traccia assolutamente indicativa che mi piace soprattutto perchè la linea sembra un palloncino a forma di cuore |
Elucubrazioni sulla finitudine a parte (qualcuno diceva che la filosofia è “esercizio di morte”, e allora forse pure i viaggi affinano l’arte del distacco), due parole sui mesi che ci attendono. Ho abbozzato un percorso di massima, che subirà di certo numerose variazioni on the go. L’idea è quella di stare in Thailandia per circa un mese e mezzo, ed esplorarla per bene, da Bangkok verso est e poi su a nord, costeggiando il Mekong e spingendoci verso Chiang Rai e il fu Triangolo d’oro (dopo Perù e Messico, se non vado a cercare qualche snodo del narcotraffico non son contenta); da lì torneremo a sud, questa volta stando nelle regioni occidentali, passando per Chiang Mai e giù giù fino a raggiungere la costa e scendere lungo la penisola di Malacca (stando sul lato orientale che affaccia al Golfo del Siam, che parrebbe meno soggetto ai monsoni); poi entreremo in Malesia, e ancora giù sempre a sud verso Singapore, da dove presumibilmente ci imbarcheremo per tornare a casa. L’itinerario è, appunto, di massima, perché con il tempo ho imparato l’arte antica dell’improvvisazione: non voglio gabbie, vincoli e troppe prenotazioni di mezzo a intaccare la bellezza dell’inatteso, la sorpresa che genera meraviglia (il palpito puro da segnare con una X sulla mappa).
Siamo muniti di visto per la Thailandia, perché rimaniamo più di un mese; ottenerlo per sé è facile: si fa tutto online e costa solo 25 euro. Ma ho dovuto acquistare un biglietto aereo di uscita dal paese assolutamente farlocco, che non useremo, un Krabi-Singapore da 20 euro a metà agosto, e pure fare prenotazioni alberghiere altrettanto farlocche, che dovrò annullare, perché sono richieste per il rilascio del documento. E di fare tre settimane in carcere, sinceramente, non me la sento ancora, per quanto sono certa sia una experience come diciamo noi millennial quando ci capita qualcosa di terrificante e traumatico ma non vogliamo fare i fragili (solo esserlo).
Il resto della preparazione non differisce dal solito: la Signorina Felicita è imballata nel suo scatolone, dopo essere stata rimessa a nuovo dalle sapienti mani dei meccanici di HopCycle, a Pogliano Milanese (stanno organizzando un festival fighissimo, andate a dare un'occhiata: sundownbikefest.it); armi e bagagli, per lo più roba leggera, chè farà caldone umidissimo, sono nello scatolo marcio che ho usato per lo stesso scopo tornando da La Paz, Baja California, Messico, lo scorso settembre. Speriamo che arrivi tutto sano e subito, chè a Cancun abbiamo dovuto aspettare una settimana prima che le bici e l’attrezzatura ricomparissero, dopo esser state perse, ritrovate e riperse in diversi aeroporti tra l’Europa e il Nuovo Mondo. Stavolta ho pesato tutto: al netto della bici, che è intorno ai 12kg più portapacchi e parafernalia varii, ho 15kg di bagagli, compreso il necessario per il campeggio, il pc, il mattone della Lonely Planet, la volPina puPazza e un’ampia quantità di altre cose inutili -ma tanto le porto io in salita, mica altri, quindi mi sento libera di sbragare.
Questa volta, a differenza del solito, non conosco, nemmeno per finta, la lingua locale. Non ne so decifrare i segni, e tantomeno i suoni. Ma con l’inglese in qualche modo dovremmo cavarcela, trattandosi di meta estremamente aperta al turismo (anche se noi andremo a cercare i luoghi più autentici, alias infrattati in culo ai gibboni). In realtà so poco anche della storia, della cultura, della letteratura, delle usanze… Ho letto parecchio in questi mesi, ma è una conoscenza fresca e ancora non sedimentata. Ragione in più per lasciarsi permeare da tutta la meraviglia senza filtri e preconcetti mano a mano che entreremo in contatto con le luci, i profumi, i sapori e soprattutto i volti e i gesti delle persone. Sarà un bel viaggio.
Ora è tempo di chiudere gli scatoloni e partire. Ho appena sentito Luca Malini de La memoria del mondo libreria editrice per gli ultimi dettagli del nuovo libro che uscirà in autunno. E’ il racconto a quattro mani del mitico coast to coast pedalato con Gigi da San Francisco a New York. Anche quello sarà una figata pazzesca! Insomma, tutto è bene quel che comincia bene.
Mentre aspetto mamma e papà che mi portino a Malpensa (grazie!) e prendano in consegna la mia gatta Briscola detta Brisky (rigrazie!), vi lascio in compagnia di alcuni versi Angkhan Kalayanaphong, considerato il più importante poeta thailandese del Novecento; ha criticato prima il socialismo, poi la massificazione capitalistica e l’occidentalizzazione dei costumi, colpevoli entrambi di aver compromesso l’autentico spirito della tradizione thailandese, in cui il senso buddhista dell’armonia, della limpidezza e dell’equilibrio coesistono con il rispetto sacrale delle istituzioni (il re su tutte), intese come manifestazione di qualcosa di simile al logos degli stoici classici, un ordine cosmico e universale cui tutto tende e torna. Insomma, hoc placet.
foto dal Messico, la scorsa estate; anche lì clima freschissimo |