20/7/21
Taranto-Matera
76km
Oggi breve iter (che sarebbe in latino ma pare un brutto italiano): il pomeriggio deve essere dedicato alla storia, alle storie, alla meraviglia aperta. Oggi si fa tappa a Matera, che nè Gigi nè io abbiamo mai visto, e la visita accurata è d'obbligo
Ci mettiamo in sella di buon'ora e con una leggerezza che da giorni si era persa: il maltempo è passato, ora solo cieli azzurrissimi e nuvole gentili.
A Taranto, in pieno centro, dove abbiamo dormito, è in corso una manifestazione di protesta degli operai dell'Ilva. Ci sono i sindacati, si sciopera contro la gestione aziendale, l'uso della cassa integrazione e il braccio di ferro al Tar in merito al decreto Cingolani.
Compagni, forza!
Per uscire dalla città giriamo intorno al centro storico, percorrendo il ponte girevole e affacciandoci da un lato sul Mar Piccolo
e il suo aulentissimo mercato ittico, in cui si vendono soprattutto cozze a mazzi
dall'altro sulle case decrepite e il fascino decadente della città vecchia.
Per fortuna usciamo in fretta da quell'incubo di fumi e veleni e ci troviamo immersi in una campagna di declivi dolcissimi che profuma di terra e fieno.
Ci sono greggi al pascolo e distese di ulivi, qualche vigna e distese di giallo e ocra di erba secca che Van Gogh apprezzerebbe moltissimo. Muretti a secco danno forma alle pendici morbide e pare di essere tornati indietro di un secolo almeno. Il silenzio è assoluto. Solo, a tratti, il fischio di un falco squarcia l'azzurro e la sua ombra di cerchi larghi ad ali spiegate ci compare davanti alle ruote.
Passiamo Castellaneta, piacevole centro noto per il brigantaggio e per essere la città natale di Rodolfo Valentino. Poi si apre il nulla deserto. In realtà c'è molto, altro che nulla. Ma non più case, non più paesi, città, nemmeno cascine. Solo campi, a perdita d'occhio, e ruderi di pagliai e abitazioni, fattorie, trulli. Qui non vive più nessuno. Si lavora nei campi, sì, ma la vita si è spostata altrove. Fino a Matera non incroceremo più vestigio human.
Guardate le foto. Sono state scattate a distanza, di tempo e di spazio, l'una dall'altra. Ma pare di essere sempre nel medesimo punto, in un déjà-vu costante che richiede grande concentrazione perchè il senno non evapori e diventi una nuvoletta bianca tra le altre.Anche perchè si procede piano, tra salite e vento contrario, e il tempo si dilata all'infinito, si stira, si slabbra. Mentre io fremo per giungere alla meta, sono troppo curiosa e ho aspettative altissime.
Una sorta di macina in pietra segnala il confine. La Puglia finisce qui, e inizia la Basilicata. La Lucania feroce e antica di radici nodose e roccia aspra..
Dopo un'ultima salita devastante, che costeggia il Parco regionale della Murgia materana e il villaggio trincerato di Murgia timone (dal nome del timo), dove sono presenti grotte abitate fin dal paleolitico e poi trasformate in chiese rupestri, affrescate dai monaci bizantini, giungiamo finalmente nella città dei Sassi. Ci sistemiamo (dopo aver portato bici e bagagli su per tre piani di scale, e correndo, perchè la proprietaria non vorrebbe le bici in camera -ma figuriamoci se lascio in strada la Signorina Felicita!) e siamo pronti per esplorare questo Patrimonio Unesco che nasconde tesori ad ogni angolo di strada.
Ci affidiamo ad una bravissima guida, il barese Pasquale, che un giro a piedi di tre ore e mezza ci mostra tutti i luoghi degni di nota. Dai palazzi della città alta, dove ha vissuto per secoli la nobiltà, ai due quartieri popolari, i Sassi appunto. La "vergogna d'Italia", dove, fino agli anni '50 hanno vissuto in condizioni disumane intere famiglie. E le chiese, i conventi, le cisterne, le piazze. Ogni pietra qui è un condensato di Storia e di storie, l'uomo ha abitato questi colli e scavato il morbido tufo fin dall'età della pietra antica e ha lasciato traccia di sè. "Per non dormire", come diceva D'Annunzio. Per non morire del tutto, per parafrasare Orazio.
Non starò qui a ripercorrere in parole imprecise tutto ciò che ho appreso di questa città. Troppo complessa è la storia, troppa l'arte stratificata, troppi gli aneddoti. Pasoli e Mel Gibson hanno girato qui i loro film, e il secondo ha portato tanti turisti, e fatto nascere un interesse internazionale nei confronti di una città nella quale fino a mezzo secolo fa si viveva in condizioni terrificanti, come bestie e peggio. Il colore della pietra calcarea, i giochi di luci e ombre tra campanili e finestre, quell'aria decadente e splendida a un tempo non si possono dire. A Matera bisogna andare. Andare e respirarla, sentirla, ascoltarne il profondo lontanissimo mormorio dei secoli che pulsa nei muri e sotto alle strade.
Pascoli, che qui ha insegnato al locale ginnasio, scriveva: "Delle città dove sono stato, Matera è quella che mi sorride di più, quella che vedo meglio ancora, attraverso un velo di poesia e di malinconia".
Mentre Carlo Levi, che tanto ha raccontato di questi luoghi, diceva: "Chiunque veda Matera non può non restarne colpito, tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza".
Non posso che confermare e portare via con me una scaglia di luce chiara che impregna il tufo e lo trasforma in oro.
La serata tra le luci e un concerto nella via sotto casa scorre serena. Domani sarà una giornata impegnativa: affronteremo le Dolomiti lucane, per far nido sui cocuzzoli di Potenza.
Ho camminato su quelle grotte. Il giorno prima dell attacco alle torri gemelle. Ero delegato sindacale e stavo partecipando ad un corso di 7 gg a marina di nova siri...insomma sono grotteschi...con rispetto parlando.
RispondiEliminaSembra un groviera.
RispondiEliminaSecondo me sono stati un po abbandonati perché attaccati alla loro origine...nei dirupi mi ricordo le caverne ....ma Matera vecchia, ti fa camminare sopra abitazioni,tutte incastrate come solo loro hanno potuto fare.
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