venerdì 28 giugno 2024

0. Thailandia, Malesia, Singapore in bici. Monsoni, buddha sorriso di pietra, finitudine e un logos che ritorna

 28/06

traccia assolutamente indicativa che mi piace soprattutto
perchè la linea sembra un palloncino a forma di cuore 


Ed ora qui vi saluto,
torno alla mia casa, ai miei sogni
[…] Non sono che un poeta
e vi amo tutti, e vago per il mondo che amo
[…] Io qui non vengo a risolvere nulla.
Sono venuto solo per cantare
e per farti cantare con me.

Da giorni mi frullano in testa queste parole di Neruda, della sua “Ode alla pace”. Sarà per i mala tempora che corrono, tra guerre e genocidi, sarà perché un nuovo viaggio sta per cominciare. Destinazione: Thailandia, Malesia, Singapore. Non sono mai stata nel Sud Est asiatico. E questo già è grave di per sé. Ma una ragione forte che questa volta mi ha spinta a dirigermi verso terre così tranquille (that’s what she said) è stata anche di natura meramente logistica. Fino a un paio di mesi fa non sapevo se sarei stata sola in questa avventura o se in Gigi si sarebbe di nuovo accesa quella scintilla di follia che da sei anni lo spinge ad imbarcarsi con piena fiducia nelle imprese partorite dalla mia mente di ulisside insonne a forma di volpe. Quindi, volendo organizzare qualcosa che avrei affrontato serenamente anche da sola, il mio sguardo è stato attratto da quella zona di mondo per me ancora inesplorata che è il Sud Est di un continente che già più volte mi ha vista pedalare sulla sua crosta spessa. Ma più a nord, e mai così vicina al primo sorgere del sole. Poi, in questi due mesi, Gigi ha deciso di essere dei nostri, e, nonostante i numerosi, continui e reiterati ripensamenti, alla fine pare che oggi sull’aereo saremo davvero in due. E ne son contenta! Il patto è che, qualora non dovesse sentirsela di pedalare tutti i quasi 6000km che ho previsto, può tornare a casa in qualsiasi momento senza remore di sorta. Il viaggio deve essere un piacere. Se la fatica supera l’appagamento estetico/estatico, non ne vale la pena. Ma sono convinta che Gigi ce la farà senza problemi, sempre che non decida di farsi monaco buddhista o di darsi ai full moon party delle spiagge dove il più vestito indossa solo un filo di brezza tra i capelli.

Si parte oggi, venerdì 28 giugno. La mia intenzione è quella di rientrare lunedì 2 settembre, con un volo che atterra alle 8.00 a Malpensa. Così posso essere traghettata dal primo Caronte che passa direttamente a scuola per il collegio docenti delle 10.00. Ma sono solo idee astratte: partiamo senza avere acquistato ancora un biglietto di ritorno.

Anche perché è così scontato che si ritorni?
Per come la vivo io, assolutamente no. 
Per due motivi. Il primo è che quando parto per questi viaggi so benissimo che potrebbe succedere qualcosa di grave. Potrei, insomma, morire. In realtà è più probabile che succeda a casa, per mero conto probabilistico, ma la guida a sinistra, all’inglese, il traffico di Bangkok e la condizione delle strade in questa stagione, che è quella dei monsoni, aggiungono qualche incognita ai miei calcoli persino nel "paese del sorriso".
Potrei non tornare, però, anche perché non voglio precludermi alcuna strada che potrebbe chiamarmi. Viaggi così cambiano la vita, e chi ha detto che il cambiamento debba avvenire solo dentro, a livello di conoscenze di sé e del mondo. Può anche essere una rivoluzione, una piroetta (pirlèta!) fuori dai perimetri del prevedibile. Mi piace così accettare l’imprevisto, l’accidente fortuito, chè comunque il grosso dell’esistenza si sostanzia proprio nel riuscire a far qualcosa di buono con le carte che la sorte distribuisce ogni giorno. O, per dirla in altro modo, nel riuscire a tessere una vita e a metter radice, se non persino a fiorire, nel caos che trascorre su cui surfa Eraclito. In ogni caso, visto che potrei non tornare, ho come sempre messo tutto in ordine prima di partire. E non parlo della casa o dei bagagli, ma delle persone. Ho salutato come volevo chi volevo salutare. Ho detto tutto a tutti coloro cui avevo qualcosa da dire, nulla rimane inespresso. Ho ascoltato. Dato e ricevuto tempo -che resta la moneta più preziosa in assoluto. Quindi sono in pace, e parto leggera, ma non vuota. Porto con me qualcosa che fa luce su tutto, e sono sguardi e parole e immagini raccolte in questo anno intenso, difficile a tratti… Ma la bellezza raramente è consolatoria.

Elucubrazioni sulla finitudine a parte (qualcuno diceva che la filosofia è “esercizio di morte”, e allora forse pure i viaggi affinano l’arte del distacco), due parole sui mesi che ci attendono. Ho abbozzato un percorso di massima, che subirà di certo numerose variazioni on the go. L’idea è quella di stare in Thailandia per circa un mese e mezzo, ed esplorarla per bene, da Bangkok verso est e poi su a nord, costeggiando il Mekong e spingendoci verso Chiang Rai e il fu Triangolo d’oro (dopo Perù e Messico, se non vado a cercare qualche snodo del narcotraffico non son contenta); da lì torneremo a sud, questa volta stando nelle regioni occidentali, passando per Chiang Mai e giù giù fino a raggiungere la costa e scendere lungo la penisola di Malacca (stando sul lato orientale che affaccia al Golfo del Siam, che parrebbe meno soggetto ai monsoni); poi entreremo in Malesia, e ancora giù sempre a sud verso Singapore, da dove presumibilmente ci imbarcheremo per tornare a casa. L’itinerario è, appunto, di massima, perché con il tempo ho imparato l’arte antica dell’improvvisazione: non voglio gabbie, vincoli e troppe prenotazioni di mezzo a intaccare la bellezza dell’inatteso, la sorpresa che genera meraviglia (il palpito puro da segnare con una X sulla mappa).

Siamo muniti di visto per la Thailandia, perché rimaniamo più di un mese; ottenerlo per sé è facile: si fa tutto online e costa solo 25 euro. Ma ho dovuto acquistare un biglietto aereo di uscita dal paese assolutamente farlocco, che non useremo, un Krabi-Singapore da 20 euro a metà agosto, e pure fare prenotazioni alberghiere altrettanto farlocche, che dovrò annullare, perché sono richieste per il rilascio del documento. E di fare tre settimane in carcere, sinceramente, non me la sento ancora, per quanto sono certa sia una experience come diciamo noi millennial quando ci capita qualcosa di terrificante e traumatico ma non vogliamo fare i fragili (solo esserlo).

Il resto della preparazione non differisce dal solito: la Signorina Felicita è imballata nel suo scatolone, dopo essere stata rimessa a nuovo dalle sapienti mani dei meccanici di HopCycle, a Pogliano Milanese (stanno organizzando un festival fighissimo, andate a dare un'occhiata: sundownbikefest.it); armi e bagagli, per lo più roba leggera, chè farà caldone umidissimo, sono nello scatolo marcio che ho usato per lo stesso scopo tornando da La Paz, Baja California, Messico, lo scorso settembre. Speriamo che arrivi tutto sano e subito, chè a Cancun abbiamo dovuto aspettare una settimana prima che le bici e l’attrezzatura ricomparissero, dopo esser state perse, ritrovate e riperse in diversi aeroporti tra l’Europa e il Nuovo Mondo. Stavolta ho pesato tutto: al netto della bici, che è intorno ai 12kg più portapacchi e parafernalia varii, ho 15kg di bagagli, compreso il necessario per il campeggio, il pc, il mattone della Lonely Planet, la volPina puPazza e un’ampia quantità di altre cose inutili -ma tanto le porto io in salita, mica altri, quindi mi sento libera di sbragare.

Questa volta, a differenza del solito, non conosco, nemmeno per finta, la lingua locale. Non ne so decifrare i segni, e tantomeno i suoni. Ma con l’inglese in qualche modo dovremmo cavarcela, trattandosi di meta estremamente aperta al turismo (anche se noi andremo a cercare i luoghi più autentici, alias infrattati in culo ai gibboni). In realtà so poco anche della storia, della cultura, della letteratura, delle usanze… Ho letto parecchio in questi mesi, ma è una conoscenza fresca e ancora non sedimentata. Ragione in più per lasciarsi permeare da tutta la meraviglia senza filtri e preconcetti mano a mano che entreremo in contatto con le luci, i profumi, i sapori e soprattutto i volti e i gesti delle persone. Sarà un bel viaggio.

Ora è tempo di chiudere gli scatoloni e partire. Ho appena sentito Luca Malini de La memoria del mondo libreria editrice per gli ultimi dettagli del nuovo libro che uscirà in autunno. E’ il racconto a quattro mani del mitico coast to coast pedalato con Gigi da San Francisco a New York. Anche quello sarà una figata pazzesca! Insomma, tutto è bene quel che comincia bene.

Mentre aspetto mamma e papà che mi portino a Malpensa (grazie!) e prendano in consegna la mia gatta Briscola detta Brisky (rigrazie!), vi lascio in compagnia di alcuni versi Angkhan Kalayanaphong, considerato il più importante poeta thailandese del Novecento; ha criticato prima il socialismo, poi la massificazione capitalistica e l’occidentalizzazione dei costumi, colpevoli entrambi di aver compromesso l’autentico spirito della tradizione thailandese, in cui il senso buddhista dell’armonia, della limpidezza e dell’equilibrio coesistono con il rispetto sacrale delle istituzioni (il re su tutte), intese come manifestazione di qualcosa di simile al logos degli stoici classici, un ordine cosmico e universale cui tutto tende e torna. Insomma, hoc placet.

Il Silenzio si fa spirito di gioia
nella Parola, la pioggia
preziosa del Cielo estingue il fuoco, il cuore
è rapito nel sogno di altre terre.



Ci rivediamo presto qui, e sui vari social!


foto dal Messico, la scorsa estate; anche lì clima freschissimo