La Baschiria, o Bashkortostan, si
è ben fatta desiderare. Mannaggia a lei!
Ci sono arrivata dopo 140km
faticosi, infiniti, e su una zampa sola.
Eh sì. Dopo l’eccessivo sforzo
storto dovuto al fortissimo vento laterale, cui si sono aggiunte le manate
d’aria dei camion (oggi la strada era stretta, con solo una corsia per senso di
marcia e senza bordo pedalabile), mi son fatta gli ultimi 30km a pigiare i
pedali con la sola gamba sinistra, in piano e in discesa. Le salite a piedi,
spingendo pian piano la Signora dal culo pesante: con il ginocchio destro fuori
uso non ci sono state alternative. Ora la busta di Brufen sta lavorando e per
domani dovrei essere di nuovo in piena forma.
Delle tre variabili (strada,
vento, pioggia) oggi l’unica positiva, esclusa una mezzoretta di temporale (su
8 ore di tappa) è stato il meteo: sole, sole vero, sole caldo sulla pelle come
da giorni non sentivo.
Questa mattina, dopo la colazione
a caffè al caramello solubile e pane nero “Sportivniy”
mi sono buttata nelle
orribili e scassatissime strade dell’oltrebrutta Naberezhnye Chelny. Tanto i
russi guidano bene e ordinatamente sulle autostrade, tanto sono dei dementi
cafoni e pericolosi nelle città. Per dirne una: strada in paese chiusa per
lavori; le auto che fanno? Non prendono la deviazione (segnalata) ma transitano
a manetta sul largo marciapiede, sfrecciando tra pedoni ormai abituati a ogni
abuso, banchetti di frutta e chioschi di giornali.
Per fortuna questo largo buco di
culo è finito in fretta, con tanto di ultima cartolina di saluto: un’immensa
centrale nucleare alla Simpson, che resta immobile e silenziosa a scrutare
l’umanità che corre lì sotto nel fango.
La brutta sorpresa di oggi è che
l’amata M7 si è trasformata in una stradina di dimensioni ridicole, non certo
adatte al traffico e alle dimensioni abnormi dei camioni e dei mezzi speciali
che, pure, si ostinano a passare di lì. Forse perché è l’unica strada, eh. Fra
l’altro le due misere corsie, una per senso di marcia, non hanno bordo e, anzi,
spesso corrono tra strisce di sassi aguzzi o fango spesso, o sabbia, o a
strapiombo su salti di qualche metro, tra i campi. Roba da farsi male, insomma.
A ciò si aggiunga che tutti sembrano avere molta, moltissima fretta. Le auto
fanno slalom tra i camion, i camion superano altri camion, i tir strombazzano e
accelerano in contromano. Ma dove cazzo vanno tutti? E’ in questi momenti che
mi si fa chiaro quanto l’umanità abbia davvero esagerato con questa storia dei
motori e del trasporto su gomma. Quando è troppo, è troppo.
La nota positiva, invece, sono i
paesaggi che scorrono ai bordi del minuscolo fiume infero che è la strada. Sono
colline coltivate, campi, prati verdissimi ricamati di fiori e boschetti
ombrosi. E’ un tripudio di colori e di linfe, radici, cortecce, petali, semini
e steli. Un coro silenzioso di bellezza semplice e gratuita, un canto di
polline e rugiada, che va a mescolarsi al cielo basso e steso su tutto, dove le
nuvole corrono e corrono nella luce di miele.
Ho anche visto diversi animali
interessanti, oltre a mucche, capre, cani da pastore e gatti pigri:
innumerevoli falchi, che disegnano cerchi larghi nel vento. Passeri o simili
dalle ali tutte gialle come i tappeti di colza qui così frequenti. Ben due cani
della prateria, quei roditori simpaticissimi, che io credevo vivessero solo in
Australia e invece sorpresa, pure nelle aiuole dei benzinai e nei prati della
Russia. E poi una volpe rossa, bellissima, che ha corso lungo la strada, pochi
metri avanti a me, per un paio di minuti, prima di tuffarsi nel fitto cupo del
bosco. Ho interpretato questo incontro in due modi, di cui uno si è escluso
andando. Vista la pericolosità della strada ho pensato, dapprima, che fosse un
segno di fine imminente, come se il mio animale totemico fosse giunto a
mostrarmi l’ultima strada prima del nero della terra, vista dalla parte delle
radici; un po’ come il “coniglio nero della morte” de La collina dei conigli,
entità d’ombra con cui i morti saltellavano via tra l’erba, lontani ormai dal
loro corpo. Non abbiatemene. Ho il senso della morte e della finitudine più
sviluppato degli altri cinque, la vedo ovunque e la percepisco come immancabile
compagna di viaggio di noi tutti. Anche per questo pedalo e corro via nel
vento, come il cavaliere di Samarcanda.
Poi ho invece pensato che la
volpe fosse un segno positivo, un incoraggiamento: è terra di volpi questa,
terra amica delle code rosse, terra di tane. Non può succedere niente di male.
E così è stato.
Mi sono fatta forza e ho pedalato
con nuovo vigore, per arrivare il prima possibile; non si contano le bestemmie e gli insulti urlati ai
conducenti disgraziati, malnati ecc ecc, che, gridati al cospetto di cielo e
terra, dan sempre una gran carica (anche se i diretti interessati nemmeno
sentono… Forse meglio così).
Ho fatto un’unica pausetta per
mangiare una mela e bere questa roba qui, che è acqua fortemente gasata al
gusto di pesca. Non commette mai l’errore mio d i fidarvi dell’etichetta: fa
schifo. Ho ruttato chimico per sei ore. Mea culpa.
(io che medito sull'errore della lavatura di piatti, la dishwash alla pesca gasata)
In una finissima pioggerella,
comunque, sono arrivata finalmente al confine tra Tatarstan, ormai alle spalle,
e Bashkortostan.
Di quest’ultimo, dolce di campi
obliqui e betulle di zucchero, ombre lunghe nella luce arancione del sole
basso, non ho fatto foto, per ora. Ero troppo presa dal mio pedalare zoppo e
impegnata più nel portare il culo alla meta che altro.
Oltretutto qui si salta avanti di
due ore secche. Lo spazio si mangia il tempo e, dalle 18 che erano, sono
diventate, un metro oltre il confine, le 20. In effetti era ora… Stamattina mi
sono svegliata alle 4 e il sole era già altissimo nel cielo, che nemmeno su
Venere.
Diciamo due parole su questo
poste dal nome strano.
Si tratta della regione più
popolosa della Federazione russa e anche di una delle più ricche. Qui, dagli
anni ’30, se estrae petrolio, ma anche gas naturale e ogni tipo di minerale e
metallo. Le industrie raffinano e lavorano questi prodotti, oltre ai molti
frutti dell’agricoltura, qui ampiamente sviluppata (insieme all’allevamento
soprattutto di cavalli).
Le religioni più diffuse sono
quella musulmana sunnita, in primis, e quella cristiana ortodossa, al secondo
posto.
A scuola si studia il russo ma
tanti preferiscono chiacchierare in baschiro, che è una lingua del ceppo turco,
così come turca è l’etnia dei baschiri. Bash- significa “testa, capo” e -qort
“lupo” animale sacro per queste popolazioni. –Stan è il solito suffisso
persiano.
Qui fin dal paleolitico si erano
insediati alcuni gruppi, che divennero stanziali solo a partire dall’età del
bronzo, con alcune culture locali che han lasciato manufatti, armi e gioielli
di grande bellezza (ma ne parliamo meglio domani in loco).
Di baschiri e Baschiria, in
russo, si inizia a parlare solo dal XVI secolo; ma questo popolo viveva qui già
dal VII o addirittura prima; nel X secolo ne fa menzione il geografo e
matematico persiano Al-Balkhi, che li divide in due gruppi: i nostri, degli
Urali, e quelli del Danubio, che vivevano ai confini dell’Impero bizantino.
Come è piccolo il mondo. Negli stessi anni ne parla anche il geografo ed
esploratore, sempre persiano, Ibn-Ruste. Perché la cultura, in quegli anni, era
in mano loro. Da noi, in Europa, la gente tirava le proprie feci dalla finestra
e dimenticava con cura come si scrive e legge.
Anche qui giunsero i mongoli
dell’Orda d’oro e, alla sua dissoluzione, nel XIV secolo, la moderna Baschiria
era divisa tra il khanato di Kazan, quello siberiano e le lunghe dita dell’Orda
Nogai, unione di tribù mongole e turche delle steppe, direttamente discendenti
da Gengis Khan. Quando nel 1555 Ivan il Terribile conquistò Kazan, come abbiamo
detto i giorni scorsi, le tribù baschire si avvicinarono al potere dello zar
con la volontà di unirsi pacificamente alla Moscovia. Così, rapidamente, la
Baschiria si russificò. Nel 1798 fu fondata l’assemblea spirituale dei
musulmani russi, per concessione dello zar, e Ufa divenne la città principale a
metà Ottocento. Nel ’17, dopo la rivoluzione, fu creata la repubblica autonoma
del Bashkurdistan, che ebbe vita brevissima: nel ’19, infatti, senza
spargimenti di sangue e di comune accordo, divenne repubblica socialista
sovietica, la prima dell’Urss con legislazione autonoma. Dal ’90 invece, la
repubblica fa parte della Federazione russa. E siamo arrivati a noi.
Con gli ultimi sforzi sono giunta
alla casa di oggi, che è il lussuoso Motel Avtodvor, affacciato direttamente
sulla M7.
Solita formula: ristorante self-service (particolarmente urfido ma
ottimo)
sotto e stanze sopra. Bisogna scegliere se prendere la camera con la
doccia o rimanere unti e incrostati, coi tarzanelli di fango addosso. Visto che
già è andata così ieri, meglio lavarsi, oggi. E quindi mi han rifilato una cosa
grande come un appartamento, col divano, il tavolo, l’anticamera e il lettone.
Che chiccheria!
Dopo la doccia ho cenato con
borsh (la spettacolare zuppa russa di barbabietole, cipolle e carne, con panna
acida aggiunta fredda), tortino freddo di patate, barbabietole e cipolle, che è
tipico di qui, carote piccanti e insalata mista solita. E pane nero alla Celan.
Avendo ancora fame, ho optato per
un gelato. Impossibile resistere al CCCP.
Ahimè, una volta scartato, si è
dimostrato in tutto e per tutto simile alla vera CCCP: buonissimo ma del tutto
spappolato, esploso, con pezzi persi e sgommate di cioccolato.
Ora sono in stanza e dalla
finestra mi godo il primo tramonto baschiro.
Domattina farò una breve
esplorazione del paese, che sa di very much fangoso e ha un nome che pare un
codice fiscale: Verkhneyarkheevo. Che, detto così, pare una supercazzola
prematurata. Ma per dove? Con scappellamento a destra, come se fosse antani!
Domani poi la tappa è di soli
90km, e mi porterà a Kushnarenkovo, sede di una particolare cultura (omonima)
dell’età del ferro; sarà un ulteriore avvicinamento alla capitale del
Bashkortostan, Ufa, dove arriverò dopodomani e mi fermerò un giorno.
Ho incominciato da pochissimo a leggerti, una roccia ��
RispondiEliminaMia moglie pensa che mangi troppo poco! :) coraggio, domani sono solo 90.
RispondiEliminavai volpe sempre bello leggerti
RispondiEliminaUna volpe rossa, bellissima, pochi metri davanti a te!!! Mi sa che aveva avvertito il passo di un'amica: la volpe a pedali. Un abbraccio. Sila
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