18/7/21
Lecce-Gallipoli
132km
Lecce-Gallipoli
132km
Oggi è il giorno, QUEL giorno. Quello in cui giungiamo al giro di boa, al punto estremo di meridione che fa da faro al nostro andare ormai da due settimane. In 14 giorni di viaggio abbiamo percorso più di 1600km rotolando verso sud, prima invero ad oriente sulle anse del Po, poi sempre con il mare a mancina e il mezzogiorno davanti agli occhi. Ed oggi arriviamo a Santa Maria di Leuca, il promontorio più a sud della Puglia, oltre il quale c'è solo mare e poi le coste di un nuovo continente. La Libia, là di fronte, oltre l'orizzonte.
Purtroppo anche oggi le previsioni meteo sono tutt'altro che promettenti, anzi promettono acqua, e in effetti la parola sarà mantenuta. L'aria è fresca e gronda odore di pietra bagnata e muschio. Ma non sono i brontolii delle nuvole scure a spaventarci, nè l'inquietante alternarsi di una luce chiarissima e un buio innaturale di prima mattina. Anche perchè s'è fatta colazione con i pasticciotti caldi, la super calorica ricetta tipica con pasta dolce e ripieno di crema. Ha la forma dei fregi della cattedrale? Guarisce i tarantolati alla festa di San Paolo? Sicuramente è buona e dà energia.
La prima cosa da fare oggi è ritagliarsi un momento per visitare la meravigliosa Lecce. Dopo l'impressione di caotico fighettame di ieri, oggi ne esploriamo l'anima autentica, nel centro storico. E' un balzo indietro nei secoli. La pietra chiara, tagliata da lame di luce, e le stradine lastricate e vuote, ricreano un'atmosfera antica. Potrebbe essere il 1600. A tratti anche prima, in epoca di crociate. In una strada deserta di dimore storiche transita un uomo di colore, con un caffettano ocra e il berretto bianco. La luce divide il vicolo in due metà esatte. Il tempo salta un battito.
Le antiche origini messapiche e i resti archeologici della dominazione romana la inseriscono tra le città d'arte d'Italia. Lecce si distingue per la ricchezza e l'esuberanza del barocco tipicamente seicentesco delle chiese e dei palazzi del centro, costruiti nella locale pietra leccese, calcare molto adatto alla lavorazione con lo scalpello. Lo sviluppo architettonico e l'arricchimento decorativo delle facciate è stato particolarmente curato durante il Regno di Napoli e ha caratterizzato la città in modo talmente originale da dar luogo alla definizione di barocco leccese. (Wikipedia)
Ci colpisce subito la mole imponente del castello di Carlo V, sì, quello dell'impero su cui non tramontava mai il sole, quello della Riforma luterana e dei Turchi, che a una certa si ritirò in monastero dopo essersi stracciato le balle nel gestire, fin da adolescente, tutto quel potere e tutti quei casini (ah, il Cinquecento!).
Una fortificazione esisteva già ma il buon Carlo la ampliò per scongiurare altre incursioni turche, soprattutto a fronte del devastante sacco di Otranto.
Si passa poi alla Piazza Sant'Oronzo, dove rubano lo sguardo l'anfiteatro romano di età augustea (ospitava fino a 25.000 spettatori ma gran parte è ancora sovrastato dagli edifici più moderni), il palazzo del sedile
e la chiesa di Santa Maria della Grazia, prime chicche barocche in cui ci imbattiamo. Che poi. Tutto questo Barocco. Ma perchè? Perchè qui nel Seicento c'erano gli spagnoli!
Palazzo Carafa,
chiesa del Gesù
e soprattutto la basilica di Santa Croce ci fanno pedalare con il naso all'insù.
Questa chiesa, seminascosta tra i viottoli, compare tutt'a un tratto con la sua facciata in stile barocco leccese, così finemente decorata da ricordare un pizzo ricamato. Risale al 1549 e nei fregi celebra la vittoria nella battaglia di Lepanto della vera fede contro i maomettani.
Tra chiese e palazzi giungiamo al duomo, il cui campanile è purtroppo" impacchettato" per lavori di restauro. Risale al 1144 ma è stata poi rimodellata secondo il gusto -indovinate?- barocco! nel 1659.
Il bello di questa città è che, oltre ai monumenti più noti e vistosi, ogni angolo, ogni androne, persino ogni finestra e balcone sono delle opere d'arte che raccontano storie di un passato che resta, inciso nella pietra, scolpito nel calcare. Lu cura del dettaglio, il gusto per il bello, l'attenzione al singolo fregio per rimandare la morte di un altro minuto, mentre si accarezza con lo sguardo qualcosa di dolce che sa di umano e salva dal trascorrere di tutto al nulla.
Mi pare un angolo di Medioriente e potrebbe sentirsi in lontananza il muezzin che chiama i fedeli alla preghiera.
Invece ci sono solo dei serissimi guardiani delle rovine, che si mettono in posa per farsi fotografare su tanto di piedistallo.
Con gli occhi pieni di tanta luce
usciamo dalla città, diretti nuovamente a sud. La prima meta è Santa Maria di Leuca e decidiamo di raggiungerla stando all'interno, e non sulla costa. Oggi, onde evitare che il navigatore ci riporti su strade impedalabili, navigo a vista. Primo punto di passaggio: Galatina. Non trattasi della caramella celestiale bensì della fu Sancti Petri in Galatina, perchè la leggenda vuole che San Pietro, nel suo viaggio da Antiochia a Roma, sia passato da qui.
Dopo aver attirato i commenti di tutti gli anziani che frequentano il parco, che giocano a carte sulle panchine o passeggiano a tirar l'ora di pranzo, puntiamo verso Ruffano, senza i. Torniamo ad immergerci nella campagna verace salentina, e anche qui sono tantissimi gli ulivi disseccati e spogli, che con le loro schiene ritorte danno immagine di sofferenza e incubo.
Molte sono le terre bruciate, nere di morte, e per di più all'orizzonte un nubifragio imperversa. Gli stiamo andando incontro, l'aria si fa fredda e umida.
Una goccia, un'altra e inizia a piovere sul serio. Troviamo riparo sotto a un portico di pietra, accanto a un cimitero. Qui restiamo circa un'ora, fino a che non smette.
Nota folcloristica: nelle aiuole non fiori ma pomidori ancora verdi.
Ci rimettiamo sulla strada e anche oggi possiamo constatare che qui due gocce d'acqua allagano le strade, già scassate, come i monsoni in India. E' Mumbai? No, è Specchia.
Un vago solicello ci accompagna in questi ultimi kilometri verso sud, fino Santa Maria di Leuca. La bianca, con le sue scogliere di latte a picco sul mare. A destra, guardando a meridione, c'è lo Ionio, a sinistra l'Adriatico.
In loco il santuario e il faro, simboli del promontorio.
Qui è costume che i papi vengano in visita. Dal 343, quando papa Giulio I consacrò la basilica sono passati papa Costantino nel 710 e pure Benedetto XVI nel 2008, giunto nel santuario de finibis terrae in elicottero.
La basilica, si dice, un tempo tempio di Minerva, sorge dove San Pietro attraccò nel suo viaggio per Roma. Nel 365, questo luogo, già meta di pellegrinaggio, divenne famoso per il miracolo della Vergine: il salvataggio dei pescatori durante una burrasca. L'attuale edificio, settecentesco, è fortificato per resistere agli assalti di turchi e saraceni.
Oltre alle croci monumentali si innalza al cielo il faro, Ottocentesco, che segnala il promontorio ai naviganti per oltre 40km sul mare.
Sotto sta la Marina di Leuca, con punta Ristola, che in realtà si protende a sud un po' più di punta Meliso ma fa meno rumore (è un po' come Capo Nord, che non è proprio proprio il punto d'Europa più a nord in assoluto, ma è quello che ha fama d'esserlo).
Dopo aver a lungo respirato l'aria salata di due mari, in una luce di miele, prendiamo una decisione folle. Pedaliamo ancora, e tanto. Arriviamo a Gallipoli! Doppiamo il tacco! E così, sospinti da un vento propizio, affrontiamo ancora tanta strada, tra mare e pinete. Pescoluse, Ugento, baie e calette sfrecciano al margine del campo visivo. Siamo presi da mania, pazzia sacra di oracoli e profeti, e andiamo e andiamo fino alla verdissima baia di Gallipoli la bella.
Purtroppo il lungomare, profumato di fichi e oleandri, è funestato da masse di ragazzini e ragazzine che escono dalle spiagge e si preparano a far serata. La confusione è grande sotto al cielo e si mescolano accenti da tutta Italia, ormoni da tutta Europa. Sembra di essere in un video de Il Pagante, ma con troppa gente ad ingombrare l'inquadratura. Il supermercato vende quasi solo alcolici e poco altro, ma si capisce. Anch'io a quell'età ho fatto la vacanza di gruppo in Croazia, a Grado e a Castelsardo.
Visiteremo Gallipoli domani. Oggi ci ritiriamo in un campeggio di campagna, letteralmente in mezzo agli ulivi.
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