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Alle spalle il maestoso Registan, ci
avviamo verso la moschea Bibi-Khanym, che cela forse una storia d'amore. Nel XV secolo è stata una delle più
grandi e più belle moschee del mondo islamico. Entro la metà del XX secolo,
solo un rudere grandioso è sopravvissuto, ma ora le parti principali sono state
restaurate.
Le cupole e i minareti alti spiccano oltre i
localini tipici di cucina tradizionale, prima del gran bazaar di frutta secca e
spezie, focacce di non e dolci.
Dopo la sua campagna indiana, nel 1399, Tamerlano
decise di intraprendere la costruzione di una moschea gigantesca nella sua
nuova capitale, Samarcanda. La moschea è stata costruita usando la ricchezza
saccheggiata durante la sua conquista dell'India. Quando Tamerlano tornò dalla
sua campagna militare nel 1404 la moschea era stata quasi completata. Tuttavia il
sovrano non era felice dell'avanzamento dei lavori, quindi aveva subito fatto
vari cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda la cupola maggiore.
Dall'inizio della costruzione, si rilevarono problemi
di staticità della struttura. Varie ricostruzioni e rinforzi furono intrapresi
al fine di salvare la moschea. Tuttavia, dopo qualche anno, i primi mattoni
avevano cominciato a cadere fuori dalla grande cupola, sopra il mihrab.
Tamerlano volle comunque portare avanti i lavori.
Alla fine del XVI secolo il Khan Abdullah II
(1533-1598) fermò tutti i lavori di restauro della moschea. Questa iniziò a
crollare su se stessa, diventando una rovina mangita dal vento, dal tempo e dai
terremoti. L'arco interno della costruzione del portale rovinò nel 1897. Nel
corso dei secoli i resti sono stati saccheggiati dagli abitanti di Samarcanda
in cerca di materiale da costruzione, soprattutto di mattoni delle gallerie in
muratura lungo le colonne di marmo.
Una prima indagine di base per garantire la sicurezza
delle rovine è stata fatta in epoca sovietica. Verso la fine del XX secolo il
governo uzbeko ha iniziato il restauro di tre edifici a cupola e del portale
principale. Nel 1974 il governo sovietico uzbeko ha iniziato la complessa
ricostruzione della moschea. La decorazione di cupole e facciate è stata
ampiamente restaurata e integrata. I lavori per il restauro della moschea
continuano tuttora.
La moschea segue il piano del cortile. Le sue
pareti esterne racchiudono un'area rettangolare che misura 167 metri di
lunghezza e 109 metri di larghezza e corre in direzione della Qibla.
Quattro minareti agli angoli esterni del sito
sono stati restaurati. Altri quattro minareti, più maestosi che fiancheggiavano
l'arco del portale l'ingresso e la Pischtak dell'edificio principale a cupola
non sono state ancora completate.
Nel mezzo del cortile si trova un
piedistallo di pietra per contenere il Corano, fatto di pregiati blocchi di
marmo decorati. Questa notevole scultura è dell'epoca di Tamerlano. Secondo la
locale tradizione, se una donna cammina carponi sotto il piedistallo del
corano, avrà molti figli. Infatti noi abbiamo visto una ragazza eseguire questa
sorta di rituale di fertilità.
L'enorme moschea di Bibi Khonym con le sue tre
sale a cupola, le gallerie coperte e il cortile aperto era destinata a
raccogliere l'intera popolazione maschile della città di Samarcanda per le
preghiere comuni del venerdì.
Aluni ritengono che questa
gigantesca moschea in rovina sia stata costruita dalla moglie mongola di Tamerlano,
Bibi-Khanum, mentre Tamerlano era lontano, in guerra. Chi crede che Bibi-Khanum
fosse una nipote di Gengis Khan non si rende però conto che egli morì almeno
duecento anni prima.
Secondo la leggenda, l'architetto
s'innamorò follemente di lei e rifiutò di completare il lavoro se ella non
avesse acconsentito a baciarlo. Il bacio lasciò tuttavia un segno e
l'oltraggiato Tamerlano ordinò di uccidere entrambi e decretò che da allora in
poi le donne del suo impero portassero il velo secondo lo stile arabo. Ma le
speranze romantiche sono condannate alla delusione: non c'è alcuna fonte
affidabile che menzioni una moglie di Tamerlano che fosse nota col nome di
"Bibi-Khanum" (che letteralmente significa "donna-donna" in
persiano). La più anziana moglie di Tamerlano, una vecchia potente donna
chiamata Saray-mulk Khanum, in onore della quale fu battezzata la moschea, non
richiama alla mente la bella eroina dell'affascinante fiabesca storia.
Di fronte alla moschea si eleva
il mausoleo omonimo, dal quale si gode una discreta visuale sul bazaar e sulla
grande necropoli che copre l’intera collina di fronte,
Al mercato cambiamo al nero
ancora un po’ di euro, erchè qui in Uzbekistan i prezzi sono meno pop che in
Iran e Turkmenistan: un buon B&B costa 20 euro a cucuzza e una cena tra i
5e i 10. Un ragazzetto si prende le nostre poche banconote e torna con una
borsa piena di sum, 8500 per ogni euro.
Poi ci si ferma un poco a
riposare e Raymond si scofana un piatto di plov con carne d’agnello e
albicocche su un monte di riso speziato. Io mi limito al tè e all’ombra dolce.
Si riparte. Raggiungiamo la
piccola moschea dei viaggiatori, edificio dalla forma curiosa e bizzarra che
domina la collina della necropoli. La struttura in sé è spoglia e minimal, ma
dal terrazzo si gode di una bella vista sulla moschea Bibi Khanum e in più vuoi
perderti il sacro luogo di sepoltura del fu presidente Karimov? La gente viene
qui a venerarlo e ci son persone in strada che vendono le sue foto e dei cd con
documentari celebrativi e libretti apologetici. Na robba. Post sovietici, da
queste parti non ce l’hanno fatta con la democrazia. Che sberleffo della
storia.
Ci dirigiamo infine a visitare il
cimitero, grande e disordinato. Le tombe, alcune recenti, alcune del secolo
scorso, altre ottocentesche, si affastellano in malo modo qua e là sulle
colline, mentre qualche cane randagio fa pipì sulle lapidi. Non ci sono foto ma
ritratti incisi, chè l’iconoclastia va bene ma con riserva.
Io sono attratta da alcune cupole
che vedo più avanti e percorriamo i vialetti del cimitero fino a raggiungerle;
qui un salto di un paio di metri, un muro rovente con bordi in metallo, ci
separa dal raggiungere le strutture che ormai mi incuriosiscono troppo.
Dopo uno sguardo d’intesa,
saltiamo giù. Percorriamo pochi metri e ci troviamo nel bel mezzo dello Shah-i-Zinda,
insieme di mausolei e altri edifici rituali dei secoli IX-XIV e XIX.
Ovviamente ci sarebbe un
biglietto da pagare all’ingresso ma ormai… Con nonchalanche iniziamo a visitare
le sepolture e i monumenti, mescolandoci ai numerosi turisti presenti. Oh, non
s’è fatto apposta. E’ capitato!
Il nome Shah-i-Zinda significa "Il re vivente" ed è
collegato alla leggenda secondo cui Kusam Ibn Abbas, il cugino del profeta Maometto
sia sepolto qui, come se fosse venuto a Samarcanda con l'invasione araba nel
VII secolo a predicare l'Islam. Le leggende popolari dicono che è stato
decapitato per la sua fede. Ma egli prese la propria testa e andò nel pozzo
profondo (il Giardino del Paradiso), dove sta ancora vivendo, con la testa
sottobraccio.
Il complesso di Shah-i-Zinda si è
formato in più di nove secoli (dal XI al XIX) e ora include più di venti
edifici.
L'ensemble è composto da tre gruppi di strutture:
inferiore, medio e superiore, collegati da quattro arcate di passaggi a cupola
chiamati localmente chartak. I primi edifici risalgono ai secoli XI-XII.
Principalmente le loro basi e le lapidi sono rimaste tutt'ora. La maggior parte
risale ai secoli XIV-XV. Ricostruzioni dei secoli XVI-XIX non hanno cambiato la
composizione e l'aspetto generale.
Dopo la visita usciamo e ci facciamo pure una
grassa risata alla faccia delle prescrizioni per entrare nel sacro luogo,
ancora sotto le zampine appiccicose della religione, che un po’ ha mollato i
vivi, ma i morti proprio no. Dico a Raymond: “Hai fatto le abluzioni rituali?”
e ce la ghignamo all’idea che manco il biglietto abbiam pagato, zompando dentro
alla freschissima.
E così si è conclusa la visita di Samarcanda.
Siamo rientrati in hotel a riposare, Raymond ha inviato cartoline ai suoi amici
ed è persino andato a tagliare i capelli. Ora è più pelatino di me! Abbiamo
anche organizzato i prossimi giorni: tra qui e Tashkent, la capitale uzbeka, ci
sono 320km circa. Domani faremo sosta a Jizzex, e dopodomani a Gulistan, mentre
la terza sera saremo nella city. Sono tutte tappe facili, piuttosto piane e sui
100km, che terminano in città dotate di strutture ricettive. L’Uzbekistan pare
fatto apposta per essere scoperto in sella alla bici! Dovremo solo fare
attenzione a non seguire l’autostrada perché entra per un tratto in Kazakistan,
ma il nostro visto uzbeko ha solo un ingresso e giià lo abbiamo usato. Basta
menati in confine, por favor!
CHILOMETRI...
RispondiEliminaI chilometri son tanti
cinquemila o anche di più,
certe volte un po’ estenuanti
servon gambe di caucciù!
Samarcanda si allontana
ora c’è il Kirghizistan,
anche questa è terra arcana
troverò forse il Gran Khan?
Ma va là, quello era in Cina
chissà quanto tempo fa!
Studia storia la volpina
queste cose lei le sa.
Ora arrivan le montagne
e scherzare non si puó,
giù la testa, niente lagne,
dopo vi racconterò...