mercoledì 14 agosto 2019

44-45. Un piede in Missouri, uno in Illinois. St Louis e oltre. L'arte, le terre gentili e un tornado scampato

sul fiume Missouri, con vista sul Gateway arch di St Louis, la porta per il Far West. Un piede in Missouri, uno in Illinois


12/8
St. Louis-Greenville
124km

Alora, alòòòòra!
Vediamo di fare ordine tra le molte immagini, i fotogrammi, le scaglie di luce e i volti che sono rimasti impigliati oggi nella ragnatela della memoria. Oggi è stata una giornata bella, intensa, interessante, densa e piena. Nemmeno un minuto è stato sprecato, non un istante bruciato sull'altare della noia.

Ci siamo alzati più tardi del solito, passate le otto e mezza; ieri notte io sono rimasta sveglia a scrivere fino alle 2 e avevo bisogno di riposare. Fuori, appena scostata la tenda, nuvoloni enormi, vicinissimi, stavano piagnucolando una finissima pioggia su un mondo grigio. Mannaggia! Per tutta la notte ha piovuto, e la terra e l'asfalto sono fradici. Ma sappiamo ormai che qui va così: al mattino il cielo fa i capricci, ma smette presto e torna ad aprirsi in "strappi cobalto" nel primo pomeriggio. Comunque fa un gran caldo, e si suda come maiali, peggio del solito, per via dell'umidità.
Chiudiamo armi e bagagli e, mentre facciamo colazione al vicino benzinaio, studio un tour pedalato di St. Louis. Sono circa 30km di pellegrinaggio turistico, che ci impegneranno fino alle 13, circa.

Il tempo di bere un cappuccione french vanilla, con un muffin alla cannella e panna acida, e via. Di piovere ha già smesso, e sta persino uscendo il sole. Inutile dire che si schiatta d'afa.
Subito ci dirigiamo a sud-est, verso il centro, attraverso una serie di quartieri bene dove casette delle bambole e ville curatissime si alternano a chiese finto antiche e cimiteri antichi per davvero, per quanto possa essere qui antico qualcosa.




L'area metropolitana di St. Louis, che si estende attraverso contee sia in Missouri che in Illinois, secondo il censimento del 2000 è la diciannovesima più grande degli Stati Uniti, con una popolazione totale di 2 698 672 abitanti. Mentre la popolazione dell'area metropolitana sta aumentando, gli abitanti di St. Louis fin dagli anni '50 sono andati diminuendo, spostandosi verso i molti sobborghi della contea omonima e le altre parti della cintura cittadina. Questo esodo verso la periferia sembra essersi arrestato all'inizio di questo secolo grazie ai recenti tentativi di rivitalizzare il centro cittadino e la città in generale.




D'improvviso finisce la zona residenziale, per altro costellata di immensi campi da golf, ed esplode quella dei palazzoni tutti vetro che riflettono il cielo e ne invidiano la leggerezza, loro, che sono giganti ancorati al terreno, seduti su loro stessi. Tra Clayton e University city si moltiplicano i grattacieli, le sedi di grandi aziende, i centri di ricerca e sviluppo. E i parchi perfetti di fiori e fontane.




















Passiamo accanto alle sedi della Washington university, che dire spaziali non rende l'idea. Studiare qui deve essere una figata. La cultura è tenuta nel giusto conto... Certamente, per chi se la può permettere, non per chi se la meriterebbe. Ma son dettagli!
Accanto alla bella ciclabile che costeggia l'università, c'è anche il club degli ingegneri di St Louis, un edificio austero in pietra scura. Mi immagino le grasse risate che si fanno lì dentro.







Pedalati già quasi 20km, arriviamo finalmente alla prima meta del nostro minigiro turistico: il forest park. E' il più grande dei molti parchi cittadini, e supera in dimensioni Central park di 214 ettari, per un totale di 555 ettari. Questa verde e tranquilla parentesi tra cemento e asfalto fu sede dell'Esposizione universale del 1904. Oggi ospita, oltre all'ennesimo campo da golf e ai percorsi e sentieri per chi pedala e chi passeggia, un centro didattico informativo, lo zoo (gratuito), il science center e soprattutto il Missouri history museum, anch'esso gratuito per la maggior parte delle sale. Questo museo illustra la storia della città e si sofferma su eventi e personaggi che ne han scritto le pagine, dall'Expo alla ricevuta d'acquisto del primo aereo di Charles Lindbergh, ai protagonisti della scena musicale, blues in primis, alla lotta contro la segregazione razziale. A propos, qui siam tornati a vedere molti neri, grandi assenti in tutti gli stati finora attraversati, ad eccezione della California.








Usciamo dal parco e ci rituffiamo tra i palazzoni, ma è un attimo: nel giro di poco siamo al secondo punto clou della visita della città: la Cathedral basilica of St Louis.





Pensata nel 1870, completata nel 1914 e consacrata nel 1926, è nota soprattutto per i suoi mosaici, che, nel complesso, risultano i più grandi di tutti gli States.
Quando arriviamo stanno celebrando una Messa, quindi si può solo sbirciare; e non si sgama: all'ingresso ci sono due uomini della security. Un omino, all'ingresso, che dà informazioni ai visitatori, si intrattiene con me per qualche momento, e quando scopre che sono italiana, mi fa un pistolotto su Padre Pio. Che dire.






La Cattedrale è dedicata a San Luigi di Francia, lo stesso che dà il nome alla città. E quindi qui vi tocca il pippotto storico. Pronti?

Nel 1764 Pierre Laclede, cacciatore di pelli che sapeva riconoscere la qualità di un buon appezzamento di terreno al primo sguardo, piantò le tende alla confluenza dei fiumi Mississippi e Missouri, non lontano dall'Illinois; con lui c'erano coloni americani di ritorno dalle guerre franco-indiane.
Tuttavia gli unici documenti disponibili risalgono al 1800, anno in cui Auguste Chouteau e il suo patrigno Pierre Laclede scrissero i famosi Journals sulla fondazione di Saint Louis. I Journals sono una raccolta di ricordi adolescenziali che Auguste Chouteau scrisse dopo molti anni dal suo famoso viaggio a St. Louis. Molti ricercatori infatti non li considerano documenti ufficiali.
Con la scoperta dell'oro in California nel 1848, il flusso dei pionieri aumentò in modo considerevole e St Louis divenne il punto di partenza per chi partiva con il tasca il sogno di facili ricchezze, al punto che la città prese il nome di Gateway to the West, la porta per l'Ovest.
Dopo aver ospitato l'Esposizione universale nel 1904, come dicevo, si affermò come centro di innovazione. Quell'anno si festeggiò anche il centenario dell'acquisto della Louisiana, venduta dalla Francia nel 1803-4.
Nel 1904 la città venne scelta pure per ospitare i Giochi della III Olimpiade a scapito di Chicago; il CIO risolse di affidare la decisione circa la sede al presidente Theodore Roosevelt che optò per la città del Missouri. In questo modo le due manifestazioni, l'Expo e le Olimpiadi, non si sarebbero fatte concorrenza, anzi avrebbero concentrato il pubblico e i turisti verso un'unica meta.
Nel 1927 l'aviatore Charles Lindbergh rese ancora più celebre la città, compiendo il primo volo transatlantico senza scalo da New York a Parigi a bordo dell'aeroplano Spirit of St Louis, chiamato così in onore della lungimirante città che lo aveva finanziato.



Dopo la Cattedrale, passiamo per un quartiere ebraico dove non mancano sinagoghe, scuole e ville di gran lusso, e ci dirigiamo spediti verso Mid Town, passando accanto alla St Louis university e il city museum, che purtroppo non abbiamo tempo di visitare.
































Poi, all'improvviso, giunti quasi al fiume, nella selva di alti grattacieli che chiudono lo sguardo e fanno a striscioline il cielo color latte, ecco la old courthouse, palazzo di giustizia del 1845 che ospitò il primo processo che vide protagonista lo schiavo Dred Scott.




e il famosissimo simbolo della città: il gateway arch.



Inaugurato nel 1965, la notorietà dell'arco ha superato qualunque aspettativa potessero avere i suoi finanziatori. E' definito la Torre Eiffel delle Great Plains. Nei suoi 192 metri di altezza scintillanti di metallo argenteo, rappresenta il ruolo della città come via di accesso all'Ovest
Si può salire in cima e si può visitare il museo dell'espansione verso il far West, ma il tempo è tiranno. In più continuiamo ad essere abbordati da gente (famiglie, coppie, singoli) curiosi ed entusiasti del nostro viaggio, che ci tiran scemi a forza di domande. E' bello però sentire l'incoraggiamento e l'ammirazione di questi americani di ogni specie e genere, ce a volte chiedono persino di farci una foto, come se fossimo dei Vipz.



Tutti i dintorni, Downtown praticamente, sono stati riqualificati nel cinquantesimo anniversario della costruzione dell'arco, e sono una zona piacevole in cui passeggiare sgranocchiando le mille schifezze offerte dai bagarini, dagli hot dog ai pop corn caramellati, dal gelato ai ravioli fritti tipici della città.







Ma è tempo per noi di andare. Percorsi 30km, ne dobbiamo pedalare almeno altri 90. Non ho prenotato nulla per oggi, ci sono motel e campeggi a una distanza giusta e quindi decideremo man mano il da farsi, in base alle condizioni della strada, del cielo e delle nostre gambe.
Ci buttiamo dunque sul ponte che attraversa il Missouri, che segna il confine con l'Illinois. E' il settimo stato in cui mettiamo piede.



Ciao St Louis. Arrivederci terra di acqua e di musica (qui sono nati Scott Joplin, Chick Berry, Tina Turner e Miles Davis). E' stato un piacere!



I primi 10 kilometri di Illinois mi traumatizzano e fanno pensare al peggio. Mi si formula in testa la frase che questo stato è marciume. Subito giù dal ponte iniziano una serie di quartieri e cittadine mezze disabitate, con edifici sparsi e cadenti, strade dissestate e piene di acqua, ghiaia e fango, rifiuti ovunque e gente poco raccomandabile nei parcheggi e sulle auto. Temo possa essere tutto così e rimpiango le colline terribili, ma belle, e la Katy, e il fiume spietato e dolce come l'amore.
Poi, devo ammettere, le cose vanno sensibilmente migliorando e questo nuovo stato ci accoglie a braccia aperte.




L'Illinois fu esplorato dal gesuita Jacques Marquette e dal 1673 venne annesso alla Louisiana, parte dell'impero coloniale francese dell'epoca; prese il nome da una tribù di nativi (Ouillinois). I gesuiti vi fondarono alcune missioni a cui seguirono i mercanti di pellicce che vi aprirono diverse basi commerciali ed insediamenti stabili (Kaskaskia, Cahokia, Tamaroa, S.te Genevieve). Continuò a fare parte della colonia francese fino al 1762, quando fu ceduto all'Inghilterra a seguito del trattato di Parigi. Nel 1774 fu incorporato nella provincia canadese del Québec.
Passato agli Stati Uniti dal 1783, fu aggregato al "Territorio del Nord-ovest", finché divenne territorio autonomo nel 1809. Entrò a fare parte negli Stati Uniti il 3 dicembre 1818 come 21º stato. Nel periodo 1840-44 vi ebbe luogo l'immigrazione dei Mormoni, che vi si stabilirono per alcuni anni.
Durante la Guerra di secessione americana (alcuni usano l'espressione la Grande Ribellione) l'Illinois diede un significativo contributo in termini di uomini, ben 250.000, all'esercito dell'Unione.
Nel XX secolo l'Illinois emerse come uno degli stati più importanti, ebbe una crescita demografica elevata e, verso la fine del secolo, la popolazione raggiunse la quota di 12 milioni.
Lo Stato della prateria, o lo Stato dove nacque Lincoln, cosa di cui vanno assai fieri. Non che abbiano molto altro, se non un territorio accidentato e un clima instabile, ma una stabilissima finanza, seconda solo a quella newyorkese, e un'altrettanto stabile comparto industriale, secondo solo a Los Angeles, grazie a Chicago.

Noi però non passeremo così a nord, dove finisce la Route 66.
Ci limitiamo, per ora, a fare uno zigozago tra cittadine e paesoni, fino a raggiungere la 140, strada che corre spedita ad est. Attraversiamo Glen carbon ed Edwardsville. La prima, che aveva già insediamenti nel 1801 ma è diventata città solo alla fine del XIX secolo, era nota per le miniere di carbone, la fabbrica di mattoni (anni '30, poi andata a fuoco) e i molti morti nella Grande guerra, oltre, ovviamente, alle ferrovie.





Edwardsville prende invece il nome dal governatore dell'Illinois Ninian Edwards e, nel 2010, è stata nominata dal giornale Family circle una delle 10 migliori città statunitensi per le famiglie; in effetti ha un complesso sistema di scuole che arriva fino all'università, un art center, tre giornali e un montone di parchi.
La città fu fondata nel 1818 e il primo colono americano-europeo fu tal Thomas Kirkpatrick, arrivato nel 1805 e molto amico di Edwards.
La città divenne punto di partenza per l'esplorazione del nord dell'Illinois e per la costruzione di nuovi insediamenti; nel 1868 fu aperta la Bank of Edwardsville, ancora oggi attiva come banca regionale.

Nel 1890, l'industriale di St. Louis NO Nelson scelse un appezzamento di terra appena a sud di Edwardsville per costruire una fabbrica di materiale idraulico. Costruì anche un villaggio cooperativo di lavoratori modello chiamato Leclaire, che offriva ai lavoratori salari equi con orari di lavoro ragionevoli e una parte degli utili. Chiamò il villaggio in onore dell'economista francese Edme-Jean LeclaireIl villaggio offriva anche opportunità educative e ricreative e rendeva finanziariamente possibile a chiunque possedere la propria casa. A differenza delle città aziendali come Pullman vicino a Chicago, il benessere e la qualità della vita dei lavoratori e delle loro famiglie erano una delle principali preoccupazioni del paròn.
Nel 1934, il villaggio di Leclaire fu incorporato nella città di Edwardsville. L'area ha un lago e un parco, un campo da baseball e il Museo dei bambini nell'ex scuola di Leclaire. Diversi edifici industriali sono stati rinnovati e adattati a nuovi usi, soprattutto per le scuole.

La città ha anche una via riconosciuta come patrimonio storico, la St Louis street, dove, per oltre un miglio, i susseguono più di 50 case costruite tra il 1809 e la fine del XIX secolo.
Da questa città provengono 5 governatori dell'Illinois, oppositori dello schiavismo, e pure Lincoln è stato qui due volte, come avvocato in tribunale nel 1814 e relatore fuori dal tribunale tra 1857 e 1858.



Inaspettatamente, ma con grande piacere, incappiamo in un tratto della Historic route 66, quella che per diversi giorni abbiamo seguito mille anni fa, da Los Angeles attraverso California e Arizona, nel deserto e tra le colline. Non pensavamo di pedalarne ancora un tratto, e invece eccola qua.






Ma la 66 corre a nord, verso la lucente-grigio-metallizzata-cielo-acqua Chicago. Noi invece restiamo qui, nel centrosud dello stato. Le nostre strade si ridividono presto. Facciamo comunque in tempo ad essere affiancati da alcuni curiosi automobilisti che ci chiedono se abbiamo pedalato tutta la 66 (no, abbiamo fatto molto di più!) e ad esser salutati con rispetto dai motociclisti sui motoni grandi, strani, futuristici, che corrono senza casco sulla storica strada.



Usciti da questo ultimo sprazzo urbano in una zona ruralissima, raggiungiamo il villaggio di Hamel sempre sulla 66 ma con una bella ciclabile che porta al paese, tra i campi e i pascoli. C'è un'atmosfera rilassata e vacanziera nell'aria, e il sole che si abbassa sull'orizzonte, caldo ma non troppo, rende dolce la campagna.






Fuori da Hamel si imbocca la 140, una strada super secondaria che porta ad oriente attraverso i villaggi e le fattorie, parallela sia alla Interstate 70, stradone tipo autostrada, non vietata alle bici ma pericolosa, trafficata, rumorosa e noiosa, e alla 40, una sorta di provinciale.


Su questa tranquilla via di paesini agricoli passiamo per Alhambra, fondata nel 1849 e chiamata così in onore delle Tales of the Alhambra di Irving. Una roba bella e sognante che profuma di menta e agrumi, come Granada e la sua storia rossa, bianco e oro. Più concreto e tangibile è invece l'impianto di lavorazione della soia, che qui viene coltivata estensivamente ed intensivamente insieme al mais; questa azienda è la prima del suo genere ad esser stata aperta in Illinois; correva l'anno millenovecentoquarantacinque.

Passiamo anche per un mercatino amish; le foto sono venute male e non si legge gran che, ma sono i primi che becchiamo, se escludiamo una pullmanata di amish parlanti tedesco e con grembiule e cuffietta che facevano le lavatrici (automatiche, a gettoni) nel campeggio di Durango.
Ieri dunque mi son fatta na kurtura, perchè non sapevo molto di questa costola di riformati che, almeno, si prende abbastanza sul serio e non fa come i più, che si dicono credenti in questa o quella religione ma "non praticanti". Eh, troppo comodo così! Vuoi un dio che consola e salva, che ascolta e fa giustizia? Vuoi la speranza di un'altra vita, di un eterno? Ti cucchi anche le restrizioni, le regole e i comandamenti. Tutti. Non solo quelli che fanno comodo! Quindi buon per gli Amish, che fanno le cose a modino.



Mentre pedaliamo verso Greenville, la città meta di oggi, vediamo una gran quantità di torrenti strabordanti, boschi e campi allagati, e che ancora si stanno allagando. C'è acqua ovunque, acqua che corre e trascina, sposta i tronchi e annega l'erba. L'acqua sta occupando tutto ciò che c'è intorno, in un continuo montare di fango e corrente. Ci sono stati forti temporali anche nei giorni scorsi, qui, e i fiumi esondano, non riescono a contenere tutta la pioggia e straripano oltre gli argini. Non è uno spettacolo che infonde serenità. Anche perchè la piena è in corso e sembra non avere alcuna intenzione di smettere.











Superiamo, in questo mescolarsi di idilliaca verdissima campagna e correnti limacciose che se la mangiano, la deviazione per Pocahontas; il che non ha nulla di importante, se non che questo nome mi fa assai ridere. Non già per il bel film d'animazione, ma per l'easter egg di "Aladdin e il re dei ladri", sempre a cartoni, in cui il genio si trasforma nella bella nativa. Lo so, è un riferimento per pochi. Ho trovato anche il video. Me la sto facendo addosso dal ridere!

https://www.youtube.com/watch?v=9XDGV5plBmQ













Tra acque alte e minacciose, in un paesaggio un poco più collinare, arriviamo finalmente a Greenville.
Fondata nel 1815, è una delle più antiche città dell'Illinois. Al di là delle seghine mentali relative all'origine del toponimo, è interessante sapere che qui molti, compreso il reverendo, hanno aiutato gli schiavi a fuggire lungo la cosiddetta ferrovia sotterranea, a metà del 1800; ancora, la Greenville University è stata fondata come Almira College, un college femminile, nel 1855. L'ex professore di storia della GU Donald Jordahl ha scritto che l'Almira College era "una delle prime estensioni a ovest di un'idea orientale favorevole all'istruzione femminile, un primo passo verso il suffragio e il movimento di liberazione delle donne". Le donne nella contea di Bond poterono votare per la prima volta nel 1914. 

Prima, Lincoln e Douglas tennero discorsi qui in città ed ebbero gran seguito e sostegno di folla. anche Reagan e Obama han tenuto qui dei discorsi, ma non era già più il tempo dei grandi comizi di piazza.




Noi arriviamo al motel designato (the cheapest, the best), il Red Carpet, come sempre ci capita gestito da un Punjabi dal fortissimo accento. Un omino gentile e premuroso, che ci dà una stanza ampia e confortevole. Usciamo a far spesa al solito benzinaio e lo spettacolo del cielo è una meraviglia di colori e luci, tra il sole che tramonta e la luna già alta.



al benzinaio i commessi, che prima ci guardavano storti e tenevano d'occhio i nostri movimenti, trovano il coraggio di chiederci chi siamo e come sia possibile che due così secchi mangino tanto. Allora spieghiamo tuttecose e si fa un poco di conversazione. Va sempre così: ci vedono un po' risciati e sporchelli, stranieri e subito pensano che abbiamo cattive intenzioni. Poi si parla e son sorrisi e ammirazione, gentilezza ed entusiasmo.


Meno entusiasti siamo noi dei nuvoloni neri, bassi e arrabbiati che si avvicinano di gran carriera. Nel giro di poco iniziano a illuminarsi di lampi, attriti elettrici di grandiose masse d'aria umida che collidono. Non è un bel segno. Hanno una forma strana, quelle nuvole. A Gigi viene in mente di guardare il meteo e tutti i siti, compreso quello del governo, danno due allerte: tornado e alluvioni/esondazioni. Dove? Proprio qui. In un'area che va da St. Louis a 100km ad est di dove ci troviamo. Mi premuro di leggere la guida "Cosa fare in caso di tornado". E' tutto organizzato: quando suonano le sirene, si va nel più vicino shelter o al piano più basso di un edificio in muratura. Perfetto. Speriamo non succeda nulla, non ho mica voglia di far lo slalom tra terremoti (a Los Angeles), esondazioni (in Missouri) e tornado, qui!


13/8
Greenville-Greenup
125km

Durante la notte vengo svegliata dal fortissimo rumore di pioggia e tuoni, vento e rabbia celeste che si riversa su questo povero mondo inerme. Piove, ma non in maniera normale. Nemmeno si può dire che piova forte. Diluvia come dicono accadde ai tempi di Noè. Le strade sono allagate e il vento trascina l'acqua in onde e correnti. Dice male, malissimo! Speriamo che si sfoghi mentre dormiamo, e domani ci lascino in pace gli dei del tuono e del fulmine.

Così accade. Ci svegliamo presto che ancora pioviggina, ma nel tempo di far colazione e richiudere le borse tutto si asciuga e, addirittura, esce un timido solicello. Non fa freddo, anzi, l'umidità è alle stelle e si gronda di sudore. Il vento è contrario, ma debole. Non diciamo nulla e tiriamo un sospiro di sollievo.
Prima di partire bisogna decidere quale strada percorrere. Come dicevo già ieri, qui ce ne sono sempre almeno 3 che corrono più o meno in parallelo: la Interstate 70, arteria immensa di traffico veloce. La 40, una provinciale che non conosciamo ma ci fa un po' paura, e le stradine secondarie che fanno lo slalom tra ruscelli e campi. Vorremmo percorrere queste, ma il navigatore mi si impalla proprio sull'uscio e, senza, è impossibile seguire questi sentieri. Allora, mentre riconsegno le chiavi della stanza, chiedo al buon indiano delucidazioni, visto che mi ha fatto lui per primo alcune domande sul nostro viaggio. Mi dice che la 40, che è dritta, facile, più corta e più piana, in bici va bene.
Non so se fidarmi: lui è indiano, in India le cose funzionano in un altro modo. In un altro mondo. Però si fa di necessità virtù e si imbocca questa benedetta 40.




Non avremmo potuto fare di meglio. La strada è quasi deserta e a traffico limitatissimo: i più vanno sulla I-70, che è gratis e consente di spingere sull'acceleratore. Quindi ha il vantaggio delle stradine secondarie, ma, in meglio rispetto a quello, ha una sede più ampia e un bordo più comodo su cui stare. E' più breve e piana e taglia nel mezzo tutti i paesini, consentendo comode soste. Viva la 40! Ci porterà, ora che la sappiamo pedalabile, spediti fino a Indianapolis.
Inoltre, come avremo modo di constatare anche oggi, qui in Illinois le persone al volante son tutte super gentili e rispettose, passano larghe, dan la precedenza, non suonano mai il clacson nè ci smadonnano dietro, anzi, si interessano, chiedono, si entusiasmano o semplicemente mettono fuori il pollicione-like dal finestrino. Brava gente in questa terra di democratici. Mi piace assai. E pure le ruote scorrono bene, su una strada solo poco inclinata, morbida, asfaltata e pulita.

La prima città che raggiungiamo è Vandalia.



Superato il brontosauro-dragone con cappello alla zio Sam e bandiera che sbuca dai campi



e lasciata alle spalle anche la commercialissima intersezione tra 40 e I-70, con i vari fast food e la loro gara a chi ce l'ha più lunga (l'insegna)



iniziamo a vedere i primi segni della presenza di Lincoln, figuri di cui qui in Illinois tutti son molto orgogliosi.









Tra casette storiche e quartierini curatissimi raggiungiamo la Statehouse di quando Vandalia fu capitale dello stato e vide il giovane Lincoln muovere i suoi primi passi nella carriera politica.






Vandalia è stata fondata nel 1819 come nuova capitale per l'Illinois. La capitale precedente, Kaskaskia , non era adatta perché era sotto la costante minaccia di inondazioni. Poi fu presto spostata a Springfield, che era divenuta il centro più popoloso.
Lincoln qui tenne diversi discorsi, tra cui uno del 1837 contro la schiavitù. Lavorò anche a diversi ambiziosi disegni di legge. Qui ha assunto il suo primo incarico politico, insomma, ed ha iniziato ad occuparsi della cosa pubblica.
I residenti vanno molto orgogliosi di questa pagina della loro storia. Il locale campidoglio è stato ristrutturato e aperto al pubblico, come il centro storico e il parco dedicato al presidente più amato da questi americani.



le madri dei pionieri, la madonna delle piste ad Ovest








Dopo aver letto anche i fatto privati e più pruriginosi della vita di Lincoln, proseguiamo lungo la 40 attraverso Bluff city, dove, si dice, ebbe sede uno dei più grandi insediamenti di nativi americani precolombiani; non resta nulla. Si dice pure che i detriti dell'incendio di Chicago furono portati qui, nel 1871. Dal 1949 ospita una grandissima azienda di vendita di trattori e macchine agricole.



Subito dopo entriamo in Brownstown, la città maròn, e in effetti non è questa gran delizia e il colore le si addice.


Notiamo l'opera di un locale artista ignoto, che ha trasformato vecchie carcasse di auto e pezzi di una pompa di benzina in una fontana-scultura, nel suo giardino.



Poi facciamo sosta nel benzinaio più sgrauso della contea, gestito da un indiano che se la ride di gusto e ci fa il verso, mimando lo stare in bici tutto il giorno in salita e in discesa. Ma non lo fa con cattiveria ed è simpatico. Lo stesso accade con una moltitudine di tipi umani, tutti lombrosianamente interessanti, dal tossico al tatuatissimo, a quello che ha una sventagliata di fori di proiettile sulla portiera dell'auto. Sembrano, e probabilmente sono, brutti ceffi che escono da una degradata serie di mobilhome dove spiccano le bandiere dei sudisti. Ma son tutti molto gentili ed educati e conversano amabilmente con noi di viaggi e sport.


Mi cade l'occhi anche sulle pubblicità appese alla vetrina del benzinaio (per fotografare le quali inciampo in un basello e mi rovescio addosso tutto il caffettone, tra improperi che non si possono scrivere).

In primis la pizza che ha una regola: nessuna verdura ammessa. Lotsa meat pizza. Roba da tapparsi l'intestino e defecare al quindicesimo giorno dal pasto.


E poi l'insieme di merce pubblicizzata, che va dalle esche vive alla lotteria alla suddetta pizza. Tutto insieme. Dalla vetrina si vede anche che dietro al bancone il paron si scaccola forte.



Via di nuovo tra le stradine di campagna, interrotte ora da un bosco, ora da una fattoria.


Passiamo Avena, St Elmo e Altamont, tutte fondate nel 1871.

La leggenda dice che Griffin Tipsword venne a vivere con gli indiani Kickapoo , che erano indifferenti alla venuta di un uomo bianco. Tipsword era bianco di nascita e indiano di adozione. Era un pioniere, un predicatore missionario, un cacciatore e un uomo di medicina tra gli indiani. Il cognome di Tipsword era Sowardsma si era ribattezzato dopo essere giunto in Illinois. Tipsword era un veterano della guerra rivoluzionaria. Morì nel 1845 e fu sepolto sulle rive del Wolff Creek (cimitero della famiglia Tipsword, Effingham), lasciando tre figli, John, Isaac e Thomas, che lasciarono molti discendenti nell'area.
Altamont, la "Città della Pianura", fu fondata a Mound Township , considerata la borgata più ricca e migliore della Contea di Effingham, essendo principalmente praterie e terreni agricoli, che scendva leggermente lungo Big Creek, Coon Creek e Second Creek. Mound Township fu presto colonizzata da immigrati tedeschi dal Reno provenienti da Pennsylvania e Ohio.






Lasciate alle spalle anche Dexter e Funkhouser



Arriviamo finalmente a Effingham. Sono le 14.30, dobbiamo ancora pranzare e abbiamo già percorso 85km. E' ora della pausa!

Questa città ospita la croce più alta degli Stati Uniti, the cross at the crossroad, 198 piedi di roba. La vediamo in lontananza sbucare tra le fronde degli alberi.
Fondata nel 1814, prende il nome da un generale nonchè geometra locale, il sciur Effingham. La si ricorda per un college, aperto a metà '800 e chiuso durante la Grande depressione, e per l'incendio dell'ospedale, nel 1949, che causò la morte di 74 persone ma il conseguente miglioramento, a livello nazionale, delle norme antincendio.
Noi ci pappiamo panini e gelato consueti e chiacchieriamo un po' con la gente che passa e chiede del nostro viaggio, incuriosita.


Si riparte e si attraversa Teutopolis, la città dei tedeschi, fondata nel 1839.
Wikipedia spiega: "Teutopolis non si è evoluta come il sottoprodotto accidentale di una stazione commerciale, una chiesa, una locanda, una stazione di collegamento per autobus di linea o un incrocio di strade o ferrovie, ma è stato il risultato di molte riflessioni e controversie, economia ostinata, indagini, pianificazione e una grande quantità di pazienza. Clemens Uptmor del ducato di Oldenburg e Regno di Hannover , in Germania , arrivò negli Stati Uniti nel 1834 insieme a suo fratello Herman H. Uptmor e alcuni compagni. Si stabilirono prima a Cincinnati, la porta verso ovest per i cattolici tedeschi. Nel 1837 formarono una compagnia per l'acquisto di terreni governativi sotto il nome di "Deutsche Land-Compagnie oder Ansiedlungsgesellschaft". John F. Waschefort, Clemens Uptmor e Gerard H. Bergfeld furono nominati per trovare un luogo adatto all'insediamento. Il comitato si oppose alla scelta del Missouri a causa della schiavitù e fu scoraggiato dall'insediamento nella zona al centro-nord dell'Illinois a causa delle paludi e del suolo infertile. La parte nord-est della contea di Effingham fu scelta invece per i boschi, gli altipiani ben drenati e l'abbondante cacciagione.
E così nacque la città dei Teutoni, che ha per simbolo lo zoccolo di legno.




Non manca una bellissima scuola, come tutte sono qui, con il mega impianto sportivo curatissimo. Proprio come da noi! A propos, qui molti studenti tornano sui banchi il 14 agosto, cioè domani. E' scritto nei vari cartelloni a lettere cubitali nei giardini degli istituti. E ieri abbiamo pure beccato una "meet the teachers night". Cari colleghi, non vi invidiamo. O forse sì.



Oltre alla scuola, i germani hanno messo un gran silos




e una altrettanto grande chiesa, dedicata a San Francesco d'Assisi.




Noi tiriamo dritti: oggi, per la strada buona e le condizioni fauste, riusciamo forse ad arrivare a un orario decente.


Raggiungiamo Montrose, dove avevo pensato inizialmente di far tappa per via di un interessante campeggino, ma abbiamo ancora energia da spendere e decidiamo di proseguire.






Arriviamo infine a Greenup (1834), dopo una piacevole giornata tra le campagne dell'Illinois, tra green(ville) e grenn(up); qui piantiamo le tende.


Dopo varie microconversazioni, con i passanti e al supermercato (una tipa di colore ci dice che abbiamo una bella abbronzatura, migliore di quella che si ottiene con le lampade. E non sa quanto siamo orribilmente a strisce, invece!), guardiamo la strada per domani.
Mannaggia, già si esce dall'Illinois! Mi trovavo così bene qui. Strade tranquille e facili, temporali solo notturni e persone gentili e affabili. Davvero, dispiace andarsene già. Ma l'Indiana ci chiama. Entrermo già domani nel nuovo stato, sempre sulla 40, passando per Terre Haute.
Dopodomani invece raggiungeremo Indianapolis, Indy per i locals, e lì ci fermeremo un giorno. Iniziamo ad essere abbastanza in anticipo, e questo ci consente di non correre, di fare tappe umane e di visitare con più calma i luoghi. Indianapolis, oltre alle architetture e ai monumenti, ha un paio di musei che mi intrigano: quello della guerra di secessione e quello dedicato alla seconda guerra mondiale. E poi pare sia una delle città più bike-friendly d'America!
Domani, passato il confine dell'ottavo stato, porteremo le lancette avanti di un'ora. Dispiace perdere così il tempo, ma le giornate si erano fatte davvero troppo, troppo corte. Il sole oggi è tramontato alle 20, roba già da autunno.
Dunque, ciao Illinois. E' stata una parentesi breve ma intensa e felice!

Se partirai per Itaca
ti aspetta un lungo viaggio
un mare che ti spazza via
i remi del coraggio
la vela che si strappa e il cielo
in tutto il suo furore
però per navigare solo
ragazzo, basta il cuore 
qui si tratta di vivere
non di arrivare primo
e al diavolo il destino

E se non potrai correre
e nemmeno camminare
ti insegnerò a volare...
(a proposito di Indianapolis)

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