortodossa, che trova il suo punto di riferimento nella splendida cattedrale della Natività della Vergine
e quella musulmana, che ha come centro spirituale la moderna moschea Lyalya Tyulpan, una delle più grandi di Russia,
ma pure l'antica moschea Tukayev che risale al 1830; questo è un centro di studio e riferimento per tutti i musulmani della Russia europea da quasi due secoli.
In costruzione è anche l'enorme moschea dedicata all'eroe Yulayev.
Qui si vede una pacifica convivenza tra religioni che procede da secoli senza troppi attriti. L'islam è praticato in forma assai moderata, le donne portano veli minimi e non diversi da quelli che indossano le signore che entrando in chiesa. E in libreria, accanto alle edizioni di Machiavelli e di Omero, prima delle favole russe con molte volpi, si vedono Corani, Torah e Bibbie in russo e baschiro. E questo è bello.
Aggiungiamo la ciliegina sulla torta di questi due giorni ad Ufa. Stamattina ho fatto un salto all'agenzia della Turkish Airlines perchè con loro ho prenotato il volo di rientro da Ulaanbataar e volevo delucidazioni in merito al trasporto bici. Dopo una lunga attesa sotto allo sguardo sereno di Ataturk, grand'uomo,
l'impiegato mi ha dato tutte le risposte del caso. Poi ha buttato lì una domandina: "Ma che ci fai con una bici in Mongolia?"
Ehhh... Storia lunga, un viaggio...
"Ma stai facendo la transiberiana in bicicletta? Sei una blogger?"
Osti, un indovino! Sì, è così.
"Quanto stai a Ufa? Avrei interesse a presentarti a dei giornalisti locali".
E così, nel giro di un'ora, mi sono ritrovata nella sede di proufu.ru, un giornale locale cartaceo e online. Giornalista, Denis Mel'nikov, e interprete, Irina, e via a raccontare della Volpe a pedali. A giorni uscirà l'articolo e sarò materia di discussione tra caffè e bigodini in quel della Baschiria. Mica male!
Ultima cosa da dire di Ufa e dei Baschiri è questa. Sono un popolo accogliente, ospitale e gentile ma fiero, che ancora ricorda la libertà del movimento dei nomadi e dei grandi spazi, delle corse a perdifiato nelle steppe infinite e dell'assenza di confini, limiti, catene e vincoli. Il simbolo di tutto questo, oltre a Yulayev, fiero e ribelle, sono le sette sorelle baschire, protagoniste dell'epos locale e presenti nell'omonima fontana in centro alla città. Queste donne, bellissime, furono catturate dai ladri ma, pur di non sottostare alla prigionia, si suicidarono tutte insieme gettandosi in un lago.
La scelta della libertà può essere tragica. E quanto costa, alle volte, non piegarsi al giogo.
Domani mi attende l'ultima tappa in questa repubblica. Mi porterò ad Asha, località di villeggiatura e stazioni sciistiche ai piedi degli Urali. Poi passerò in Asia e sarà nuovo, vecchio mondo.
Ufa mi piace molto: bella, interessante e rilassante. Mi sembra che soprattutto la libreria racchiuda l'animo, lo spirito di questa gente. Ciao. Sila
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