sabato 18 agosto 2018

50-51. 60km di discesa con FRENI GUASTI e KAZARMAN, la città più isolata del Kirghizistan



16/8/18

Faccio due premesse.
La prima, minore: scrivo usando una VPN perchè Beeline, la compagnia telefonica russa di cui ho la sim kirghisa, o il governo di questo bel paese dove il "da" suona, han deciso che blogger è un sito pericoloso pieno di volpi terroriste e spie.
La seconda, maggiore: sono contenta e stupita di essere viva. Davvero una cosa da non crederci. Adesso spiego.

Se escludiamo raffreddore e tosse che mi han reso impossibile la nottata, e se escludiamo i cavalli che, intorno alle 5, han tentato di mangiarsi tenda e sacchetti, la giornata è iniziata benissimo, con un panorama mozzafiato ed i primi pastori in sella a portar le mandrie al pascolo.



Sotto lo sguardo vigile dei cani abbiamo fatto colazione ed il sole già scaldava; nulla a che vedere con il freddo calato insieme alle tenebre, ieri notte. Sul passo ci sono dei piccoli laghi


e davanti la strada da fare, tutta in discesa





alle spalle, invece, quella già fatta, salendo ieri fin quassù





Davanti a noi già si intravede la valle del fiume Naryn, omonimo della cittadona da cui non passeremo, dove però scenderemo già oggi per portarci a Kazarman, la città che per 7 mesi all'anno è isolata dal resto della nazione dal ghiaccio che blocca i passi, tutti a 3000 metri, che conducono qui.






Il problema di oggi è stato uno e semplice: entrambi i freni della Signora erano completamente fuori uso. Da un giorno all'altro, bam, andati. Me ne sono accorto dopo i primi 2 metri di discesa, perchè le leve eranno molli molli e la bici continuava a prendere velocità come una biglia sul piano inclinato. Ora comprendo i disegnetti dei problemi di fisica al liceo, la storia degli attriti e dell'accelerazione. Ora comprendo. In breve, se prendi una bici carica, la metti su una strada che scende a tratti anche al 15%, e la strada è sterrata male, e ci sono i tornanti, la soluzione è che muori.



Sotto di me in questa bellezza sconfinata d'azzurro brillante vedevo la strada correre, sempre più tortuosa e mortale. Me la son cavata un po' camminando, un po' usando il poco di freno posteriore rimasto, un po'bestemmiando e soprattutto mettendo giù il piede tipo Flintstones.





Tutto molto bello, davvero. Ma io ho passato le peggiori 10 ore della mia vita. Un incubo reso realtà.




Il povero Raymond è stato costretto ad aspettarmi per ore e ore, scendendo pianissimo; io venivo giù a tratti a 5km/h, per non prendere velocità, a tratti, brevi, a 80, quando non riuscivo a metter giù il piedino a dovere.


Nella terrifica discesa abbiamo incontrato, man mano verso valle, sempre più yurte e pastori, e cavalli e mucche. Pare che da questo lato la ger sia ancora preferita ai container arrugginiti, come soluzione abitativa.





selfie con un gruppo di kirghizi su Lada sovietica che si son fermati per stringerci la mano





Una parentesi sui bimbi delle famiglie di pastori nomadi: state lontani. Non vedono l'ora che passi qualche turista per corrergli incontro e iniziare a toccacciare tutto, chiedendo soldi o regali. Il problema è che, se all'inizio lo fanno in maniera carina, poi passano al piagnucolio finto, per finire con l'aggressività. Si appendono al manubrio e alle borse e cadere è un attimo. Non è bello nè simpatico, capisco tutto ma ciò non toglie che sia meglio stare lontani.





Finalmente, FINALMENTE, la prima discesissima finisce. E arrivo in valle tutta intera. Ho i capelli dritti ed emano fulmini dai pori della pelle, non ho un muscolo che non sia dolonte ma sono riuscita a non cadere.

Purtroppo la valle non è una valle ma un susseguirsi di colline e saliscendi con strada terribile, in salita per la fatica e il rischio di rotolare in terra con sabbia e sassi che franano. In discesa uguale, chè non ho i freni sant'Iddio!













Dopo aver sbroccato contro il povero bretone che, fin da subito, mi aveva avvertita a riguardo dei freni a disco idraulici, troppo delicati e difficili da riparare qui (lui monta dei normalissimi v brake), dopo infinite soste e pezzi a piedi, dopo interi rosari snocciolati, arriviamo all'ultima valle. Io ho sempre il raffreddore e inizio a santire delle coliche preoccupanti. Forse lo stress, forse l'acqua malsana. Incontriamo di nuovo i due francesi che avevamo superato fuori Osh: loro in discesa filano via, con i copertoni giusti e nessun problema meccanico. Si aggiungono altri tre, che conoscono i francesi fin dal Tajikistan. Siamo un bel gruppone. Raymond vorrebbe far salotto ma finchè il mio culo non è Kazarman sento il soffio della morte sul collo. E non dico per dire.



I campi d'oro di spighe al vento sono un segnale: siamo scesi verso il Naryn, in valle.


E infatti, a distanza, ecco le prime case. Mi aspettavo qualcosa di più, visto che questa città ha pure un aeroporto, ma chi se ne frega. In più per qualche kilometro fuori da Kazarman c'è strada asfaltata e in costruzione. Le ultime salite e discese sembrano quasi fattibili. E le facciamo. 




Arriviamo in uno dei molti ostelli del CBT, l'ente turismo kirghiso che offre riparo, informazioni e tour organizzati. E' pieno di gente, per lo più italiano che viaggiano su van con autista; due sono in bici. Poi ci son motociclisti spagnoli, olandesi e australiani. E altre gente imboscata in ogni dove. Noi finiamo a dormire in un salotto, tra tavolo e sedie, quasi in mezzo al corridoio di transito. Ma siamo talmente stanchi che va bene qualunque cosa.

Ora si pone un problema: con la Signora così sfrenata non posso proseguire. Qui a Kazarman, come in tutto il resto del Kirghizistan, non ci sono negozi di bici ed officine, se non, forse forse, a Bishkek.I due ragazzi italiani in bici mi dicono che loro hanno delle pastiglie di ricambio e domattina possono dare un'occhiata. Se si tratta di spurgare la trasmissione (non ho perso olio ma magari è entrata aria) un meccanico d'auto può aiutare. Altrimenti dobbiamo andare in bus nella capitale e da lì ripianificare tutto. Sinceramente, spero di no.

17/8/18

Signore, signori. buone notizie! Habemus freni. Due e funzionanti. Riparare è stato rocambolesco e allucinante, e certo il risultato non è quello che produrrebbero i Boglia, i miei punti di riferimento per qualunque cosa riguardi la bici. Però possiamo proseguire il viaggio. E son felice! Anche se ho sempre tosse e rafreddore e cagotto postprandiale. Amen. Passeranno. Tutto passa.

Stamattina in ostello ci han detto che le pastiglie dei freni qui non si trovano. I ragazzi italiani, gentilissimi, han provato a metter le loro ma erano di una misura diversa. Comunque quelle del freno anteriore erano ancora in ottime condizioni, e le abbiam messe al posteriore, e viceversa. Con un minimo spurgo il freno dietro è tornato a funzionare, magia magia. Quello davanti invece nulla. Sicchè, in bici, abbiamo girovagato in città alla ricerca di un meccanico di auto che potesse spurgare e rabboccare la trasmissione idraulica. Giunti all'officina, troviamo il proprietario intento a smanettare su alcune bici.



E i veri meccanici, tutti di età compresa tra i 10 e i 16 anni, intenti a riparar motori e risanar vecchi catorci e resuscitare morti. Sono tutti molto svegli e bravi e capiscono al volo il problema. Però mi dicono che non hanno gli strumenti adatti per far quel che si deve. Allora lampo di genio. Uno di loro ha una bella biciclettina con dei freni a disco Shimano, compatibili con i miei. Sono meccanici e non idraulici ma tanto fa. Un po' a malincuore il giovane proprietario della bici mi dice che può far scambio e prendersi il mio freno e darmi il suo. Affare fatto. 


Smanettano assai, poi mandano uno a comprare una leva del freno che possa stare sul mio manubrio (quella della bici da cui vien tolta non va bene). Poi smanettano ancora. Poi si prova ma il freno resta sempre tirato. Si riprova e, alla fine della mattinata, il miracolo: funziona! 


Faccio qualche giro di prova e, benchè debba prender la mano sul nuovo freno, più lento ma più secco nel chiudersi, vedo con somma gioia che, se devo fermarmi, posso fermarmi, e se devo rallentare, posso non schiantarmi giù da un tornante. Bravi ragazzini! Bravi davvero. Posso proseguire il viaggio. I 20 euro che mi chiedono per il lavoro glieli lascio più che volentieri. Bravi bravi bravi. Son contenti pure loro e orgogliosi. Nelle ore trascorse insieme ormai siamo diventati amici.

Con il cuore leggero torniamo in ostello. A questo punto, oggi ci fermiamo qui e facciam spesa per i prossimo 150km di montagne e nulla. E domani ripartiamo in direzione Song-Kol, il lago in quota che è il cuore azzurro del Kirghizistan.

Faccio qualche foto all'ostello perchè è piuttosto pittoresco:

la yurta dove si mangia tutti insieme

la stalla dove si fa seccare lo sterco che si usa come combustibile nelle stufe



un'immancabile takhtana

il recinto con pecora (nell'ombra), parabolica e fieni profumato

il freno nuovo ed esteticamente riprovevole, ma funzionante

Dopo aver lavato il lavabile, curato le ferite (mi son cacciata un dente dell'ingranaggio del cambio dritto dritto dentro alla caviglia, con tanto di grasso e conseguente nuovo tatuaggio); dopo aver scritto, letto, studiato e riposato, andiamo a fare shopping nelle vie del centro di Kazarman.

Si può dire sia ormai una sorta di città fantasma. E' la più triste, polverosa, malmessa e provinciale buca aperta in Kirghizistan. E' stata costruita dai russi per dar casa ai minatori che grattavano l'oro dalle montagne qui intorno. Poi la miniera ha esaurito il prezioso metallo ed anche la città è andata morendo. Ci sono meno di 10.000 abitanti sparsi tra yurte nelle paludi circostanti e palazzoni sovietici di puro cemento sbrecciato. L'aeroporto è chiuso dal 2012. Da settembre a marzo non si può nè entrare nè uscire dalla città perchè i passi son ghiacciati, e comunque le strade son sterrate e terribili: o con una 4x4, o a dorso di mulo. O in bici ovviamente. Gli abitanti di qui sono considerati tra i più rudi e grezzi bevitori di vodka. Ma si capisce: per dimenticare di esser nati qui.










Il centro è costituito da questa fatiscente Dom Kulturiy, che un tempo fu anche cinema e teatro. Oraè l'ennesima cosa brutta che si cede addosso. Ma davanti ci sta la statua del fantino kirghizo, accanto quella dei delfini. che incastrano molto, devo dire.




Andiamo a far spesa nel supermercato più grande e lussuoso della città, perchè nei negozietti TUTTA la merce è scaduta da 6 mesi, se va bene, o un 1 anno. Oggi, spazientita, ho mostrato alcune confezioni di latte condensato alla proprietaria e lei ha semplicemente soffiato via la polvere dalla bottiglia, per ridarmela in mano sorridendo. Poi dici il cagotto. Vedrai! Si va ad aggiungere al fatto che, in ostello, il cibo vien lasciato ore ed ore al caldo, con tutti gli insetti che ci sguazzano sopra. E che le cose sbocconcellate vengono raccolte dal tavolo e rimesse nei vassoi e riproposte all'infinito. Eviti il biscotto mozzicato tre giorni fa da un bambino purulento e ti becchi quello con due dita di muffa verde. E allora ditelo!


Il supermercato offre la pasta di riso locale, che è confezionata così, che paion fascette o fili di plastica



e la BELISA, la nutella kirghisa. Questa è scaduta SOLO a gennaio di quest'anno. E no signori, non è la data di confezionamento. Ho studiato attentamente.


Vendono pure assorbenti e pannolini uno ad uno, con le confezioni aperte a prender polvere. Frutta niet, miele niet, marmellata solo acqua colorata di rosso. Vabe', un po' di noodles e tonno in scatola, biscotti e caffè e per i prossimo 3-4 giorni siamo a cavallo.

Domani ripartiamo in direzione Naryn. Abbiamo 100km con un passo in mezzo di circa 2600m e altri saliscendi. Questa strada, due anni fa, fu completamente lavata via dagli acquazzoni. E qui stasera tuona e lampa minacciosamente. Sperem! Poi, da Ak-Tal, villaggio che gli altri viaggiatori dicono essere così piccolo che nemmeno si riconosce come agglomerato urbano, iniziamo a risalire il doppio passo 3000 e 3100 metri, in 50km, fino al lago Song-Kul. Qui ci sono delle yurte che offrono alloggio e probabilmente approfitteremo. Poi sarà ora di scendere e tornare su strade più pedalabili e meno rampichine. Muoviamo verso l'Issyk-Kul, l'enorme lago che fa da mare per tanti russi e kirghizi. E poi dritti alla capitale. Ma da qui sono ancora 470km, quindi con calma.

Ancora, i prossimi giorni sarò senza internet probabilmente. Controllate ogni tanto, che la volpe ricompare!

1 commento:

  1. I FRENI DELLA VOLPE
    La Volpe è un po’ malata
    e ha rotto pure il freno,
    vien giù bella sparata
    che sembra un autotreno.
    “Rallenta c’è il burrone!”
    “L’ho visto ma non frena,
    son già in agitazione
    sto mica a fare scena…”
    Raimondo bello bello,
    coi freni di una volta
    vien giù come un pischello
    con aria disinvolta.
    Il freno a disco, amici,
    è cosa giusta e buona
    ma per andare in bici,
    non sempre ti funziona.
    Son meglio due gommini,
    li cambi in un minuto
    san farlo anche i bambini,
    riparti e ti saluto!



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