domenica 4 agosto 2019

34-35. La sfiga ha rotto il Ka...nsas! Wichita ed Eureka, dove piovono armadilli e il vento fa volare mucche e tartarughe



2/8
Pratt-Wichita
122km

La mattina in cui lasciamo Pratt per spingerci fino a Wichita, la grande città, la più popolosa del Kansas, Wichita la maestosa, la cicciona, quel giorno, ovvero stamattina, non sappiamo che le successive 48 ore saranno un susseguirsi di sfighe e problemini. Lo sospettiamo, forse, ma non ne abbiamo la certezza. Sicuro è che, 48 ore dopo, giungeremo alla conclusione che questo stato ha proprio rotto il Kansas. Ma veramente. E che per fortuna stiamo per andarcene, il Missouri ormai è vicino.
Ma lasciatemi spiegare.

Da Pratt partiamo con calma: non abbiamo molta voglia di gettarci in pasto al vento e ai temporali, entrambi previsti dai siti del meteo ed entrambi fin troppo evidenti fuori dalla finestra.
Ci consoliamo con una tanica di tè freddo (qui vendono a taniche anche il latte e altre bibite). Si chiama Rocco, la tanica. Ovviamente.


Poi via, a uscire da Pratt il più velocemente possibile, sotto una pioggerellina che non sa nemmeno lei se essere oppure no. Che tempo di merda, oh.


Pratt non svela alcun segreto a noi che ce ne andiamo. E' identica a tutte le altre cittadine, con il suo stradone in mezzo, le casine e i negozi con le insegne grandi e colorate, che spiccano tra grigio e grigio, del cielo e della strada.







Il vento è una palla al piede. Passo i primi 30km a pensare parolacce e improperi vari, mentre arranco a fatica fin da subito. Che menata di ca**o, che due maroni, che grandiosa, epocale, gigantesca, stellare scartavetrata di palle. E così via. Andiamo piano e le gambe piangono, la schiena scricchiola, gli occhi e le labbra si disseccano. Che mostruosa, infinita, frittata di co**ioni, che sfrangiamento di gonadi, che barba & che noia. Tutto così.



Il tutto condito da nuvole nere di temporale che incombono sulle nostre cucuzze a mo' di spada di Damocle. Per farti percepire ulteriormente la mastodontica, cosmica, sconfinata menata di palle. Perchè si va troppo lenti, mentre la pioggia corre. E si fa una fatica allucinante, per stare quasi fermi.


In quel quasi sta la differenza: un poco si avanza, in una valle di lacrime subito rapite dal vento impietoso. La pazienza è tutto, in giornate così. La calma impassibile. La pervicacia della goccia che scava la pietra. O la lapide, dovessimo stramazzare a terra come il cavallo di Montale. Perchè anch'io, qui, in Kansas, spesso il male di vivere ho incontrato. E si chiama noia. Il paesaggio non cambia MAI. E' così da centinaia di kilometri. E il vento idem, sempre teso in direzione est-sud est. Tutto è immutabile, pur nel correre dell'aria sopra alle spighe e ai fili d'erba, a spettinare i cavalli. Vraamente questo Kansas NON PASSA. Nel senso che non trascorre. Nel tempo, che si dilata fino a screpolarsi, a spaccarsi come le zolle nell'arsura, e nello spazio, che è esteso e grande e sconfinato. A-orizon, altro che. Una tale marmellata di maroni! L'ho già detto?



Tuttavia non si può saltare. E' la regola non scritta del cicloturista. Quel che c'è, si prende. Nel bene e nel male, bello e brutto, atteso e inatteso. Altrimenti sarebbe troppo semplice. Sarebbe la mossa svogliata del turista normale, quello che sceglie le tre cose in croce più gettonate, più accattivanti. Ma viaggiare e scoprire una terra, un paese, un popolo non è questo. Viaggiare è bersi tutto, la pioggia e il nero latte dell'alba, l'acqua più pura e il miele, il sangue e il fango, e pure il piscio. E il vento. Non vale saltare le parti noiose. Non vale eliminare le emozioni negative, come tendiamo a fare di solito. Non è così che si conosce, che ci si conosce, che si cresce.

E dunque sotto, corna basse e pedalare. Ogni tanto un barlume di meraviglia compare inaspettato, ed è pura bellezza. Come il fiume Ninnescah, che corre verde nel verde dell'erba ed è tutta linfa, tutta vita.



Facciamo una sosta caffè a Cunningham, che si chiamava Ninnescah come il fiume, ed ha un ufficio postale che risale al 1885. Originariamente la città si trovava un poco più a sud, poi fu trasferita fisicamente a nord della ferrovia. Fisicamente spostando gli edifici asse ad asse! Tutto accadde tra 1887 e 1888. Finito il lavoro, un tornado, nel 1888, distrusse il poco che restava nella città vecchia.

Poi ci fermiamo anche a Kingman, perchè Eolo ci impone pause continue. E' una città che risale al 1874 e prende il nome da un giudice della corte suprema. Mi sovviene un fatto pazzesco: qui fino al 1870 c'erano solo "cani e fumo e tende capovolte". C'erano praterie e boschi. Poi, tutt'un tratto, nel giro di una ventina d'anni, sono spuntate come funghi cittadine e paesi, e mano a mano sono arrivati gli uomini, con la strada e poi la ferrovia. E il mondo è cambiato. In peggio o in meglio? Di certo il giudizio non è cosa semplice e da dare a cuore leggero.



Kingman è una cittadina decente, ordinata e non del tutto priva di grazia. Ci fermiamo qui per la pausa pranzo, a un Dollar general che, incredibilmente, vende pure un poco di frutta e verdura fresche. In fondo siamo nel granaio d'America!
Ah no, viene tutto dal Messico.









Anche qui ci sono i segni del tempo. Negozi e benzinai abbandonati, case deserte ed edifici mezzi crollati, nascosti tra gli alberi.


Tutt'altro che in disuso sono invece le chiese, di tutte le confessioni possibili e immaginabili, spesso connesse a centri culturali o per le famiglie, scuole e parchi, campi sportivi. Diciamo che hanno in mano i tre quarti delle attività scolastiche ed extrascolastiche, di dopolavoro e cultura. Spiace dirlo, ma siamo in una zona fortemente bigotta, di paolotti e baciapile della peggior razza. Entrando in paese ho visto una gran croce di legno con appeso un feto, e uno slogan antiaborto.
Fermo al benzinaio c'era un camper pieno di scritte della serie "Crociata anti-Sodoma. No all'omosessualità, sì alla famiglia". Deus vult... Quanto è lontana da questo mondo San Francisco, quanto è lontano l'arcobaleno del pride e quell'amore che non giudica! Ahimè qui ci sono il paradiso e l'inferno, la linea che li separa e una schiera di lunghe dita sicure nell'indicare chi merita l'uno e chi l'altro.
Penso a Nabokov, che mi viene spesso in mente in questo viaggio americano, e al suo "paradiso illuminato dai bagliori delle fiamme dell'inferno". Meglio così.








Il dramma, oltretutto, è che da queste parti è raro trovare dei campeggi normali. Son tutti spazi gestiti da comunità religiose che, per dare alloggio, vogliono in cambio iscrizioni, volontariato e, manco a dirlo, denaro. Altro che mercanti nel tempio. In ogni caso stiano pur tranquilli: piuttosto dormo sotto a un ponte coi barboni. Mi sentirei più a mio agio che tra invasati cui è stato fatto il lavaggio del cervello fin dalla più tenera età e credono che il mondo sia quella roba che gli han raccontato. Coi buoni e i cattivi, gli angeli con le ali bianche e i diavoloni con i piedi di caprino (il formaggio -che quando camminano fanno squish squish).

Anche da Kingman ce ne andiamo, e questo Kansas mi fa sentire sempre più estranea. Pure il vento vorrebbe respingerci, rimandarci indietro ai monti, o al canyon, dai navajo sabbia rossa o sull'oceano mare che accarezza e ruggisce, che fa crescere i fiori tra il sale e gli scogli.
Ma non torneremo indietro. Mi dispiace, terra feconda di semi e simboli antichi e sporchi di sangue. Mi dispiace ma devi lasciarci passare.



Con fatica estrema, tesa ogni fibra del corpo, si va. Il cielo brontola, poi si rischiara, poi minaccia di nuovo pioggia. Intorno, campi e prati. Per oltre 40km, nemmeno un paese.






Poi, quando il mio corpo sta entrando nella modalità risparmio energetico, e intorno a me sto costuendo il bozzolo, la crisalide di tepore di sonno, spento il cervello e messe le gambe con pilota automatico, ecco l'imprevisto.
Gigi fora. Una graffetta di metallo lunga 3cm. Cambiamo tutto a bordo strada, ci mettiamo anche poco. Rigonfiamo per come si può con la pompetta, con l'idea di andare al primo benzinaio utile e finire l'opera col compressore. Perchè quando la ruota è molla è più facile che raccolga porcherie dalla strada, tra spine e fili di metallo.
Il primo benzinaio è a Garden Plain, a pochi kilometri da lì. (città del 1902, costruita sulla ferrovia, eccetera).
A 900m Gigi fora di nuovo. MannaggiaalKansas. Stavolta la colpa è di una scheggia di metallo.
Arriviamo a piedi alla gas station, tra un santo, una madonna e tutti gli angeli in colonna. Qui cambiamo di nuovo camera d'aria e, dopo aver chiesto aiuto ai due veci gentili che presidiano le pompe di benzina, ci concediamo un caffè per ripigliarci. Che palle stracciate!
Mancano 22km all'arrivo al motel di Wichita, zona aeroporto, che ho prenotato ieri. Sembrano infiniti. Io sono distrutta, derelitta, stanca oltre ogni possibilità di recupero. Questi giorni di tappone controvento stanno erodendo le mie energie, e pure in fretta. Poi l'ansia continua dei temporali cattivi, quelli pericolosi, e delle forature, non aiuta. A proposito, nonostante gli acquisti consistenti fatti in Arizona, abbiamo di nuovo quasi finito le camere d'aria. Dopo 9 forature, ce ne resta una sola.
Il cartello che invita a non suicidarsi, appena fuori da Garden Plain, ha tutto il suo senso.


Finalmente, il segnale. Il grande acquedotto a palloncino che va per la maggior da queste parti, con su scritto ben grande anche per le volpi miopi... Goddard. Ah non Wichita. No.
C'è un altro paese in mezzo.


Nel 1883, Ezekiel Wilder acquistò terreni agricoli sulla ferrovia della Atchison, Topeka e Santa Fe Railway a sud di Blendon, a circa 16 km a ovest di Wichita. Qui stabilì la città di Goddard in onore di JF Goddard, ex terzo vicepresidente della Ferrovia ATSF. I binari raggiunsero Goddard nel 1884, e lo stesso anno fu istituito un ufficio postale. Diversi edifici furono trasferiti da Blendon, tra cui il municipio e la chiesa metodistaGoddard divenne ufficialmente città nel 1910. Il 23 giugno 1969 un tornado F4 colpì la città, distruggendo tanta parte degli edifici e lasciando sei persone gravemente ferite (ma nessun morto). Negli ultimi decenni, quando Wichita si è espansa verso ovest, un numero crescente di pendolari si è stabilito a Goddard, trasformandolo da una comunità agricola rurale in un sobborgo. Sobborgo identico a tutti gli altri, dove McDonald's, Taco Bell, Burger King, Sonic, e tutte le altre catene sfilano a bordo strada con la solita parata di consumismo e kilocalorie.



Incredibilmente, quando ormai sto per non averne davvero più, arriviamo al nostro roncio motel di periferia. Siamo a Wichita! E la gomma di Gigi è gonfia, nonostante, io lo so, abbia una puntina di metallo infilata nel copertone, a tal punto ficcata nella gomma dura da non riuscire a toglierla (se non con la paura di cacciarla verso la camera d'aria e perforarla). Siamo arrivati, anche oggi. E senza prender troppa acqua! Davvero, da non crederci.




Andiamo a far la spesa, ceniamo dopo la doccia. Poi la serata è dedicata a pianificare le prossime tappe. Muoviamo verso Kansas city, in Missouri. Ci vorranno almeno 3 giorni. Poi ne faremo uno di sosta. La strada più rapida e semplice per trovare alloggio sembra quella che passa da El Dorado, Eureka e poi Garnett. In ogni caso, domattina, prima di tutto, prima di lasciare Wichita, dobbiamo procurarci altre camere d'aria. Ne abbiamo una sola. In città ci sono diversi negozi dedicati al ciclismo. Il più vicino è un tal Dick's sporting goods, una specie di Decathlon che però, in maniera profetica, si chiama "Articoli sportivi di Dick". Oppure, a mio avviso traducendo meglio "Articoli sportivi del belino".


3/8
Wichita-Eureka
122km

Gigi sogna di riparare una pompa da bici insieme a suo fratello, e la pompa esplode e lascia un buco nel soffitto. Appena svegli ci rendiamo conto, nell'ordine, che:
1. piove, male
2. tira vento, malissimo
3. la MIA ruota posteriore è a terra
4. l'ultima, unica, messianica camera d'aria rimasta per riparare la mia bici è inutilizzabile: è da 20 pollici. Perchè abbiamo acquistato questa monnezza? Perchè qualche decerebrato minus habens l'ha messa insieme alle camere del 26, in scatole tutte identiche. Che gli venga la peste al culo, chiunque sia stato.



Dunque, mi si accende una lampadina al cervellino.
Lasciamo tutto, bagagli, bici smontata e bici sana (almeno quella di Gigi è ancora a posto) in motel. Chiamo un Uber, ci facciamo portare al negozio di "articoli sportivi del cazzo", facciamo incetta di tubes, torniamo al motel con un altro Uber e ci rimettiamo in sesto.
Così accade. Uso l'app per la prima volta e la trovo utile, pratica, comoda e facile in maniera sconcertante. Pazzesco che sia così easy. Di solito chiamare un taxi all'estero, se sei un po' inculato, è un dramma. Qui, nel giro di 5 minuti, si presenta una donnona grande e grossa, davanti alla stanza del motel, e ci carica. Facciamo un po' di conversazione. Le spieghiamo del nostro viaggio, lei dice che non ce la farebbe mai. E poi non ha tempo, ha un bimbo di 8 anni, autistico, che sbrocca coi rumori forti. Quanto ci sono i fuochi artificiali deve mettergli le cuffie anti rumore. e le piacerebbe tornare a viaggiare, ma suo figlio su un aereo proprio non ce lo vede. Lei vorrebbe visitare l'Italia. E' stata in Germania, o meglio, è nata in Germania, da padre americano (soldato di stanza in Berlino ovest) e madre teutonica.
Ci molla al megastore, sotto al diluvio.
Noi, rapidi, entriamo, compriamo 7 e dico 7 (mille e non più mille) camere d'aria e la richiamiamo, sempre con Uber, per tornare in hotel.
In auto parliamo del tempo, dice che in Kansas è così: d'inverno freddissimo, con ghiaccio e neve (lei ha fatto un incidente grave perchè non ha ascoltato il marito che le diceva di stare a casa, sotto Natale, in un giorno da una spanna di ghiaccio sulle strade); d'estate caldissimo e temporali. Nammerda insomma.

Tornati in stanza ripariamo la bici e ci prepariamo a uscire sotto al diluvio universale. Nei primi 500 metri, fino al benzinaio dove c'è un compressore (e possiamo fare colazione) ci infradiciamo fino alle mutande.




Poi, nel tempo di bere un caffettone, miracolosamente, spiove.
E così partiamo davvero. Tardissimo (sono già le 11 e dobbiamo fare 120km), ma all'asciutto.
Di Wichita non vediamo molto, il cielo e la strada non invitano al turismo.

Fondata nel 1868 e incorporata nel 1870, è situata nei pressi del fiume Arkansas. È una capitale mondiale dell'industria aeronautica; vi si trovano infatti gli stabilimenti della BombardierBoeingRaytheon e Cessna. Nella grande fabbrica della Boeing di Wichita, durante la seconda guerra mondiale, vennero costruiti quasi la metà di tutti i superbombardieri strategici B-29 Superfortress; il programma di produzione accelerata nel gigantesco impianto di Wichita di un'arma ritenuta di importanza decisiva per l'esito della guerra, divenne noto come la battaglia del Kansas. I B-29 Superfortress furono i protagonisti degli attacchi aerei contro il Giappone del 1944-45 e in particolare del catastrofico bombardamento incendiario su Tokyo del 10 marzo 1945 e dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 6-9 agosto 1945. Nel secondo dopoguerra a Wichita sono stati costruiti anche la maggior parte dei bombardieri nucleari Boeing B-52 Stratofortress, che rimasero per tutta la Guerra fredda il pilastro fondamentale dell'arsenale dello Strategic Air Command.

Non che Wichita sia priva di attrattive: il museo e lo spazio dedicati ai nativi delle grandi pianure, la ricostruzione dell'antica cowtown che era, ai tempi dei vagoni carichi di vacche che arrivavano da sud. Ma abbiamo dovuto scegliere: o fermarci a Wichita o a Kansas city. E questa città, che ancora conserva nei muri e nei tetti la sua storia, ci è parsa più interessante.

Così ci lasciamo Wichita alle spalle e torniamo on the road, sotto a un cielo grigio che per metà giornata ci risparmia.
Passiamo a nord della città, tra Kechi e Bel Aire.


Kechi fu chiamato così in onore del popolo Kichai. Nel 1887, le ferrovie Chicago, Kansas e Nebraska costruirono una diramazione nord-sud da Herington attraverso Kechi a Caldwell. Fu chiusa nel 1891 e rilevata dalla Chicago, Rock Island e Pacific Railway, riorganizzata come Oklahoma, Kansas e Texas Railroad, fusa nel 1988 con la Missouri Pacific Railroad, fusa a sua volta nel 1997 con la Union Pacific RailroadLa maggior parte dei locali si riferisce ancora a questa ferrovia come "Rock Island". Il primo ufficio postale di Kechi fu istituito nel 1888



Bel Aire è stata invece fondata nel gennaio del 1955 quando un gruppo di residenti locali ha presentato una petizione al governo della contea per crearla come distretto di miglioramento per l'acqua. Il 26 novembre 1980, Bel Aire fu formalmente incorporata come una città. Ciò nonostante ebbe una disputa legale di due anni con il governo della città di Wichita sul fatto che avesse o meno il diritto di farlo. Alla fine il caso è andato alla Corte suprema del Kansas, che si è pronunciata a favore di Bel Aire.



Sono tranquille e sonnolente cittadine di campagna, gravi e umide della pioggia recente. Fa giù un caldo pazzesco, nonostante prima, sotto al temporale, c'era bisogno del kway e dell'antivento.







Passa un ciclista, cosa che non si vede da tempo, e ci saluta. Ne passa un altro, ben in carne, tratti asiatici, strizzato nella tutina con i rotolini di ciccia che strabordano, e ci chiede un po' del viaggio. Poi ci augura buona fortuna.


Noi, tra un laghetto, un airone, e un negozio che vende bunker da tornado



arriviamo sulla highway 254, che poi diventa 54, che seguiremo per due giorni. Corre dritta verso est attraverso le dolci Flint Hills.
"Mentre che 'l vento, come fa, si tace".
Nessuno dei due osa di dirlo ma pare proprio che la dannazione della bufera infernale alla Paolo e Francesca sia cessata. Infatti pedaliamo rapidi anche in salita, e sembra di essere leggeri, di volare, liberi dalla catena d'aria invisibile che ci legava le gambe. Che meraviglia! Recuperiamo tempo e kilometri sulla partenza tarda e lenta.
Arriviamo in meno di due ore a Benton (1884), dove facciamo sosta al benzinaio perchè è quasi ora di pranzo.



Dopo aver scoperto che c'è il free refill di panna montata, averne mangiata troppa e averla lasciata tutta sulla strada, ci portiamo spediti verso El Dorado, via Towanda. Questa città, l cui nome in lingua Osage ignifica "molte acque" è stata fondata nel 1892; nel 2010 han fatto passare di qui il Keystone-Cushing pipeline, per portare il petrolio tra Canda e Usa. La gente si è incazzata perchè sui lavori non son state fatte pagare tasse e per i rischi per la salute.

Il cielo, intanto, muta in fretta e sui campi la luce corre e gioca a nascondino tra radici e fili d'erba. Non c'è comunque tempo da perdere, i temporali intorno hanno l'aria tutt'altro che mite.






Già prima di El Dorado il paesaggio cambia. Si fa più ondulato e verde d'erba grassa e umida. Ci sono più alberi, meno campi coltivati e meno recinti. Sembra tutto meno arido, meno secco, meno sfruttato. Una polla d'acqua fresca per gli occhi e polmoni.

El Dorado del Kansas è stata fondata nel 1868.
Nel 1877, la Florence, El Dorado e Walnut Valley Railroad Company costruì una linea di diramazione da Florence a El Dorado; nel 1881 fu estesa a Douglass , e successivamente ad Arkansas City. La linea fu noleggiata e gestita dalle ferrovie Atchison, Topeka e Santa Fe . La linea da Florence a El Dorado fu abbandonata nel 1942.
Nel 1915, il giacimento petrolifero di El Dorado (nomen omen) fu il primo ad esser scoperto usando la mappatura scientifica / geologicaNel 1918, il giacimento petrolifero di El Dorado era il più importante degli Stati Uniti e forniva il 12,8% della produzione petrolifera nazionale e del 9% della produzione mondiale. Fu considerato da alcuni come "il giacimento petrolifero che vinse la prima guerra mondiale ".
Nel 1943, i prigionieri tedeschi e italiani della seconda guerra mondiale furono portati in Kansas e in altri stati del Midwest per risolvere la carenza di manodopera: gli americani prestavano tutti servizio nello sforzo bellico. Grandi campi di internamento furono istituiti in Kansas: Camp Concordia , Camp Funston (a Fort Riley ), Camp Phillips (a Salina). Fort Riley istituì 12 campi secondari più piccoli, incluso El Dorado. II prigionieri si sono offerti volontariamente per aiutare nei lavori nelle fattorie locali; questo ha permesso loro di trascorrere del tempo fuori dal campo, socializzare e mangiare cibo migliore di quello fornito dalle guardie carcerarie.
Il 10 giugno 1958, un tornado colpì El Dorado e uccise 13 persone. Nel 2008, la città ha costruito un memoriale a Graham Park in ricordo dei morti.



Noi qui facciamo un'ultima sostina. Io mi pappo un po' di carne secca buonissima, che spesso viene via col formaggio (vedi confezione a sx)



El Dorado è una città bella e curata. Qui sì c'è attenzione ai dettagli, al lato estetico. Ci son giardini curati, vasi di fiori, parchi e statue. Oltre alla solita valanga di chiese, chiesine e chiesone di tutte le confessioni della croce.









Non manca nemmeno il museo dedicato all'estrazione del petrolio. Giustamente.





Da qui in poi è tutta campagna e colline fino all'arrivo, a Eureka, 55km più a est.
Sono le morbide Flint Hills, colline dalle curve dolci, verdissime di tutte le sfumature di linfa e foglie, erba e rami. Il fieno è ancora umido e la pioggia ci insegue, ci lava a tratti. Ma non è temporale cattivo. E' una doccia fresca nel caldo tropicale, un battesimo, un'immersione nel Lete.






Meno piacevole è il vento, contrario, che è tornato a trovarci. Ma non manca molto all'arrivo e Gigi tira la carovana. Io resto in scia e pedalo pian piano (tranne quando un cane enorme e nero mi insegue e quasi raggiunge, incazzatissimo, perchè ho osato passare accanto alla fattoria dei suoi padroni).




A proposito di animali fantastici e dove trovarli. Da un paio di giorni le strade sono tappezzate dei resti dei seguenti animali, in ordine dal più comune al più raro:
- procioni striati
- tartarughe, grandi e piccole e grandissime e piccolissime
- puzzole bianche e nere
- armadilli (davvero!)

Oltre a queste povere bestie, ci sono anche falchi e gufi, ma soprattutto raganelle, rane e rospi grandi come borse. Dopo le cavallette, giustamente, le rane. Altro che piaghe d'Egitto!







Piove e spiove, fa fresco poi caldissimo. Ci sono mucche e capre, poi fieno, poi prati, e altre mucche e capre. Inizio a esser stanca, conto i kilometri, spero che Eureka giunga presto. Eureka, ma che nome per una città in mezzo al nulla.









Finalmente, eccola. L'ho trovata! Eureka!
La città prende proprio il nome dal greco. Chissà quale pioniere o annoiato impiegato dell'ufficio del catasto ha deciso.
Fatto sta che questa cittadina è stata fondata nel 1857. Più si va ad est, più le date di fondazione vanno indietro nel tempo. E' come ripercorrere al contrario una linea del tempo. Ha senso. Makes sense. Fa senso.
Nel 2016 e nel 2018 è stata colpita e danneggiata da tornado distruttivi, ma per fortuna non è morto nessuno.


Noi non abbiamo prenotato alcuna stanza. So che ci sono 2 campeggi, ma di dubbio interesse: entrambi son gestiti da comunità religiose e son sospetti.
Poi ci sono 2 motel. Uno normale e l'altro sgrauso, ed economico.
Talmente sgrauso ed economico che pare una struttura abbandonata, fatiscente e lercia. Ottimo, è il posto giusto per noi!
Ci apre una signora in chador, con due bimbe piccole in chador pure loro. Quasi tutte le camere sono a soqquadro, in ristrutturazione. Una delle poche disponibili, roncia e piena di insetti come non mai, sarà la nostra.








Andiamo al general store del benzinaio a procacciarci la cena e uno sgrassatore per pulire un poco le bici, tanto più che, nel frattempo, è uscito il sole. Eureka è un paesino davvero mencio e triste, mezzo abbandonato infatti. Qui in America se ti dice bene nasci a New York e hai il mondo che ti passa intorno, se ti dice male nasci ad Eureka e parli (o altro) con le vacche dalle corna lunghe. Muuuuuu!



Mentre laviamo le bici, l'operaio che sta ristrutturando le camere, che sputa, rutta e scoreggia come fosse a casa sua, ci chiede del viaggio e ci dice che lui è di Wichita e non vede l'ora di tornare a casa. Che gli piace il tempo quando è così ballerino e che stamattina sono andati via due cicloturisti che son stati qui fermi due giorni a causa della pioggia. Saranno mica Shawn e Paul?!
Nell'afa umida ci ritiriamo in stanza, a scacciare ragni e bestiole che volano, corrono e strisciano. Domani abbiamo un'altra tappona, mezza a est, mezza a nord, sempre più vicini al confine col Missouri. Qualunque cosa succeda, di quelle note, siamo attrezzati: vento? Ormai siamo abituati. Pioggia? Abituati pure a quello. Forature? G'avemo le camere d'aria. E chi ci ferma?

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