13/7/21
Montesilvano-Campomarino lido
126Km
Dopo la nottata quieta torniamo in sella sotto ad un cielo grigio fine, che minaccia pioggia. Resterà così tutto il giorno, cedendo solo a tratti a grossi goccioloni tiepidi che non diventano mai temporale.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitìo che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
Sappiamo invece che a casa, a Milano, da giorni ci sono tempeste e grandine e un po' fa strano pensare che a breve saremo in Islanda a lottare contro il vento e un clima poco clemente.
Ma non divaghiamo. Ci siamo rimessi in strada alla volta di Pescara, nella quale abbiamo fatto brevemente i turisti. Dopo la casa natale di D'Annunzio, di cui ho visitato non molto tempo fa l'ultima grandiosa dimora, il Vittoriale, ci spostiamo nella cosiddetta Piazza salotto, ovvero della Rinascita; è stata infatti costruita dopo i bombardamenti del '43 come nuovo punto d'incontro e baricentro della vita sociale cittadina.
Immancabile la sosta all'elefante di Michetti, costruito negli anni '70 in cemento per protestare contro l'utilizzo selvaggio di questo materiale per gli edifici della città.
Poco oltre, sul mare, troviamo la fontana La nave di Cascella, del 1987. Leggo su Wikipedia che l'opera rappresenta simbolicamente una galea, antica imbarcazione a remi, concepita come rievocazione della storia marinaresca della città e dei patimenti subiti dai prigionieri della fortezza borbonica, costretti a lavorare come rematori sulle navi spagnole nel XIX secolo.
Infine ammiriamo -e sfruttiamo!- il Ponte del mare, il più grande ciclopedonale d'Italia e uno tra i primi in Europa, inaugurato nel 2009.
Lasciata anche Pescara alle spalle riprendiamo il corridoio verde adriatico, per questo tratto chiuso tra spiagge e litoranea. A parte qualche genio che non può mai mancare, devo dire che la guida qui è molto più rilassata rispetto a Milano. Magari si usano poco le frecce e magari le precedenze non sono proprio un must, ma gli automobilisti sono rispettosi e attenti e hanno la pazienza di aspettare quei pochi secondi prima di strombazzare e inveire contro i ciclisti con bici dal largo -noi.
Sempre sotto ad un cielo grigissimo affrontiamo un tratto di statale con tanto di salitelle nelle colline protese al mare. Non c'è molto traffico, per fortuna, e riusciamo a cavarcela senza grande fatica. Passiamo Ortona e ci rituffiamo verso il mare, per goderci la bellissima ciclabile della Costa dei trabocchi, perla del litorale abruzzese. Anche D'Annunzio rimase colpito da questi luoghi dal fascino antico e umile, al punto da affittare una casa da queste parti e descriverle ne Il trionfo della morte.
A questo punto, durante una breve sosta-gelato, ci rendiamo conto che queste nuvole sono troppo basse e troppo dense. Si tratta di fumo. Ecco perchè questo vento caldissimo da deserto iraniano! Ci deve essere un incendio qui in zona, e si capisce: le pinete e i boschi e tutto è arido e secco al punto da costituire una vera e propria polveriera.
Purtroppo anche la costa dei trabocchi finisce e proseguiamo il più possibile vicini al mare, infilando una serie di paesini votati al turismo balneare ora, alla pesca un tempo. C'è pochissima gente in spiaggia, nonostante il mare fantastico dall'acqua cristallina, che invita a farsi un tuffo ogni tre pedalate.
Ogni tanto la strada si intrufola tra i campi e gli orti, e il profumo di fichi maturi impregna l'aria già vibrate del canto delle cicale.
Tra un uliveti, una vigna e una pineta, oltre Vasto,
raggiungiamo Termoli ed il suo lungomare, non senza aver sfidato -e vinto- un omino con la bici elettrica che, probabilmente in modo inconsapevole, ci aveva gettato il guanto di sfida superandoci ad una rotonda. Sia mai!
Si arriva così al centro dell'unico porto del Molise... Ah già! Siamo in Molise!
A dominare il mare resta la cittadella fortificata, con il castello svevo in bella vista. Torre longobarda del Ducato di Benevento prima, poi normanna e dunque distrutta dalla flotta veneziana e fatta ricostruire da Federico II di Svevia, con la sua austera semplicità dà la misura di quali fossero le priorità a quei tempi, in materia d'architettura.
Ormai il pomeriggio è scivolato lungo la strada percorsa alle nostre spalle e il buio incombe. Decidiamo di accorciare la tappa -sulla carta è sempre facile segnare grandiosi kilometraggi e magnifiche sorti e progressive, poi nel concreto, di salitelle, e vento contro, di traffico e caldazza...
Non ci spingiamo ancora alle pendici del Gargano, al Lago di Lesina, ma decidiamo di piantare le tende nell'estremo sud del Molise, a Campomarino lido, dove troviamo un campeggio attrezzatissimo che dalla pineta porta direttamente sul mare. Fa ridere che, per la prima volta dopo oltre vent'anni, assista a baby dance, balli di gruppo e giochi proposti dagli animatori. L'umanità è grandiosa, si ingegna a riempire il tempo in ogni modo e a coprire il silenzio con musica alta e vociare vuoto, con questo onnipresente horror vacui mai davvero risolto.
In effetti il mare di notte porta con la brezza salata e fresca la sua carica di malinconia. Di piccolezza, di amechania di fronte alle cose. Di fuga temporis, di solitudine nel trascorrere. Il mare di notte ha una voce profonda che chiama a sè e respinge, è una macchia scura che inghiotte tutto, tranne la luce.
La sabbia da vicino pare la superficie lunare, e forse lo è. Forse sono qui tutte le cose perdute sulla terra.
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo d'uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti qua giù,
là su salendo ritrovar potrai.
Entro in acqua. E' tiepida e scura come un balsamo d'oblio. Da un lato splende la città con le sue luci tremolanti.
Dall'altro si fa invece terribilmente visibile e vicino l'incendio che sta divorando il Gargano. Lo spettacolo è grandioso e terrificante a un tempo. Con il vento le fiamme divampano e, nonostante siano a più di 30km di distanza, si mostrano in tutta la loro devastante grandezza. Si sentono all'opera pompieri e canadair.
La gente si affolla sulla spiaggia spaventata e tutti chiamano amici e parenti. La paura serpeggia quando si viene a scoprire che sono state lambite anche alcune città, e anziani e giovani ricordano le fin troppo numerose esperienze legate ad incendi da queste parti. "Non arriva qui, non è grande come quello che aveva preso anche la ferrovia", "Ti ricordi quando era sceso fino a Lesina, e noi stavamo tutti ammare?" e così via.
Nella notte bruciano 520 ettari e le fiamme si alzano per oltre 20 metri, costringendo molti degli abitanti a lasciare le case. Nessuno parla delle cause. Mi viene in mente la canzone di Caparezza, "Vieni a ballare in Puglia".
Fuma persino il Gargano, con tutte quelle foreste accese
Turista tu balli e tu canti, io conto i defunti di questo paese
Dove quei furbi che fanno le imprese, no, non badano a spese
Pensano che il protocollo di Kyoto sia un film erotico giapponese
Speriamo che i vigili del fuoco riescano nella loro titanica impresa. Domani pedaleremo proprio nel Gargano fino a Vieste, ad esplorare uno dei tanti tesori di questa regione.
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