lunedì 13 luglio 2020

8-9. La Selva di Turingia e la ciclabile della valle dell'Ilm, via Weimar. Pedalando in scia a Goethe.



11/7/20
giorno 8
Wurzburg-Hildburghausen
131km

Avete presente quei boschi atri e pericolosi di cui son piene le fiabe tedesche?
Quegli intrichi di rami e radici dove il sole filtra a malapena e vivono lupi antropofagi e streghe che cucinano i bambini in grossi pentoloni che ribollono di schiuma verde, occhi di rospo e ali di pipistrello?
Ecco, noi li conosciamo benissimo, dopo le mirabolanti (dis)avventure di oggi.

Tutto è cominciato dalla ridente Wurzburg, con una capatina alla Residenza (in pieno controsole, sorry).
Trattasi di palazzone one barocco, della prima metà del Settecento, commissionato dal principe vescovo all'architetto Neumann. All'interno custodisce opere del Tiepolo e ammicca, come sin intuisce, a Versailles, anche nei giardini.
Gran parte dell'edificio è stata danneggiata dai bombardamenti della Seconda guerra, e quel che si vede è il frutto di una grande opera di restauro.



Dopo il kulturraid, ci incamminiamo, ci impedialiamo verso nord est.
Lo scopo è avvicinarci il più possibile ad Allzunah, cittadina sugli alti colli di Turingia dove si imbocca la ciclabile dell'Ilm. Si preannuncia una tappa in salita (maps parla di 1500m di dislivello) e lunga, lunga quanto più si riesce. Non ci sono strade precise da seguire, basta portarsi verso la meta, unire il punto A al punto B.
Imposto il navigatore e si parte.

Lasciata Wurzburg e la sua periferia, che, dopo i centri commerciali, lascia spazio a moschee e keabbari, in quartieri di immigrati che non sono un ghetto, sono proprio un'exclave turca, ci troviamo nell'amena campagna bavarese.



Ogni millimetro di terra è coltivato.Mari di spighe, oceani di granturco, distese di carote, finocchi, piselli e spinaci. Tutto perfettamente disposto, piante equidistanti, nemmeno una lumachina a mangiucchiare le foglie. Le avranno convinte a parole o con le armi chimiche?
Le salite sono dolci e il vento non urla ancora, ma è bisbiglio solo poco fastidioso.



Ogni tanto si incrocia un paesino, con case moderne ai bordi, bianche e lucide di pannelli solari sulle tegole; in centro chiese ed edifici più antichi, ma talmente ben conservati e puliti da essere difficili da datare. Potrebbero avere 10, 100 o mille anni.



Sulla fitta rete di ciclabili che connette campi e paesini si muovono famiglie e anziani, pensionati che vanno a curare l'orto e sciure con il pane nel cestino. C'è gente in canottiera e altri con il giaccone; in effetti al sole fa caldissimo, ma all'ombra, quando passa una nuvola, si barbella dal freddo. Continuiamo a vestici e spogliarci e comunque sudiamo o abbiamo la pelle d'oca. I trattori e le macchine agricole sono l'unico rumore che si sente in lontananza, mentre il canto degli uccelli, che cantano in tedesco ovviamente, è la colonna sonora del nostro rotondo andare.
Passiamo di paese in paese e di collina in collina, compare anche l'oscura sagoma di una centrale nucleare, e sì, in effetti bisogna ricordare la Germania non è tutta e solo eolico e solare.



Le cittadine sono i classici buchi di provincia, "piccola città bastardo posto". Una birreria affollata di bifolchi che sanno di wurstel, senape e alcool, un campo sportivo, la chiesa e le fattorie intorno. I più avveduti paiono i cavalli, numerosi, in recinti e giardini, che mangiano le mele direttamente dai rami e si rincorrono giocosi.


Poi, tutt'un tratto, l'idillio di strade mediamente in piano, ben asfaltate e non troppo espose al vento, si interrompe.
La ciclabile si getta a capofitto in un bosco, che subito si inerpica in colline ripide e dal fondo sabbioso, con ghiaia infida, buche e radici difficili da vedere nel chiaroscuro.
Facciamo diversi tratti a piedi, spingendo le bici ciccione su per queste irte erte che paiono non finire mai.
Il navigatore ci conduce nel cuore del bosco, in un continuo zigzagare tra i molti sentieri che si dipanano a perdersi tra i tronchi e il fogliame.
Dopo poche curve abbiamo perso il senso dell'orientamento e di cartelli non se ne vede nemmeno uno.
Ci affidiamo al Gps.
Sali, scendi, porta a mano la bici, risali a fatica, riscendi con il freno tirato per evitare di deragliare... Il tutto tra nuguli di zanzare ed ortiche.
Più andiamo avanti più ci perdiamo. Il navigatore continua a ricalcolare il percorso, sembra che ad ogni incrocio io sbagli strada e il Gps fatica a riconoscere la posizione. Internet non va. Di gente in giro non ce n'è.
Più volte siamo costretti a tornare sui nostri passi e giriamo a lungo in tondo, con quella sensazione da follia di essere in un labirinto dal quale non si riesce a uscire.
Perchè il Gps non va? I telefoni sembrano impazziti, la freccina sulla mappa comparea tratti, ora qui ora là, e non si muove, poi si sposta di kilometri senza che noi ci si allontani di un passo.
Dopo un tempo infinito mi convinco di essere finita nella selva incantata di Saron, quella cantata dal Tasso.
Non se ne esce. Io, iper razionale, mi accartoccio nel tentativo di capire perchè non funzionino gli strumenti di bordo, e continuo a incartarmi, a incagliarmi, a perdermi nello spazio e nel tempo.



Gigi invece entra in modalità "sopravvivenza", o modalità bestia braccata, e decide che, a prescindere da tutto, di lì bisogna uscire e subire, a costo di tornare indietro del tutto. Così imbocca i sentieri che paiono più battuti e larghi e tira dritto a testa bassa, senza sapere verso dove. Io lo seguo, perchè non ho più forza, soprattutto di volontà di capire cosa cavolo stia succedendo. Sfreccia intanto davanti a noi una coppa di anziani con un gatto nel cestino posteriore. Non facciamo in tempo a fermarli nè a seguirli, che già son spariti nel verde senza lasciare traccia. Un'apparizione mistica. Caccio l'ennesima bestemmia.
Arriviamo così a una radura, una conca con salite ai quattro lati, tutte di sassi e sabbia. Una porcheria. Prima di scegliere (a caso) la direzione, ci fermiamo un secondo al sole a rifiatare. Io sono così cotta che mi sdraio a terra un momento a guardare le nuvole che si rincorrono nell'azzurro altissimo.
Pochi istanti dopo, ecco che sopraggiungono, da due direzioni diverse, due coppie di ciclisti, rubizzi e tondi, con mtb elettrica.
Subito chiedono se vada tutto bene, se ci siano problemi o se qualcuno stia male. Mi hanno vista a terra e pensavano fossi svenuta.
Allora non sono tutti stronzi questi bavaresi!
Spieghiamo la situazione e i due mariti si consultano a lungo: pare che nemmeno loro sappiano esattamente quale sia la strada da imboccare per uscire da quel bosco atro. Mi mostrano mappe e cartine sui loro telefono, con i ditoni grossi e tozzi come salsicce. Poi uno dei due dice all'altra coppia di andare pure, che ci accompagna lui; sua moglie non sembra proprio entusiasta, ma pazienza.


Così veniamo scortati a velocità impossibile per noi che abbiamo le "muscolari" e il caricone, su saliscendi per me estremi.
Ma bisogna cogliere l'attimo, e la gentilezza del baffuto bavarese rotondo potrebbe essere l'estrema salvezza di oggi. Infatti non li ringrazieremo mai abbastanza per averci portati fino alla "good road", cioè la strada asfaltata. Un po' fuori dalla nostra strada, ma finalmente pedalabile.
Il gentile todesco mi illumina anche sul perchè il navigatore è impazzito. Proprio lì, in quel bosco, su quella collina, c'è una base militare americana. Fa il gesto di sparare e dice "usa soldiers". Poi spiega che internet, rete e gps sono disturbati e di fatto schermati completamente.
Ah ecco.
Credevo di essere diventata stupida tutt'un tratto! E invece erano gli americani. E vabe'.
Ringraziamo molto e di cuore i nostri salvatori, che ci salutano dopo averci portati proprio all'imbocco della strada asfaltata. Poi facciamo i conti: abbiamo pedalato a vuoto per un paio d'ore e, per tornare sulla nostra rotta, dobbiamo aggiungere più di 10km. Un affare! Ora siamo in ritardo e la tappa già lunga e in salita si è sputtanata del tutto.
Cerchiamo di recuperare, pedalando all'impazzata su e giù per le colline che si susseguono senza sosta.
I paesi sono uno sfondo sfocato che trascorre ai bordi del campo visivo, dove si mescolano il verde e il giallo dei fiori. Siamo automi con due pistoni al posto delle gambe, non ci fermiamo nemmeno a mangiare ma sbocconcelliamo barrette andando.


Davanti a noi i campi lasciano posto a colline verde scuro, coperte di boschi fitti.
Abbiamo imparato una lezione: mai fidarsi degli americani e dei tedeschi.
Ah no.
Mai fidarsi delle indicazioni in bici di Google maps.
Mettiamo subito in pratica, scegliendo l'opzione auto. Quando si può stiamo sulle pistine parallele alla strada, ma solo quando la seguono pedissequamente. Anche perchè qui il traffico è pressochè nullo, passa un'auto ogni quarto d'ora.


Le colline si fanno più alte e più lunghe le rampe per scalarne i fianchi. Noi andiamo avanti come invasati. Ci fermiamo solo ogni tanto a riposare la schiena e le giunture,nei pressi di piazzette storiche o di questi pali con tutte le insegne belline. E i crocifissi scuri.



Sostiamo solo un attimo a Bad Konigshofen, per mangiare qualcosa (Gigi due salamini, io un gelato) nei pressi di una casa famiglia dove scorrazzano bambini di ogni colore. Lì decidiamo il da farsi.
Ci spingeremo fino a Hildburghausen, che ha diverse strutture ed è praticamente dove ci eravamo prefissati di arrivare oggi.


Comincia l'ultima corsa. Vogliamo arrivare prima delle 20, orario di chiusura di tutto. Abbiamo ancora 27km di salita piuttosto costante davanti a noi, e il vento non ci ha mai lasciati soli. Gigi si mette in testa alla carovana e traina il convoglio. Tiriamo come i pazzi tra le colline boscose, nel sole ormai basso che fa lunghe le ombre.
Sfiancati, ma soddisfatti, raggiungiamo il paese per tempo e facciamo una bella spesa per cena e colazione.
Ma non è mica finita.
Prima di trovare alloggio, siamo costretti a bussare alla porta di tutte le strutture del paese: una non ha camere libere, l'altra è chiusa, nell'altra la proprietaria è matta e ci aggredisce dicendoci di andare via.
Per fortuna nell'ultima una coppia di mezza età ci accoglie e così finisce in gloria la ricerca dell'alloggio stile fuga in Egitto. Sono pure simpatici e fanno battute sulla mia abbronzatura a strissssie zebrose.
E dire che questi son luoghi di villeggiatura quasi deserti in estate, perchè attirano molti più turisti in inverno, grazie alle piste da sci che, nonostante si sia solo a poche centinaia di metri sul livello del mare, in inverno offrono neve perfetta.
D'estate le pietre sonnecchiano nel sole e così i pochi residenti. Nota di colore: qui con le strutture son così avanti e moderni che, sui siti dei campeggi, "vantano" la grande novità: la wifi. Oh! Roba proprio da Ubermensch.


Tutto è bene quel che finisce bene, si dice. Ma vorrei fare alcune considerazioni sulle persone fin qui incontrate e su quanto ho intuito dai loro comportamenti. Ci diamo un attimo all'antropologia. Di base sembra che i tedeschi di provincia siano piuttosto chiusi e razzistelli, e si sentano la Meisterrasse, come ha scritto un fine conoscitore della cultura todesca, il quale sostiene che i cattolici del sud siano anche peggio dei protestanti del nord. Ed è certamente possibile.
D'altra parte tanta storia, del pensiero, dell'arte e della politica, senza questo atteggiamento, non si spiegherebbe.
Però c'è pure da dire che quando si è in difficoltà qualcuno che aiuti si trova sempre, e a volte non serve nemmeno chiedere. Basta fingersi morti.
Un amico e collega, dopo aver letto le scorse puntate di questo viaggio, mi ha scritto anche due noticine di colore. La prima, ciò che disse il buon Lutero dei contadini e di Muntzer, "teologo della rivoluzione": "Devono essere fatti a pezzi, strangolati, infilzati, in segreto o pubblicamente, chi lo può, come si deve ammazzare a bastonate un cane randagio". E ancora, da storico e filosofo, ricorda che proprio in Baviera Hitler riscosse i primi importanti successi. Insomma, è così. C'è sempre del marcio sotto, e non solo in Danimarca. Si spera che il tempo abbia portato e porti consiglio. A tutti.

12/7/20
giorno 9
Hildburghausen-Weimar
121km

Prima notizia! Abbiamo passato i 1000km, abbondantemente, con una media di 115km al giorno.
Seconda notizia! Ho risolto i callialculo. Che non sono calli e non riguardano la pelle, ma partono sì dal soprasella. Negli ultimi giorni mi si era infiammato il nervo ischiatico, ma alla grande, a causa dello schiacciamento contro la sella. Cosa strana: postura e seduta son sempre andati benissimo. Ma adesso soffrivo di dolori importanti dopo poco tempo a pedalare, che partivano dalle ossa ileo-ischiatiche giù per le zampe con gran pena. E' bastato cambiare il braghetto, usare quello dei Boglia, e magia! Tutto risolto.
Terza notizia! Scrivo da Weimar e sono ENTUSIASTA della ciclabile della valle dell'Ilm, che abbiamo percorso oggi quasi per intero.
Ora vi racconto.

La giornata è partita con una colazione sontuosa, a base di salumi e formaggi locali veramente ottimi; non fosse che sono indigeribili, e tengono compagnia tutto il giorno, se ne mangerebbero a kili. E poi marmellate e panini caldi con i semi e tè nero, insomma, il bengodi.
Così carichi siamo tornati in sella, consapevoli di dover pedalare per circa 30km quasi sempre in salita, sulle colline della Selva di Turingia; non abbiamo mai superato gli 800 metri di altezza, ma è stato un continuo saliscendi assai impegnativo. E con assai impegnativo intendo mortifero, da sudare anche la cresima nonostante facesse un freddo becco.
Il tutto nei boschi neri neri, sotto a un cielo nero nero che minacciava pioggia (ma poi no, per fortuna), in un continuo spogliarsi e vestirsi perchè a scalare si crepa di caldo, a scendere ci sono 12 gradi e l'aria frizzantissima.




Queste lunghe salite erano interrotte qua e là da paesini simili ai nostri di montagna; ma con un gusto del brutto un po' più spinto


La luce mutava di continuo e anche la foresta si apriva a tratti per lasciare lo sguardo libero di correre sull'orizzonte mosso da morbidi rilievi umidi di bosco.




I paesini, silenziosi e deserti, offrono comunque acqua e panchine ai viandanti. Che non ci sono. Ma, se ce ne fossero...



Sugli ultimi strappi in salita è uscito anche il sole, laudato si'. Il volto dei luoghi ha sciolto il broncio ed è apparso quasi ridente, meno inquietante e meno algido, anche letteralemente.




Abbiamo incontrato solo alcuni ciclisti, tutti con mtb elettriche tranne uno stradista che vantava una bici vecchia alla Merckx; e alcune famigliole vestite da trekking che però camminavano solo dall'auto al ristorante.
Ultime propaggini della selva, ultimi pini alteri che nascondo casette da fiaba





ed eccoci finalmente ad Allzunah, micropaesino che ci interessa solo perchè qui parte la ciclabile della valle dell'Ilm, che noi percorreremo per intero, passando da Weimar, per poi immetterci nella ciclabile del Saale, fino alle porte di Berlino.
Fin da subito la Ilmtal radweg si present diversa, in meglio, rispetto alle altre piste viste finora.
Ci sono cartelli esplicativi, cartine, percorsi ed altimetrie precise, passo a passo.
Sarà così, scopriremo man mano, in ogni paesino dei moltissimi che questa ciclabile inanella.






Tutta la prima metà della pista è in discesa, a volte anche ripida e su terreno un poco sconnesso, che fa fare dei gran voli alla Felicita e al suo ingombrante carico. Si incontrano pinete e casette, boschi e paesucoli.




Fa così freddo, sudati come siamo per le salite ed ora esposti all'aria gelida in discesa, che siamo costretti a bardarci in maniera esagerata, con tre strati di vestiti antivento addosso. Ma quest'anno non possiamo permetterci nemmeno un raffreddorino, altrimenti ci schiaffano in quarantena e tanti saluti.


L'asfalto, a volte, cede il passo ai sentieri; ma qui sono tutti perfettamente segnalati e pedalabili. Certo, alcune salite sono ripide al punto da farci scendere a piedi a spingere.




e noi ne approfittiamo per un selfie, e ciaone.


Nel primo tratto i paesi sono minuscoli, ma tutti con la loro storia e i loro bravi servizi, bagni, fontanelle, aree sosta... Si corre sul Rennstieg,l'alta via che attraversa la riserva della biosfera della selva di Turingia.




Poi le colline si fanno più basse e il bosco si fa rado, ricompaiono i campi e i prati. La ciclabile corre a serpentina e in piano, ora sì lungo il fiume Ilm che nasce da numerosi ruscelli che nascono dalle colline appena superate.





Per la pausa pranzo ci fermiamo in uno dei numerosissimi tavoli coperti, con tanto di panche e cestino e, a volte, set per il barbecue.




L'Ilm gorgoglia accanto a noi e canticchia la sua canzone antica di verde e di terra.


I paesi, via via, si fanno più frequenti e più attrezzati, non ci si perde grazie ai cartelli ben visibili e si pedala meravigliosamente, in completo relax. Si incontrano spesso ciclisti della domenica che vanno a fare un pic nic fuori porta.
Sono luoghi amati da Goethe, che da queste parti amava trascorrere il tempo in lunghe passeggiate in mezzo alla natura, da buon romantico.





Si susseguono campi, prati e fattorie, spesso didattiche, con pannelli esplicativi relativi agli animali allevati lì.


Ci sono anche gli struzzi, che fan la fine del salamino e della salsiccetta come tutti gli altri.





Passata Ilmenau, si passano cittadine caratterizzate da torri di castelli e alti campanili scuri, mulini per la produzione della senape e vecchi cascinali. Poi villaggi, ancora paesaggi agricoli e le terme di Bad Berka. Ormai manca poco alla nostra meta di oggi, Weimar, spesso definita una delle capitali della cultura tedesca.




Passiamo pareti di nuda roccia scavata a mano nei secoli



e gli ultimi villaggi



poi, ormai quasi in vista dell'arrivo, ecco strappi al 13% da fare inevitabilmente a piedi, e sentieri un po' troppo sconnessi per pedalarci agilmente.Ma sono le ultime fatiche di una giornata che, a parte le salite iniziali e il freddo, è stata tranquilla e non troppo impegnativa.



Finalmente arriviamo a Weimar. Prima di attraversare la città, che comunque visiteremo domattina a mente fresca, cerchiamo alloggio con Google. L'unico campeggio è per noi inagibile causa Covid. Di alberghi ce ne sono diversi ad un prezzo accettabile e prenoto il più economico della lista.
Ultimi 6km, ci siamo quasi.


Attraversiamo tutto il parco cittadino, sempre sulle sponde dell'Ilm, finalmente popolato e pieno di gente e voci e bambini che giocano. Passiamo anche accanto alla casa giardino di Goethe, dove un moderno poeta o filosofo legge, con accanto la fida bici al posto del cavallo.


Bestemmiamo forte sul pavè sconnesso del centro e raggiungiamo l'hotel. Mi aspetto poco più che un ostello, invece è una dimora storica, un posto da sciuri, roba di lusso proprio. Tutto dedicato agli artisti della Bauhaus, per altro.


All'ingresso la Kaiserin Augusta, che dà nome all'albergo, ci osserva con sorriso compiaciuto.


Domani ci attende l'ultimo tratto della ciclabile dell'Ilm, che si connette con quella del Saale (che sale, e ci mena a nord, altrimenti sarebbe la cilabile del Sceende). Questa ci porterà fin quasi alla capitale. Ma, prima, Weimar. Oltre a Goethe e Schiller e alla Bauhaus, di qui son passati Bach e Nietzsche, ed è iniziata la fine con la Repubblica nata nel 18 e caduta poi quando Hitler prese il potere.
Insomma, di cose da vedere ce ne sono, e tante, perchè, per citare il poeta locale:

"Nel silenzio si tempera un ingegno,
 ma l'indole nel vortice del mondo"


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