mercoledì 15 luglio 2020

10-11. La ciclabile del fiume Saale. Il secolo breve e la storia profonda di radici d'ombra.

Goethe, Schiller, la Volpe e la Signorina Felicita, ovvero la felicità

13/7/20
giorno 10
Weimar-Halle (Saale)
141km

Il sole filtra dalla finestra e stormi di rondini già tracciano alfabeti nuovi con il loro volo nell’azzurro limpido.
Colazione, richiusura borse e siamo pronti per muovere alla scoperta di Weimar, che ieri sera abbiamo trascurato per la troppa stanchezza e l’ora tarda.
Primo stop: piazza della stazione, con pannelli che ritraggono le foto degli internati dei lager. Ah, allora non è proprio proprio tabù l’argomento, qui.
Invero c’è una storia da raccontare. A breve distanza dalla città sorgeva il campo di Buchenwald, uno dei luoghi più terrificanti e umanamente indicibili della Germania nazista. Siccome Weimar si trovava nella Germania dell’est, dal ’45 al ’50, liberati i prigionieri, ne furono subito internati altri, oppositori dello stalinismo. Morti su morti che fanno fertile il bosco attorno. Poi, dal ’54, la DDR decise di farne un museo e memoriale, così, per non far troppo brutta figura. Ah, tra quegli alberi che hanno assistito a tanto orrore, amava passeggiare Goethe, e i nazisti ebbero la buona creanza di non abbattere l’albero sotto cui il poeta cercava ispirazione.

Insomma, il sangue e le ombre del Secolo breve.

Seconda tappa, il Museum Neues Weimar, con una temporanea su Nietzsche e l’arte dello scorcio del secolo XX. E subito dopo il Bauhaus Museum, che sorge a poca distanza dal museo della città.




Da lì giù verso il monumento a Goethe e Schiller, e poi verso il centro, Marktplaz con il municipio e la biblioteca Herzogin Anna Amalia, di cui Goethe fu direttore e la scuola di musica dedicata a Listz. Poi ancora i luoghi di Bach (con tanto di organetti che riproducono le note del sommo musicista) e Andersen, e il castello.












Da ultimo, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, con cui salutiamo questa città così fertile di arte e di menti geniali, così ricca di cultura, patria di illuminismo e democrazia, ma anche porta d’inferno che tante anime ha visto disperdersi in cenere al vento.





Weimar ci anticipa un dettaglio che ci terrà compagnia per il resto della giornata: il pavè. Un pavè antico e sconnesso, a pietroni neri, irregolari, terribili. Passarci sopra in bici è pericoloso perché le ruote rischiano di infilarsi tra una pietra e l’altra, e rincoglionisce, a causa delle vibrazioni e del rumore assurdo. Temo mi si siano svitate le viti che ho nei gomiti.

Questo bel fondo stradale caratterizza TUTTE le cittadine della Turingia, ma pure quelle della Sassonia-Anhalt, regione in cui siamo entrati oggi. E porca miseria non se ne esce, per kilometri, così, perché ai tedeschi questi sampietrini piacciono un sacco, ma proprio tantissimo.




Insomma, con poche pedalate torniamo ad accarezzare le sponde dell’Ilm, sulla nostra bella ciclabile. Che oggi è un po’ più bastardella, e costringe a continui rallentamenti e cambi di rotta e ritmo: sterrato, lastroi di cemento, asfalto, pavè, curva a gomito, strettoia, ponticello, strappo ripidissimo, e via così. Non si riesce mai a prendere velocità e mantenere un passo decente. Tant’è che per percorrere i primi 40km, e completare la Ilmtal radweg, impieghiamo tutta la mattina. E a questo giro ci sono i tavoli e le aree sosta ma mancano i cessi. Cosa fondamentale, visto che non si è mai abbastanza lontani dalle città e abbastanza isolati da farla en plein air; bisogna approfittare dei bagni chimici degli operai, nei numerosi cantieri che sforacchiano le strade nei paesi. E costringono ad ulteriori deviazioni e rallentamenti, ma almeno non portano ad avere la vescica a zampogna.
Che poi, pensavo, qui transitano una marea di anziani, in bici, soli, in coppia e in gruppo. Han tutti gli orifizi stagni?

La risposta è giunta oggi: no. Passando abbiamo visto un trio di sciure molto eleganti, ferme a bordo ciclabile: due di guardia, una a culone pallido al vento che defecava a mezzo metro dalla strada, senza riparo né vergogna o tema. Eccallà come si fa.



uno dei pochi monumenti ai caduti, e comunque non oltre la Grande Guerra

La ciclabile dell’Ilm, dettagli scabrosi a parte, ci ha condotto per amene località rurali, parchi e cittadine tutte sistematicamente dotate di castello, chiesa e casette. E pavè.
Tiefurt e Kromsdorf portano tracce del passaggio della duchessa Anna Amalia e della granduchessa russa Maria Pavlovna. Destedt ha anche un mulino, mentr Eberstedt un frantoio.
Insomma, storia semplice di terra bassa e schiena piegata al lavoro, da un lato, e corse a cavallo e spiensierati pomeriggi nei prati dall’altro. Si passa pure vicini ad Apolda, città della lana e delle campane.

Si prosegue poi verso Bad Sulza, tra terme e vigneti rigogliosi e grassi. Cantine, tini che ribollono e osterie sono la cifra del luogo, tra una zolla e l’altra di tranquillissimi campi e oceani di spighe.





Senza troppa fatica raggiungiamo la foce dell’Ilm, che da due giorni ci tiene compagnia. Qui il fiume mescola le sue acque a quelle del Saale, lungo cui pedaleremo oggi e domani su una nuova ciclabile.




I primi passi sul nuovo percorso sono difficoltosi: dobbiamo orientarci ed immergerci bene in questo nuovo ambiente. I cartelli sono ancora più piccoli del solito e spesso nascosti o assenti del tutto e di frequente sbagliamo strada e dobbiamo tornare sui nostri passi dopo lunghi momenti di esitazione. Però i paesaggi intorno sono stupendi. Colline coperte di ordinati filari, castelli e torri su ogni cima, boschi da filosofi e poeti. Non fosse per il fondo impossibile (anche qui sterrato, pavè, strappi nascosti da curve a gomito e strettoie, buche, tutti gli angeli in colonna con i santi e la madonna…), sarebbe il paradiso del ciclista. Si va per lo più in piano o lieve discesa e il vento è leggero e a tratti a favore.


Passiamo rapidi da Naumburg e vediamo svettare le torri della sua cattedrale, seguiamo il fiume e le morbide anse spesso colorate di porticcioli, in una valle ampia incoronata di rocche. Notevole è Merseburg, una delle città più antiche della Germania centrale.

Sono anche luoghi di sanguinose battaglie napoleoniche, di cui restano monumenti ai caduti e molti racconti nei libri di storia.
















un bibitone energetico che mi ha fatta andare a mille con la testa, il cuore, e le gambe. Probabilmente ciliegia e cocaina.



E poi si arriva ad Halle. città natale di Handel, con i suoi castelli e il suo centro storico, e le sue periferie orrende e degradate da DDR, fatte di palazzoni e lastre di cemento come strade e marciapiedi, tubi entormi graffitati e strade ampie e vuote attraversate solo da tristi binari, in un grigio su grigio che solo i sovietici sapevano fare.



Arrivare al campeggio è impresa ardua: il navigatore vorrebbe farci fare scalinate tortuose e ripide, sentierini infestati dai rovi e tante altre meraviglie che, dopo 140km in sella, mi fanno tirar giù rosari interi. Per fortuna alcuni magnanimi todeschi ci aiutano con le indicazioni. Perché i più sono schifati e spaventati al nostro passaggio, ma qualcuno prova compassione.
Arriviamo al campeggio sul fiume e ci piazziamo nel pratone, dopo aver quasi fatto irruzione nella casa di una signora che abita lì accanto e non ha muro di cinta. La reception è chiusa, pagheremo domattina. Di spesa ne abbiam fatta in abbondanza per la cena (non abbiamo pranzato e la colazione non è stata abbondante: abbiamo famissima). Doccia, fuoco vivo per la pasta al sugo e la serata cancella le fatiche del giorno. Chiacchieriamo un po’ anche con un ragazzetto che viaggia solo in bici, biondo e sano e con un accento inglese impeccabile. Viene da Bonn e va a Dresda, con un tour in autonomia della Germania est; questo per far capire quanto ancora "straniera", lontana ed esotica debba risultare. Dice anche che non sembriamo italiani, non so se sia un complimento o meno, e resta impressionate dalle nostre e dalle mie imprese di cicloviaggi.


Domattina, prima di rimetterci sulla Saaleradweg, tocca tornare indietro, in centro ad Halle, perché il cambio di Gigi ha bisogno di una sistemata: serve la mano di un meccanico che lo registri a dovere. Poi pedaleremo lungo il fiume altri 80km circa, e da lì sono poco più di 100 a Berlino. In due giorni saremo nella capitale, dove faremo un giorno di sosta.


14/7/20
giorno 11
Halle-Zerbst Anhalt
120km

Tappissima di trasferimento oggi, e al risparmio.
In primis, campeggio gratis: nessuno in reception e nemmeno una reception. Credevo di non averla vista ieri sera, a causa della stanchezza e del crepuscolo... E invece no, nada, niet.
Bene, viva la cosa pubblica e la terra comune.
Poi, gratis anche il ciclista. Siamo tornati in centro ad Halle, e ci siamo buttati nel primo aperto. Perchè qui i negozi di bici aprono per lo più solo al pomeriggio, sa Gesoo perchè.
Intanto ne ho approfittato per testimoniare l'impianto a cemento, stradoni e fili che fanno il cielo a pezzi tutto filosovietico.


Anche le statue sono komuniste.



Però certi palazzi son rimasti eccome, e tutt'altro che popolari. Perchè come sia andata si sa, ormai.


In ogni caso,dicevo, il meccanico ciclista è stato gentilissimo. Un omino magrissimo, quasi inesistente, che parlava solo con un filo di voce ed è riuscito a chiederci scusa persino per il cattivo stato del fondo stradale in certi punti delle ciclabili. La prima impressione è stata che fosse un ex tossico. Ci ha detto che non parlava bene inglese e che non capiva il problema. Poi un po' a gesti un po' in kunstsprache ci siamo intesi e si è messo ad armeggiare sul cambio fino a sistemarlo e a spiegarci anche dove fosse il problema (un filo incastrato e ritorto dalle borse). Non ha voluto niente e, dopo aver servito gli altri clienti già in coda, è uscito a chiederci da dove venissimo e dove andassimo, probabilmente dopo aver parlato da solo per dieci minuti in stile Gollum: "Ora chiedo loro che viaggio stiano facendo" - "No, no, li disturbi, sono impegnati" - "Però voglio saperlo! E poi ho sistemato loro la bici, sono ormai parte dell'avventura" - "No! Lasciali stare, non vedi che hanno fretta di ripartire?" e così via.


Sistemata la bici, con grande sollievo di Gigi, torniamo sui nostri passi lungo il fiume Saale, passando per il parco cittadino affollatissimo. Qui le scuole sono ancora aperte e si fa lezione all'aperto, nei prati, a prescindere dall'età. Ci sono classi della materna, con bimbetti di tre anni che si rincorrono nell'erba intorno a carretti colorati, piccoli delle elementari che fanno attività sportiva, ragazzi delle medie che giocano e giovani adulti che seguono le lezioni sorseggiando birra all'ombra degli alberi, o fanno lezione di canoa. Una figata insomma!



Passiamo ponti su ponti e per tutta la giornata attraverseremo il fiume decine di volte.




Tra gli edifici storici ripane quel senso di degrado post sovietico, e gli omini dei semafori ne sono la riprova.


Poco fuori Halle scopriamo l'inghippone dei traghetti, che tornerà più volte durante la pedalata. In breve, qua e là non ci sono ponti ma chiatte che, trainate da catene, portano sull'altra sponda auto, pedoni e ciclisti. Il Caronte di turno, naturalmente, esige un obolo, che va dai 50 centesimi ai due euro, perchè anche le bici pagano. E' tutto molto bello e folcloristico, non fosse che questo dettaglio, che per passare si deve pagare e non ci sono alternative, non è segnalato da nessuna parte. E non mi par giusto. Se fossi una vagabonda squattrinata, e volessi percorrere questa ciclabile, dovrei essere informata del fatto che è necessario pagare il dazio.





Al di là di questi dettagli pratici, la strada corre sinuosa tra collinette e paesini, paesaggi agresti e un silenzio tale che il rumore delle bici sembra frastuono, al punto che spesso credo di avere una macchina alle calcagna e invece sono io. Come i cani che si spaventano dei proprio peti, ormai son conciata così.




Qui hanno avuto la buona grazia di asfaltare una fettina di strada e lasciare il bellissimo pavè storico su un lato della carreggiata. In altri punti i sampietrini malefici sono inevitabili e tocca sobbalzarci sopra.




Come ieri, ogni città ha il suo castello e le sue case storiche, e certi paesi sembrano usciti da un quadro di macchiaioli molto ispirati. Qui, a rendere tutto un po' più colorato, è il porticciolo che ogni borgo ha. Certo, non si vede in giro che qualche anima persa, e sembra di esser rimasti sulla sponda di qua dall'Acheronte. Un'automobile ogni quarto d'ora e un ciclista ogni mezz'ora, poi falconi, rondini, uccellini dalla testa gialla e rondini, cigni, papere e persino caprioli, che capriolano a capricollo tra i cespugli e le radure lungo il fiume.






La strada è piana e ben pavimentata, il vento a favore, e si procede svelti. Approfittiamo solo un paio di volte, nell'intera mattinata, di uno dei numerosissimi punti ristoro, unico servizio offerto da questo tratto di Saaleradweg. Di cessi e fontanelle nemmeno a parlarne, ma ormai abbiamo capito come si fa.



Ogni tanto compaiono, nelle periferie dei paesi, questi bei casermoni che profumano di realismo socialista, cemento e sol dell'avvenire. Muoviamo ad est, e si vede, nelle nuvole in cielo, così basse e in gregge, e nell'architettura da senso del brutto.





Però i campi intorno riportano alla pace della terra bassa, che ha assorbito il sangue dei morti di una fede politica e dell'altra.
A proposito di profumi, non ne ho ancora parlato. Ma dovete immaginarvi una brezza inebriante densa di pollini e fiori ed erbe selvatiche, fieno che asciuga al sole e frutta che si fa dolce di linfa estiva.


Nei boschi, invece, umido gonfio di muschio e aroma di resina, incenso, legno che respira e srotola radici in profondità.


Di ciclabile del Saale percorriamo ancora oltre 90km, e passiamo Wettin, Brucke, un'altra Rothenburg e Georgsburg






Poi Plotzkau con il suo castello da cartolina in bella vista oltre un oceano di grano maturo







e il ponte ciclabile di Grona


e la bella Bernburg, baciata da un sole caldo e generoso, che scuote via dalle pietre antiche i lunghi inverni.





siamo sempre più serii


Lungo la ciclabile compaiono quei tuboni del gas che tanto mi ricordano la Russia e la sua sorellina bianca. Giustamente, ancora segni che stiamo muovendo ad est.


E non meno sovietici sono i lastroni di cemento usati per pavimentare le strade, perchè l'asfalto è da borghesi reazionari. Una gioia per le ruote e i raggi e per la schiena e il culo! E giù dai lastroni, sabbia. Ma siamo per caso nella periferia di Minsk? Adoro.


Ogni tanto altro traghetto, altro giro altra corsa, altro dimonio senza occhi di bragia ma con panza da birra e via così




fino a Barby, non girl, dove la ciclabile finisce perchè il Saale, nostri amico e compagni di viaggio, si getta nell'Elba e porta con sè anche le acqua dell'Ilm, che abbiamo visto essere suo affluente, in questo gioco di matrioske di onde e correnti che mi gasa tantissimo. E' una catena di scatole cinesi, fiume dentro fiume dentro fiume.



Abbiamo già nelle gambe 100km e vorremmo avvicinarci a Berlino il più possibile, ma abbiamo solo due alternative: o pedalare altri 20km, o altri 50, perchè in mezzo non c'è nulla.
Optiamo per la prima idea, tanto più che, dovendo uscire dalla ciclabile, non sappiamo come sia la strada e quanto affidabile il navigatore. Ci saranno boschi? Pavè? Scalinate?
Esattamente!

Il primo ostacolo è infatti il ponte sull'Elba. Google ne segnala uno ciclabile proprio sopra di noi, ma pare un ponte ferroviario e non si capisce come sia possibile anche solo arrivarci, per non dire attraversarlo.
Gigi intuisce una via, grazie a un microscopico cartellino dietro a dei cespugli. Qui il passaggio frequente ha scavato una strada che, sterrata e ripida, si inerpica tra i rovi fino ai binari del ponte. Accanto corre un corridoietto di assi ESTREMAMENTE traballanti, che si spostano e cedono al nostro passaggio. Io, che sono in scia, vedo cosa succede sotto alla bici di Gigi, e mi prende il terrore. Lui, ignaro, va tranquillo. Riusciamo comunque a passare sani e salvi, e così ci rituffiamo negli ultimi campi che ci separano dalla meta: Zerbst-Anhalt.



l'Elba




Oltre a un capriolo, che passa a un millimetro da Gigi e quasi provoca un frontale, senza che però Gigi se ne accorga (oh! Hai visto? Un capriolo! Ti è passato a un soffio! -No, non mi sono accorto), ci imbattiamo in tante cicogne che han fatto il nido da queste parti, e appaiono scure scure tra i nuvoloni che si stanno addensando, minacciosi, sopra di noi.


Qui vantano anche la presenza del castoro dell'Elba. Ne vedo alcune foto su pannelli esplicativi e mi pare proprio identico alle nostre nutrie, ma con la coda larga e piatta. Adesso non è che ci si può vantare anche delle nutrie, suvvia.
In un paesaggio desolato e reso inquietante dalla luce temporalesca, cacciamo le ultime madonne da pavè e sabbia




e arriviamo alla periferia della città dove vogliamo far sosta stanotte.
Fabbriche abbandonate, un accenno di degrado post sovietico, silenzio assurdo e vuoto di gente


ma numerosi cavalli ed edifici storici interessanti.
Questa città, insediamento neolitico prima, centro amministrativo slavo poi, nel '200 diventa mercato, batte moneta e ospita un convento francescano. Si costruisce la cinta muraria, un convento agostiniano e i conti Anhalt-Kothen acquisiscono la città.

Poi arriva la Riforma, nella persona stessa di Lutero, in visita qui nel 1522.
La città si converte e diventa centro di studi e diffusione del calvinismo.
Passano la distruzione e il sangue della Guerra dei Trent'anni, delle guerre napoleoniche e della guerra di liberazione.

Nel 1935 viene costruita qui una base della Luftwaffe. E ancora la città accoglie l'orrore di un campo di lavoro dove vengono internati "quasi ebrei", ovvero figli di matrimoni misti e cittadini tedeschi con lontane parentele giudaiche. Non abbastanza da essere uccisi sul colpo, ma nemmeno per esser considerati esseri umani, e usati come bestie in lavori di taglio di torba e costruzione di strade e infrastrutture per l'aeroporto (usato dall'armata rossa fino al 1992).
I bombardamenti alleati, intanto, distruggono la città e il fuoco dell'artiglieria americana rade al suolo la stragrande maggioranza degli edifici, che saranno restaurati solo a partire dal '91.

Oggi restano il palazzo seicentesco che fu dimora dei conti e persino della zarina Caterina II, dal 1742 al 1744, ancora esploso e arso, sinistra rovina di un buco nero sangue nella storia locale,


le case barocche restaurate





e le chiese sventrate e rimaste senza parti del tetto, a memoria di ciò che è stato.



Per non dimenticare mai, anche un monumento per i prigionieri del campo polacchi.e le vittime del nazifascismo




Per fortuna la storia è un fiume che non posa mai, e porta acqua nuova e lava via ciò che è stato. Lo si legge nei muri, persino, e nei volti della gente.


Così, con il cuore pieno di simboli e un peso infinito di memoria da portare sulle spalle, domani raggiungeremo Berlino, che ancora dista circa 120km. Non arriva mai, pare, e sembra allontanarsi sempre un poco. Come nel '45. Ma poi la si raggiunge, eccome se la si raggiunge, Ci saranno pioggia e fango e pavè bagnato e scivoloso, domani. Ma entreremo nella capitale. E si chiuderà così il primo terzo di questo viaggio verso nord.
Poi la meta successiva sarà Tallinn, via Polonia e tutte e tre le Repubbliche baltiche. Non vedo l'ora!


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