Eccoci di nuovo qui, in partenza
per un nuovo viaggio.
Gigi ed io stiamo per tornare in
sella, e questa volta si va a nord, all’estremo nord del nostro continente.
Non vedo l’ora di spingere quel
primo colpo di pedale che dà inizio alla magia.
Non vedo l’ora di incontrare
volti e lingue e profumi nuovi, di vibrare della linfa delle betulle e bere il
sole di mezzanotte.
Prima di tutto, alcune piccole news: ho finalmente un profilo Instagram: volpe.a.pedali. Ancora, durante la quarantena ho costruito un sito, ancora da migliorare, che raccoglie
in ordine i diari di tutti i miei viaggi e fornisce info sui libri, gli
eventi... Lo trovate a questo indirizzo:
https://volpeapedali.wixsite.com/ritasozzi
Si chiama Signorina Felicita, come quella di Gozzano.
"...Vedevo questa vita che m’avanza:
chiudevo gli occhi nei presagi grevi;
aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,
ed ecco rifioriva la speranza!"
[Attenzione: la descrizione nuda e cruda del viaggio è nei paragrafi
successivi. Qui ci sono pipponi filosofici a due mani, e una risposta. Estote parati]
Se dovessi
riassumere in breve il modus che ha
guidato la scelta, quest’anno, di meta, percorso e viaggio, direi: AMOR FATI. Amore del fato. Di ciò che
accade al di sopra e al di là della nostra volontà e delle nostre forze.
Questa locuzione è usata da
Nietzsche, ma non è a lui che voglio fare riferimento ora: non c’è alcuna
volontà di potenza, non c’è un oltreuomo né la certezza che il tempo sia un
cerchio che torna e ritorna.
Penso piuttosto agli stoici e al
loro vivere secondo la natura del mondo. Omologarsi, diciamo, adeguarsi a ciò
che accade, a quel logos che mantiene
in equilibrio il cosmo, ordine bello. Accettare la realtà e il suo fluire,
quando non dipende da noi. Per dirla con Seneca: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” (Il destino guida chi lo
accetta, e trascina chi è riluttante). Penso alla saggezza di Epitteto e al
grande animo di Marco Aurelio. Ma pure al Budda con il loto in grembo e il
sorriso di pietra, che accoglie la realtà sul palmo aperto.
Insomma, c’è stato e ancora ci
affligge il Coronavirus. Ci sono state restrizioni, quarantena, lockdown,
confini sbarrati. Ci sono stati anche tanti errori, a partire dalla classe
politica, giù giù fino al singolo privato cittadino “idiota” in senso
etimologico. C’è stato il dolore, c’è stata la paura. E tutto questo è accaduto
e accade, e per quanto ci si incazzi o si soffra, così è. Ineluttabile ormai,
quando -troppo tardi- ci si è accorti di cosa stesse succedendo.
[La lunga preparazione. Credevo fosse Turchia, invece era un calesse]
Quindi
quest’anno viaggiare è parso a lungo un doloroso rimpianto. Figuratevi un po’:
tra settembre 2019 e gennaio 2020, prima che tutto esplodesse, stavo iniziando
a preparare una cicloavventura in Cina, per chiudere il cerchio tra il viaggio
in Russia e Mongolia e quello lungo la Via della seta. Ho acquistato le
cartine, ho iniziato a studiare i primi rudimenti del cinese, ad informarmi su
quella cultura millenaria… Poi, a gennaio, il timore del virus è giunto fino a
noi, e mi sono fatta convinta che, per questa volta, sarebbe stato saggio
cambiare rotta. E così ho immaginato un viaggio in Messico e Centro America: ho
studiato spagnolo (con risultati decisamente più proficui rispetto al cinese) e
ho conosciuto Sergio Borroni, il grande e gentilissimo ed espertissimo
cicloviaggiatore milanese, che ci ha dato consigli preziosi. Intanto la
situazione si aggravava, a febbraio è iniziata la didattica a distanza, a marzo
siamo stati costretti in quarantena e gli orizzonti si sono fatti stretti, da
claustrofobia, e cupi. Sono stati mesi difficili, impossibili a volte. Non
poter uscire in bici, non avere contatti umani, vedere studenti e colleghi solo
dietro un schermo e intanto percepire il disastro intorno ha fatto sì che, per
un po’, smettessi di pensare ai viaggi. Smettessi quasi di respirare. La
ministra dell’istruzione, Azzolina labbrarosse, il punto forse più basso mai
toccato in tale carica, aveva anche prospettato i concorsi per docenti (cui
partecipo) a luglio e agosto. Quindi mi ero rassegnata ad una estate mancata.
Poi, pian
piano, le cose sono migliorate. Prime aperture, primi giri in bici, il sole
sulla pelle e l’aria in faccia. Si può uscire dal comune! Si può uscire dalla
regione! Arrivati a giugno, si è capito che l’Europa avrebbe gradualmente
riaperto i confini interni durante i mesi estivi. E intanto la cAzzolina, tra
le mille idiozie, ha fatto intendere che i concorsi sarebbero stati rimandati
all’autunno.
AMOR FATI.
Subito in me si è riaperta la
vena del nomadismo e ho iniziato a studiare un viaggio in Europa. Verso Nord,
che è l’unica parte del nostro continente che non ho visto ancora. Svizzera,
Austria, Germania, Danimarca e Norvegia, su su fino Nordkapp. Che meraviglia!
A percorso
appena abbozzato, però, giunge una doppia notizia: alcuni paesi europei col
piffero che aprono a noi italiani (lombardi!) zozzoni appestati. Ma dal primo
luglio si può andare in paesi terzi extraeuropei. Capo Nord pare escluso:
Danimarca e Norvegia non ci vogliono. Però dal 13 giugno la Turchia apre pure
all’Italia. Ci sono biglietti aerei in vendita dal 1 luglio. Studio. Scopro che
Erdogan ha messo in moto una macchina pubblicitaria per promuovere il turismo
in Turchia, dove è stato messo a punto un sistema di certificazione per
strutture ricettive Covid-free. Perché la democrazia europea, al novello e
caricaturale Ataturk, fa schifo, ma i soldi nostri gli interessano assai. Seguo
l’attualità turca. Ci sono numerosi meeting con imprenditori italiani, con
società nostrane. Tutto promette bene. Metto nero su bianco un percorso
interessantissimo, che da Istanbul, già raggiunta in bici 6 anni fa, corre
lungo la costa verso sud e poi attraversa il paese nel centro, passando per la
Cappadocia, e giunge sulle coste settentrionali del Mar Nero. Ma perché non
spingersi anche nel Caucaso? Georgia, Armenia e Azerbaijan. Figata! La linea
sulla mappa corre, disegna un viaggio pieno di storia, di azzurro e di marmo
antico. In uno slancio di ottimismo, compro i biglietti: Milano-Istanbul, 2
persone e 2 bici, per il 3 luglio.
Non resta che
attendere la lista ufficiale dei paesi terzi cui aprirà l’Europa dal 1 luglio. Nel
frattempo mi spostano il volo dal 3 al 4, ma poco male. Continuo a studiare. Mi
aggiorno. I rapporti tra Turchia ed Europa hanno degli attriti: prima con la
Francia, per la drammatica questione libica. Poi per Cipro Nord, con Borrell in
visita a Nicosia e il ministro degli esteri turco che definisce le sue proposte
come “lontante dall’essere serie”. Mh… Marca male.
Però tra venerdì 26 e sabato 27
giugno esce la bozza della lista dei paesi terzi cui aprirà l’Europa, e la
Turchia è ricompresa. Leggo anche che questa bozza andrà rivista, ma ormai
tutto pare risolto.
Sabato notte vengo punta dal
tafano del dubbio. Cerco aggiornamenti. Alcune fonti estere dicono che la lista
è stata ristretta a soli 15 paesi, e la Turchia è stata esclusa.
I successivi due giorni passano
nella febbrile ricerca di novità, che latitano. Ancora lunedì sera ero nel limbo:
a quattro giorni dalla partenza, non avevo certezze sulla meta.
Poi, nella notte di lunedì, la
Pegasus Airlines mi invia una mail con lapidaria comunicazione che il mio volo
era riservato ai soli cittadini o residenti turchi.
Questa già era una risposta ai
miei dubbi. Certo, siamo ancora nella situazione assurda per cui ricevo notizie
ufficiali prima dalla compagnia aerea che dal governo, ma almeno si poneva fine
a quel limbo di attesa impaziente.
Scommessa persa, ahimè. Cancello
il volo, cancello la prenotazione dell’hotel a Istanbul.
[Il viaggio]
E quindi?
Niente viaggi? Estate in provincia di Milano, tra afa e zanzare? MAI!
Le volpi hanno sempre un piano B.
Infatti, già durante il weekend,
quando mi erano sorti i primi dubbi, ho riesumato il piano Nordkapp e apportato
le dovute modifiche in base al calendario delle riapertura dei vari paesi.
Infatti quando ho scoperto che l’operazione Asia Minore andava abortita, era
già pronto il Nordkapp plan. Nordkapp plan senza Corona, oserei dire.
Trattasi di accorto slalom tra
aperture e chiusure, piste ciclabili e città che voglio scoprire, condito da
continuo aggiornamento sull’andamento epidemiologico nei vari stati. A monte
sta comunque una scommessa piena di ottimismo, ovvero che la situazione in
Europa resti stabile o persino migliori. Altrimenti cambieremo rotta di volta
in volta, adattandoci alla realtà di frontiere chiuse e confini invalicabili.
AMOR FATI.
Sarà comunque un’avventura
bellissima.
Il percorso, a
grandi linee, si può dividere in 3 parti di lunghezza circa equivalente.
1. Casa (fuori
Milano) - Berlino. Passeremo da Svizzera e Austria, sul passo del San
Bernardino poi a sfiorare il Lago di Costanza. Da lì si imbocca la prima
ciclabile, che collega il lago al Danubio, fino a Ulm. Poco oltre Ulm si
imbocca un’altra ciclabile storia, la Romantische Straße, e dopo questa la
ciclabile della valle dell’Ilm, via Weimar, e quella del Saale. Ancora uno
strappo e si è a Berlino, in circa 1200km. Per questo tratto ho preferito
seguire le ciclabili piuttosto che le città storiche tedesche, che ho, per lo
più, già visto.
2.
Berlino-Tallinn. Una volta a Berlino vireremo netti ad est, verso la Polonia
settentrionale (Stettino, Danzica e la Masuria), stando attenti ad evitare
l’exclave russa di Kaliningrad perché, attualmente, la Russia è off limits e
non c’è modo di ottenere il visto. Poi via, in un tuffo le tre repubbliche
baltiche: Lituania, con la sua antica capitale Kaunas, Lettonia, via Riga, ed
Estonia, fino a Tallinn. Questo percorso, di circa 1500km, segue a grandi linee
un tratto dell’Eurovelo 13, detta della Cortina di ferro.
3. Da Tallinn
ci si carica su un traghetto fino ad Helsinki e da lì è tutta Finlandia, fino
all’ultimo microscopico lembo di Norvegia, alla fine, ormai giunti a Capo Nord.
Qui seguiremo l’Eurovelo 11, con le necessarie deviazioni, per un totale di
1600-1800km.
Qui la mappa: https://goo.gl/maps/XcATm96Y9zBhtKcC8
Per conoscere le aperture e chiusure dei vari paesi ci affidiamo al sito della Farnesina “Viaggiare Sicuri” e all’app Re-open Eu.
La nostra casa sarà la tenda e
partiamo armati di ogni precauzione contro il Covid, in primis l’aria aperta e
le grandi distanze degli orizzonti spalancati.
Perché non
restiamo in Italia? Perché l’Italia è bella davvero e gli italiani sono
stupendi, la viabilità impeccabile, tutti rispettano le regole e le strade sono
sicure, nessuno evade, nessuno fa il furbo e c’è proprio la mentalità aperta
verso il cicloturismo. Amo così tanto l’Italia che, a differenza, di molti miei
coetanei, pur potendo, ho deciso di rimanere qui, di lavorare per lo Stato che
così bene sempre ci tratta, e di dedicarmi proprio all’educazione dei cittadini
di domani. Perché piano piano qualcosa cambia, e per questo bisogna lottare. Però,
comunque, ho bisogno di almeno due mesi all’anno di disintossicazione da tutta questa
meraviglia meravigliosa e quindi il bonus vacanze lo lascio volentieri a chi ne
ha bisogno.
Gigi ed io, l'anno scorso, nel deserto del Mojave, in Arizona, lungo la Route 66 |
[Un cambiamento possibile. E necessario]
Ultima
postilla importantissima.
Se avete letto sopra dell’amor fati, avrete forse pensato che
questo viaggio sia frutto di rassegnazione, di passivo conformarsi allo status quo. Ebbene, no. Viaggiare, in
questo periodo, è un atto di fiducia nel prossimo; è un modo per dimostrare che
si può far vacanza, e che vacanza, anche senza ammassarsi nel carnaio
brulicante delle spiagge e dei locali, che si può vivere a mille consumando
pochissimo, inquinando il meno possibile, facendo meno rumore dello stormire
delle foglie al vento.
Questo virus
non è certo piovuto dal cielo per caso, ma è il frutto di un sistema malato,
basato sul consumo estremo, sulla distruzione degli ecosistemi e sul folle
nostro crederci eterni.
Non è così e dovremmo averlo
imparato, in questi mesi recenti. “Siamo
qualcosa che non resta/
Frasi vuote nella testa/ e il cuore di simboli pieno" (Guccini).
Frasi vuote nella testa/ e il cuore di simboli pieno" (Guccini).
[Ringraziamenti]
Grazie a tutti coloro che vorranno seguirci in questo
viaggio “senza Corona”, di cui pubblicherò aggiornamenti qui e sulla pagina
Facebook.
Grazie infine a chi ci supporta e ci sopporta, grazie ai
miei genitori, alla Farmacia Caiezza di Bareggio e a Cicli Boglia di Corbetta.
Fate i bravi, divertitevi e, come dico sempre ai miei
studenti: state lontani dalla galera!
Buona strada a tutti, dovunque vi porti.
Buon viaggio! :)
RispondiEliminain ritardo e ormai un Po' lonia... Grazie!
EliminaCome sempre, scrivi così bene e pensieri così belli che non si può non leggerti, anzi, vi seguo con passione e tutto il resto. Bacissimi
RispondiEliminache bello! Grazie :)
EliminaSolo leggendo questo racconto, mi sono goduto già il viaggio. Non vedo l'ora di viverlo attraverso foto e altri racconti. Complimenti per il coraggio, e per come scrivi. In bocca al lupo
RispondiEliminagrazie e viva il lupo!
EliminaÈ un viaggio che ho fatto in moto e due volte in camper ( quindi facendo un po' più di rumore rispetto allo stormire delle foglie.....) sono posti che fanno sognare.
RispondiEliminaNon vedo l'ora di leggerti.
Buon viaggio
chissà che bello anche in camper vivendo i luoghi con calma, giorno per giorno :)
Eliminainvidia ed ammirazione...bravissima nel preparare le tue avventure e nel farle vivere agli altri...questo, nel mio piccolo, sarebbe il viaggio che vorrei fare...prima o poi!! ciao ti seguo! GB
RispondiEliminadai che le strade ti aspettano! :)
EliminaBravissimi...leggendo il vs.diario di viaggio mi fate rivivere i miei 2 viaggi a North Cape...in camper pero'..
RispondiEliminawow! Devono essere state bellissime esperienze!
Eliminagrande Rita, viaggiando verso Nordkapp in camper mi sono innamorata dell'estremo Nord e leggerti mi farà rivivere quelle meravigliose estati baciate dal midnatsol
RispondiEliminami sa che mi innamorerò anch'io... Anzi un po' lo sono già!
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