martedì 2 luglio 2024

3-4. Bangkok. Tra arte purissima e quartieri a luci rosse. I mille volti di una città proteiforme








1/7
Bangkok

Fermi tutti! Devo dirvi una cosa importante:
Bangkok è bellissima!
E complessa, a tratti indecifrabile, brulicante di vita, di spiritualità, di arte finissima e pura, ma anche di sordide bassezze, di ratti e immondizia (anche se meno di quello che pensassi), di traffico, casino, casini, ma anche oasi di pace ed elevazione dello spirito.
Oggi abbiamo aggiunto un pezzettino in più alle nostre conoscenze, e implementato le skills logistiche con i mezzi di trasporto, dal traghetto al taxi (che costa molto molto meno dei folcloristici tuk tuk, almeno, per noi turisti) financo alla metropolitana. Con un po' di aiuto da Maps vi dirò: è stato tutto semplicissimo. Si vede che questa terra si è aperta, tanto e forse anche troppo, all'Occidente, al turismo e al nostro modo di fare. Ci si muove senza troppe sorprese, e quel che non si sa già si riesce ad intuire facilmente. Come funzionano le cose, dove sono i luoghi... Diciamo che il livello di difficoltà è adatto al turista sprovveduto più idiota (in senso etimologico, che bada soltanto a sè e al proprio ombelico). Insomma, sì un mondo nuovo, il cui cuore profondo si cela sotto alla più multiforme e composita complessità, ma user-friendly, a portata di comprensione. Forse questo accade anche perchè le cose funzionano nel modo più semplice e diretto possibile. Ci sono i cartelli con le indicazioni anche disegnate. I biglietti si fanno ai tornelli, dove l'addetto apre manualmente dopo aver visto la monetina sul piatto. In metro, schermi touch per inicare da dove a dove si va, e con biglietti a gettone, come quelli degli autoscontri alle giostre. Una figata!

Riavvolgo il nastro della giornata, torniamo a noi. Oggi puntiamo la sveglia presto, per evitare di alzarci nel pomeriggio come ieri. Tra jet lag, caldazza e testa che frulla per tutti gli stimoli si dorme poco, ma ci aspetta il simbolo forse più iconico della città, il Gran Palazzo Reale; la curiosità è tale da portarci ai suoi cancelli nel giro di un attimo. Ci vengono controllati i vestiti, che siano modesti e coprenti (Gigi deve infilarsi i pantaloni lunghi che ha nello zaino, sopra agli shirts), acquistiamo i biglietti e ci concediamo un thai tea per colazione proprio nel cortile del palazzo. Si tratta di un beverone buonissimo composto da tè nero di Ceylon, latte, zucchero e ghiaccio, rinfrescante e dissetante, che viene servito in bicchieroni muniti di sacchettino con maniglie, così da poterlo menar seco comodamente. Altro che il "Venti" di Starbucks. E non ci è venuto nemmeno il cagotto, nonostante l'azzardo tra latte e ghiaccio.

Già dall'esterno il complesso di edifici si preannuncia grandioso e stupendo, anche se folle oceaniche di visitatori si riversano al suo interno; comincio a distinguere le diverse nazionalità asiatiche, un po' dall'accento, un po' dall'abbigliamento e molto dai comportamenti. Gli occidentali sono una minoranza. Ci sono diversi indiani, ma tutti insieme sono comunque meno degli enormi grupponi guidati di cinesi, vestiti all'occidentalissima rivisitata, in Crocs con la zeppa o Nike tamarre, ma tutti coperti da capo a piedi perchè il sole non li tanga nemmeno di striscio: maniche lunghe, spesso manicotti, pantaloni lunghi, guanti, ampi cappelli con cappuccio o coprinuca, maschere incorporate ai vestiti stile passamontagna, che pare d'esser tornati in Iran. D'altronde ci sono culture dove il velo è imposto dalla religione, e culture dove è imposto dai canoni estetici. Nonostante il fastidio che mi provoca il loro inesistente concetto di rispetto dello spazio personale, ho solo da imparare per quanto riguarda l'abilità nello scattarsi foto per i social.




Appena entrati, veniamo accolti da un portico finemente decorato con episodi del Ramakian, realizzati durante i regno di Rama I (1782-1809); i dipinti, che illustrano scene del Ramayana, poema epico indiano comprendono 178 pannelli in cui si racconta della lotta di Rama per salvare la moglie Sita, rapita dal re dei demoni. Le figure richiamano forse più la Thailandia Ottocentesca che l'antica India, ma poco male: restano un capolavoro d'arte finissima.




Appena entrati, siamo letteralmente travolti dalla meraviglia. Ci sono talmente tanti edifici, tutti splendidi, anche letteralmente, di riflessi e colori, e talmente tante sculture ed opere d'arte, che passiamo una decina di minuti quasi storditi, a naso in su, persi tra templi e statue. Per fortuna riusciamo a infilarci all'ultimo in un breve tour guidato gratuito, tenuto da un ragazzino in uniforme militare, che ci permette di capire un po' la struttura del ricchissimo complesso che si estende su 85 ettari e comprende oltre 100 edifici. Tutto questo popò di roba risale al 1782, quando si decise di trasferire la capitale qui, da Ayuthaya (che lo era stata dal 1350 al 1767, anno in cui fu saccheggiata dai birmani). E' incredibile come sembri tutto più antico... In realtà qui a Bangkok ogni cosa ha poco più di due secoli. Prima che divenisse capitale dell'allora Siam, era un villaggio, certo importante come snodo commerciale marittimo e fluviale, ma poco più che un piccolo insediamento, dove alcuni nobili, già dal '500, si erano spostati. Mentre qui Rama I dà inizio ai lavori di costruzione, che dureranno due secoli e sono un laboratorio di sperimentazione architettonica, per capirci, Mozart mette in scena Il ratto dal serraglio, i fratelli Montgolfier fanno volare il primo pallone aerostatico, Watt perfeziona la macchina a vapore, nasce Paganini e in Francia mancano solo 7 anni alla Rivoluzione. Che sincronie pazzesche!






La guida, che ci vieta di far foto durante il suo tour per evitare di perderci in giro nell'immenso intrico di persone e arte, ci spiega che tutto il complesso si divide in tre parti: la prima, dove siamo entrati, ospita templi ed edifici sacri, tra cui quello in cui è custodito il Buddha di smeraldo (che in realtà è di giada, anzi nefrite, come la malattia renale). La seconda è quella dei palazzi un tempo residenza dei re e dei loro immensi harem, sorvegliati da sentinelle di sesso femminile addestrate al combattimento. La terza è chiusa al pubblico ed attualmente in uso per funzioni di governo.

Finito il breve tour, utilissimo per orientarsi, torniamo all'ingresso e ripercorriamo con calma i nostri passi; iniziamo dalla Sala delle ordinazioni, il bòht, il tempio principale. E' uno dei primi esempi di architettura Ratanakosin, un mix di reminiscenze classiche dello stile di Ayuthaya e influenze più moderne, cinesi e occidentali. Porcellane, pietre e vetri colorati danno al complesso una vivacità incredibile, e lo impreziosiscono di riflessi che balenano nel gioco di luci e ombre. All'interno sono vietate le foto. Il Buddha di non-smeraldo è minuscolo (66cm) e viene vestito con abiti diversi a seconda della stagione. Se ne occupa il re in persona, durante una solenne cerimonia. Vesti la bambolina, svesti la bambolina, rivesti la bambolina.



il Buddhino verde, veneratissimo da fedeli e nazionalisti




Sotto lo sguardo un po' triste degli yaksha, orchi i giganti della tradizione induista che, a coppie, custodiscono gli ingressi, ci spostiamo verso la cosiddetta Terrazza superiore, zona sopraelevata dove si innalzano le guglie dei tre chedi principali; uno è un tetto a sette livelli, uno in stile khmer, l'altro dorato. L'edificio centrale è una sorta di biblioteca di manoscritti buddhisti. Si trova accanto al pantheon reale, con le statue dei nove sovrani precedenti al presente. Doveva essere il tempio principale ma, essendo troppo piccolo, non permetteva di svolgere le cerimonie... Piccoli errori di calcolo!
In questa zona si trovano alcuni interessantissimi esseri mitici: le kinaree, attraenti figure metà donne metà cigni della tradizione induista e buddhista, e gli hanuman che fanno le smorfie; sono divinità-scimmie, anch'esse di tradizione hindù.








come distinguere i demoni dalle scimmie? I primi hanno le scarpe e la bocca chiusa, le seconde sono scalze e strillano







Ci spostiamo, dopo un'infinità di soste, letture e foto (ne ho pubblicate una frazione infinitesimale rispetto a quelle scattate, e già vi saran parse tante, pure troppe... Lo so! Ma ho questa irrefrenabile predisposizione a voler condividere le cose belle, abbiate pietà e scrollate lesti), dalla zona sacra dei templi a quella dei palazzi. Il primo, fatto realizzare da Rama I, è in ristrutturazione. Il secondo, molto più imponente è del 1882; lo stile è occidentale, fatta eccezione per il tetto, o corona, con guglie dorate che sono l'adattamento thai dei tetti dei templi hindù. Da ultimo sorge il Palazzo Dusit, in stile Ratanakosin, inizialmente sede delle udienze reali, ora usato come camera ardente per le esequie dei sovrani. Pensate che il lutto nazionale per la morte di Rama IX nel 2016 è durato quasi 3 mesi; l'anziano re, 88 anni di cui 70 sul trono, è mancato dopo lunga malattia, dopo aver goduto della fama di sovrano buono e benvoluto, anche per i numerosi progetti a favore dei poveri. Alla sua morte il governo ha sospeso per un mese gli eventi allegri (spettacoli, concerti, partite...), e persino gli operatori del turismo sessuale si sono adeguati, riducendo orari ed esposizione della "merce" sulle strade. I dipendenti pubblici si sono dovuti vestire di nero per un anno e grandi folle si sono radunate nelle piazze, sfilando in processione. La richiesta di abiti da lutto ha superato l'offerta, e in vari luoghi di Bangkok sono comparsi recipienti per tingere i vestiti. Il governo ha poi fornito 8 milioni di camicie nere per gli indigenti. Le cremazione, avvenuta su una pira di 50m, pare sia costata, considerando tutta la cerimonia, 90 milioni di dollari.

palazzo di Rama I

Gran Palazzo mix di stili occidentale e thai

camera ardente (non scotta)

Finita la visita, prima di proseguire, ci concediamo io un altro thai tea ghiacciato, Gigi un tè al crisantemo, tipico del posto. Errore mio eh. Lui non è entrato al bar e ha lasciato scegliere me. Il thai tea non gli piace, allora via con qualcosa d'altro. Ma neanche il tè al crisantemo gradisce. In effetti ai primi sorsi sembra buono, perchè molto zuccherato, poi lascia un retrogusto sospetto di mortadella e funerale. 


Ci dirigiamo quindi, tra sciami di tuk tuk in attesa di clienti, verso il mercato degli amuleti. Gigi si converte subito ai pantaloni bracaloni, e ne acquista un paio per tre ricchi euro. Il fiume scorre sullo sfondo.







Qui si registra un secondo riprovevole errore: Gigi acquista un gelato al durian senza accorgersene. Mai scelta di gusto fu più triste: questo sa proprio di aglio e fogna. Il bello è che, pur lamentandosi, lo finisce tutto, brontolando e commentando in dialetto "Al mangi par disfiscial". Il tutto mentre passiamo per viuzze sempre più lerce e abitate da umanità varia. 

soda gassata al dattero o latte di mais?



Eccoci finalmente al mercato degli amuleti, un labirinto di stradine e bancarelle dove il confine tra fede e superstizione, già labile, sfuma del tutto. Sono in vendita talismani di ogni genere apprezzati da monaci, collezionisti, taxisti, persone che svolgono professioni pericolose e malviventi. Ci sono statuine del Buddha e di vari demoni, denti, ossa e zampe di ogni animale reale e mitologico, peni di ogni forma e dimensione, in legno pietra o veri, di diverse povere bestie, occhi, mummiette irriconoscibili, monete, gemme, feti a due teste e chi più ne ha, più ne metta. Poche donne, quasi tutti uomini, acquirenti intenti a contrattare i prezzi (talora altissimi) e una sensazione di poteri arcani e probabili truffe completano il quadro.  



succo di canna da zucchero on the go

Dopo aver gironzolato un po' nel mercato, decidiamo di spostarci al Museo del Siam, l'unico che visiteremo in città. Ma, una volta giunti all'ingresso scopriamo che è il giorno di chiusura. Il punto di interesse più vicino è il Wat Arun, che sta giusto di là dal fiume; pensavamo di visitarlo domani, ma lo anticipiamo. Prendere il traghetto è facilissimo. Si va all'imbarcadero, dove i tornelli sono aperti manualmente dal bigliettaio. Il prezzo è 5 baht a testa (circa 12 centesimi di euro). 10 baht se si hanno biciclette. Ottima notizia. La navigazione dura pochi minuti, ma consente di vedere lo skyline dal fiume, tra grattacieli moderni e guglie di templi.



Dopo la caduta di Ayutthaya, di cui abbiamo accennato prima e parleremo meglio in loco, il re Taksin assunse ufficialmente il potere nel corso di una solenne cerimonia che si svolse nel santuario locale e fece costruire palazzo reale e annesso tempio per ospitare il Buddha di Smeraldo. Di nefrite. Di giada (la signora Giada). Il tempio fu poi ribattezzato con il nome del dio indiano dell'alba, Aruna, in onore della fondazione, letterale e simbolica, della nuova Ayutthaya. Quando la capitale fu trasferita a Bangkok e il Buddha di smeraldo spostato nel tempio visto stamattina il Wat Arun acquisì la torre in stile khmer di 82 metri che oggi ne è l'elemento più riconoscibile. Parliamo della prima metà del XIX secolo, sotto il regno di Rama II, e fu portata a termine dal suo successore.
All'ingresso, dopo aver pagato, si viene timbrati, come in discoteca o nei villaggi turistici, e viene data in omaggio una bottiglina d'acqua già preriscaldata. In questo frangente, tra un pagamento e un marchio, perdo il passaporto (mi cade senza che io me ne accorga), che mi viene fortuitamente restituito da uno dei tanti fotografi che possono essere ingaggiati per farsi fare un book tra statue e colonne, preferibilmente in abiti tradizionali. Caro fotografo, grazie: mi hai risparmiato un purgatorio. Entriamo nel complesso sotto allo sguardo mesto dei due yaksha e ci troviamo circondati da famiglie e coppiette vestiti da nobili siamesi del tempo che fu. Va tantissimo farsi fare il servizio fotografico! E con che serietà e impegno da parte di tutti, bimbi compresi!




Il cortile è cinto da un chiostro con un boddho di Buddha, molti dei quali velati di arancione. Fa impressione e mi ricorda la scena iconica del film di animazione Il gobbo di Notre Dame, quando Frollo rivolge una preghiera alla Vergine (https://www.youtube.com/watch?v=sLIQahUUlPE). So che non c'entra nulla, ma nel mio cervellino serbellino frulla di tutto, e spesso male.




questa ragazzina, dopo aver posato tutta compita come una damina, non ne poteva più


Nel bòht si venera una statua del Buddha che pare sia stata progettata da Rama II in persona; una parte delle sue ceneri sono conservate alla base della scultura. Interessanti anche le scene dipinte sui muri, che raffigurano scene della vita dell'Illuminato.



Molte statue presenti nei cortili sono state recuperate dalle navi cinesi che le usavano come zavorre. Mi colpisce il realismo dei dettagli degli innumeri dragoncini, il cui bus dal gnao è rappresentato con dovizia di particolari, rughette e pieghine comprese. Qua e là ci sono vasi di pietra dove crescono ninfee bianche e viola. In alcuni portici, sotto alle statue del Buddha, ci sono piccole lapidi, con foto, nomi e date di defunti.







Ci spostiamo verso la parte più scenografica e iconica del complesso, la torre in stile khmer. Intorno si cominciano a vedere fidanzati esausti dal gran scattare foto alle proprie damine, e damine altrettanto distrutte dal dover stare in abiti tradizionali nell'afa torrida del pomeriggio tropicale. Immancabili, però, le pose davanti alle immagini del re e della regina.









Purtroppo non si può più salire fino in cima alla torre, per questioni di sicurezza: le scale ripide e strette devono aver mietuto qualche vittima... Mia mamma, che qui è stata qualche decina di anni fa, ricorda ancora l'esperienza traumatica! Tuttavia anche da metà torre è possibile godere della fine opera di riutilizzo delle ceramiche cinesi; i mosaici floreali, infatti, sono realizzati con tonnellate di vecchie porcellane che i mercanti del Celeste Impero usavano come zavorra per le loro navi. Altro che upcycling! E questo modus operandi è proprio tipico del primo periodo Ratanakosin... Tra statue e cocci, si può ben dire che dei prodotti cinesi non si buttava nulla.






Dopo esserci riposati all'ombra della torre, e aver pianificato il da farsi, torniamo sull'altra riva del fiume, sempre con il traghetto. L'idea, ora, è quella di fare un balzo non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Vorrei vedere alcuni quartieri moderni, che rappresentano uno dei tanti volti di questa città multiforme. Prendo come punto di riferimento Siam Square, definita dalla guida come quartiere dello shopping per eccellenza, con mercati a perdita d'occhio, grandi magazzini, centri commerciali, store e catene internazionali. Per sè, non mi interessa. Ma è giusto farsi un quadro tridimensionale della città, senza appiattirla a forma di cartolina.
Poichè da dove siamo dovremmo camminare 8km, e non ne abbiamo più, decidiamo di prendere un passaggio. Chiedo ad alcuni autisti di tuk tuk, e mi propongono 500 baht; mi pare uno sproposito per gli standard qui... con 300 baht si cena in due nei ristoranti bellini. Vorrebbero trattare sul prezzo, ma ho già capito che, se sei un turista, questo mezzo è più pensato come folcloristico che altro. Così saltiamo su un taxi e la stessa distanza ci costa 150 baht (meno di 4 euro). Dopo esserci congelati anche le terga per l'aria condizionata, visto che il tragitto, a causa del traffico, dura più di mezz'ora, arriviamo a destinazione e pare di essere in un'altra città, in un altro paese, su un diverso pianeta. Grattacieli tirati a lucido che specchiano le nuvole, vialoni pedonali con megaschermi per le pubblicità, centri commerciali mastodontici che inghiottono persone e vomitano clienti... E le bandiere e i simboli del Pride ovunque. Anche le persone sono diverse: gruppi di giovani queer o alternativi, e tanti ricchi. Non c'è altro modo per definirli. Ricchi, non ricchissimi. Abbastanza da fare shopping nelle boutique di Prada o Armani, ma non abbastanza da saltare la fila che si crea fuori.







la metro sopraelevata



All'interno dei centri commerciali, tutti comunicanti come vasi di Pandora, ci sono installazioni più o meno artistiche, giardini pensili, musica classica europea rivisitata in chiave latinoamericana e altre inquietanti forme che il consumismo assume, come un Proteo, per fare fedeli proseliti. Più ci perdiamo in questo dedalo, più mi sale quel senso di disagio, rifiuto e non appartenenza che vivo in luoghi simili anche a casa. Il mio rifiuto è di pancia e a pelle, prima ancora che mediato dalla coscienza.





qui i Teletubbies sono simbolo del Pride. Che brutte immagini mi sono sovvenute 


un piccolo altare in mezzo ai palazzoni, chè non si sa mai

leone dragone arcobaleno


Dopo non molto ne abbiamo abbastanza, abbiamo capito l'andazzo e ci par bene proseguire oltre, verso una meta decisamente più intrigante: Patpong, dove un mercato notturno e un quartiere a luci rosse si contendono le anguste viuzze. Per arrivarci, camminiamo a lungo attraversando tutta la zona delle università di medicina e odontoiatria, con annessi ospedali e cliniche, mentre pian piano scende la sera e ruba i colori. Notevoli anche qui gli intrichi e le matasse di cavi elettrici che fanno a strisce il cielo. 



Una volta giunti a destinazione, iniziamo a vedere le prime insegne piuttosto esplicite: da Fresh boy a Superpussy (quali poteri avrà?). Sono tutti localacci sordidi, che ispirano pochissima fiducia in qualsivoglia forma di igiene. d'altronde non credo che sia la prima preoccupazione di chi li frequenta, e tutti i negozietti, anche i più piccoli e sforniti, vendono i profilattici. Davanti ai locali ci sono i procacciatori di clienti, sdentati, storti e tristi, come in generale è l'aspetto degli edifici e dei neon che sfrigolano. La prostituzione è illegale, in Thailandia, ma è talmente evidente e pubblicizzata che non si dà pena di nascondersi; criminalità organizzata e tangenti fanno il loro. Lo sfruttamento c'è, ed è inevitabile in questo settore, ma non è palese come, ad esempio, sulle strade dei nostri paesi. L'atmosfera è piuttosto mencia e annoiata e sembra quasi la caricatura di se stessa. Forse lo è diventata. Fino a qualche tempo fa il quartiere provocava opposte reazioni: per qualcuno era l'unica ragione valida per andare a Bangkok, per qualcun altro il non plus ultra dello squallore, dell'immoralità da evitare a ogni costo. Oggi sembra attiri più che altro i curiosi come noi. Nessuna intenzione di usufruire dei sevizi o di assistere agli spettacoli "esotici" (ancor più che erotici) dei go-go bar o dei più espliciti blowjob bar, solo il desiderio di capire se è così vero che si viene quasi assaliti dalle profferte. Spoiler: no, almeno, per quanto abbiamo visto non è così. Le due vie dei locali e degli alberghi a ore sono private e appartengono a una famiglia thai-cinese. I primi club furono aperti per i soldati americani in licenza durante la Guerra del Vietnam, per moltiplicarsi negli '70 e raggiungere l'apice nel decennio successivo. Ancora oggi in Thailandia l'industria del sesso impiega oltre due milioni e mezzo di persone, di tutto lo spettro dei generi (che è parente del fantasma Formaggino); sono studenti che si pagano l'università, o provenienti dalle regioni più povere. Ma con il crescere dell'istruzione femminile il fenomeno sta lentamente calando... Anche perchè la maggior parte dei clienti sono uomini thailandesi, mica turisti! Comunque la presenza del mercato notturno ha in parte dirottato l'attenzione dei visitatori, e ampliato l'offerta del quartiere. Va detto che pure il mercato è ben roncio: a parte la merce per lo più contraffatta, le bancarelle dello street food sono in lotta con ratti enormi che scorrazzano tra l'immondizia e i vapori bisunti.







Dopo aver esplorato la zona, proseguiamo lungo un vialone dove si susseguono centri massaggi (quelli veri eh, senza happy ending). Schiere di massaggiatori stanno seduti all'esterno e cercano di invogliare i passanti a farsi trattare la schiena o piedi o qualsiasi altra parte indolenzita (a prezzi ridicoli: un'ora e mezza per l'equivalente di dieci euro). A noi servirebbe davvero, ma è già tardi, ed è ora di cena. Stasera optiamo per un ristorante cinese e andiamo di noodles, molto buoni e molto, molto piccanti. Per tornare decidiamo di provare la metropolitana e sbloccare questa skill. Dopo esser passati in vie un po' inquietanti, tra cani e persone randagie, scendiamo ai binari e tutto risulta facilissimo. Sul touch screen si indica la stazione di destinazione, si paga la tariffa (cifre irrisorie, centesimi di euro) e si viene dotati di gettone stile autoscontri. Entrando si passa sul lettore, uscendo si lascia cadere tipo moneta nel salvadanaio nella fessura del tornello. Bellissimo, comodissimo e facilissimo.




La giornata si conclude con Gigi che si accorge di essersi ustionato male il collo, le braccia e la testa. Spero non gli si gonfi a mo' di alieno preso a cazzotti come era successo a me negli States (chi sa, ricorda. Chi non sa, meglio così! Comunque ci sono le foto qui sul blog, anno 2019, luglio, tappe 2-4). Poi sbrocca perchè pensa di aver perso l'adattatore della valvola della camera d'aria, e così passiamo la serata a cercarlo, nonostante io ne abbia uno, così, perchè non si demoralizzi prima ancora di partire.

scottoni

La notte, poi, è bella, anche se quasi insonne, perchè arriva musica da lontano e la sento vicinissima al punto che mi commuove.


2/7
Bangkok

Quella di oggi è stata una giornata un po' diversa dalle altre, in primis perchè Gigi, in questo preciso istante catturato in foto, mentre ci apprestavamo a fare colazione, ha vinto la prima intossicazione del viaggio, con annesso cagotto. E dire che il locale era bello e pulito, e gentilissimo il gestore, che ci ha preparato con gran cura due thai tea. Gigi ha anche azzardato la torta all'arancia, che io ho evitato. E infatti... (ma poi da che pulpito viene questa predica... Io ho l'abbonamento alle infezioni intestinali devastanti!)



Con una breve passeggiata, interrotta da un fulmineo ritorno in guesthouse per i motivi che potete immaginare (ma si pensava ancora ad un episodio isolato, noi illusi), ci siamo portati al Museo del Siam. Che io ho visitato, Gigi un po' meno. Diciamo che ne ha visitato i bagni a più riprese. Onestamente non si è perso tantissimo. Il palazzo del XIX secolo in stile europeo, un tempo sede del Ministero del commercio, merita davvero. L'esposizione intende esplorare il concetto di "thailandesità", cioè le origini, la cultura e gli usi quotidiani di questo popolo. Ci sono oggetti di uso quotidiano analizzati in senso diacronico, per come sono mutati nel tempo (dagli abiti agli utensili da cucina, dalla musica agli stili artistici in senso lato). Interessante l'aula di scuola, di cui vengono mostrati i cambiamenti negli ultimi 50 anni (anche se avere la visuale dal lato cattedra mi fa salire un piccolo conato) e la sala dedicata alla cucina locale.










Gigi che sfoggia i bracaloni in un raro momento fuori dal cesso


Finita la visita, riporto Gigi in guesthouse: non ha senso che stia in giro tutto il giorno, è molto meglio si riposi e riprenda le forze: domani si parte a pedalare!
Nei momenti morti di attesa, in questi giorni, ho prenotato l'alloggio ad Ayutthaya (sempre più sconvolta dai prezzi bassissimi... Camera doppia con bagno privato, in centro, recensita benone: meno di 10 euro a notte. Che volo!) e raffinato la traccia per uscire da Bangkok e portarci all'antica capitale. Siamo pronti, ma Gigi deve star bene!





Dopo esser passati tra baracchini dove si griglia e frigge anche l'anima de li mortè, frattaglie e parti di bestie che nemmeno si riescono a collocare nella nomenclatura di Linneo, e dopo aver lasciato Gigi in compagnia dell'Imodium, parto a piedi per esplorare bene Chinatown.

lui è tanto che aspetta che il semaforo diventi verde

scoiattolo!

Si tratta della Chinatown più verace e ruspante che abbia mai visto, chè qui i cinesi trafficano da secoli e sempre con la medesima frenesia. E' un immenso formicaio tutto mercati, bancarelle, ristoranti, baracchini e attività. Le insegne e le scritte sono tutte in cinese, i prodotti cinesissimi (da quelli alimentari, a quelli della medicina tradizionale, alla merce scadente o contraffatta che arriva in container e viene rispedita in container. Nessuno sta fermo, nessuno con le mani in mano. C'è chi taglia e cuce, chi cucina, frigge o griglia, chi impacchetta, chi spacchetta, chi trasporta, chi sistema, chi contratta, chi richiama clienti Il rumore delle attività e delle auto è costante e si impone su tutto. E pure l'odore di spezie e cibo agguanta l'attenzione, anche se non sempre in positivo. Mi stupisce la quantità di baracchini che vendono le caldarroste (che io associo all'inverno, alle sere fredde davanti al camino...), il numero di gioiellerie specializzate in oro e la presenza di mercati nei marcati, mercati nei templi, templi nei mercati, templi nei templi, e il tutto si estende in orizzontale, sull'area dell'intero quartiere, e in verticale, in palazzoni fatiscenti a più piani. E' un'esperienza intensa.














la sicurezza sul lavoro prima di tutto!


Oltre a bighellonare ho una meta: il Tempio del Buddha d'oro (che ospita al suo interno anche il museo dedicato proprio alla Chinatown). L'edificio in marco a quattro piani è nuovo, frutto delle offerte e dell'afflusso dei turisti che vengono ad ammirare questa scultura di 3x3 metri in oro massiccio (5,5 tonnellate). Scolpita nello stile Sukhothai, fu "scoperta" negli anni '50 sotto a un rivestimento di stucco, che si sgretolò quando cadde da una gru mentre veniva trasportata da un tempio ad un altro. Si suppone che fosse stata ricoperta per proteggerla dai predoni, alla fine del periodo Sukhothai, o dalle incursioni birmane ad Ayutthaya.





La visita è piuttosto rapida. Per me ben più interessante è il museo sulla presenza di cinesi a Bangkok; vengono ricostruiti scorci dei primi villaggi di mercanti, l'interno di una nave e alcuni edifici tradizionali. Si sottolineano poi i problemi di convivenza tra thailandesi e cinesi in alcuni periodi storici, coma la Seconda Guerra mondiale, quando la Thailandia permise al Giappone di installare alcune basi militari. Sembra che però l'intento definitivo sia quello di spiegare come la Thailandia sia sempre stata accogliente e prodiga, capace di offrire terre fertili ai bisognosi, lavoro ai poveri e così via. Vero o meno, certo è conveniente, ora che il Dragone è tanto potente ed è utile mantenere rapporti amichevoli e di buon vicinato.







cinesi illustri in Thailandia

la benevolenza dei re verso il popolo cinese

Finita la visita, mi tuffo nuovamente nei vicoli di Chinatown e pian piano torno in guesthouse, tra un tempio e un mercato, una lanterna e un'indecifrabile zuppa da cui emergono tentacoli.






Ah, ho omesso un dettaglio. Nei vialoni percorsi al ritorno sono incappata in TANTISSIMI negozi che vendono armi di tutti i generi, anche militari, per intenderci, di grosso calibro e un intero centro commerciale dedicato alla cultura pop giapponese, con costumi per cosplay, action figure di tutte le dimensioni, giochi e peluche dedicati ad anime e manga, console vintage, carte, funko pop e via discorrendo.

Alle 17 sono in camera. Trovo Gigi fortunatamente in forma. Approfittiamo di questa metà pomeriggio per sistemare bene bici e bagagli e prepararci a partire. Domani si va. E' bello fare i turisti, ma la strada chiama e Ayutthaya ci aspetta!
Celebriamo l'ultima sera a Bangkok con una bella cenetta pettinata e via che ci siamo. Tra poche ore finirà la vacanza e inizierà il viaggio.