giorno 54
Olderdalen-Tromso
76km
Oggi è l'ultima.
L'ultima pedalata, l'ultima tappa del viaggio verso l'estremo nord del nostro vecchio continente.
Oggi è l'ultimo giorno in cui ci si sveglia stanchi, sfatti, si fa colazione enorme come da settimane a pane e marmellata e biscotti, ci si veste da ciclisti,si chiudono le borse, si esce nel freddo e si resta in sella per ore, per ore, su e giù nella pioggia, nel vento, nel sole, per ore.
Oggi è anche l'ultimo giorno di libertà pura e di vita piena, almeno per un po'.
Perchè finire il viaggio significa sì riposare, e tornare a casa, nella comfort zone, al calduccio, con i vestiti puliti e asciutti e il letto morbido; ma significa pure ri-ingrigirsi, tornare ombra grigia in fila tra ombre, spegnersi, in auto, in coda, al semaforo, alla cassa del supermercato, davanti al pc nella luce soffusa la sera.
Per questo oggi è un giorno dolceamaro, per citare Saffo. Voglio arrivare, ho bisogno di fermarmi un poco e riposare. Ma non vorrei dover attendere un altro anno, prima di una nuova avventura a pedali. Mi basterebbe qualche giorno, una piccola sosta. Per poi ripartire, magari verso climi più miti.
Ma non è così, e in nome di un senso che è nell'altro-da-me rinuncio anche quest'anno ad attraversare il mondo per pura estetica. Non è il legno leggero che mi appartiene, non la barca sottile che galleggia e non lascia solco. Sono di terra e d'aratro, di seme che germoglia e fa frutto, la prossima estate, in futuro, quando non sarò più. Perchè non credo in dio
ma non sono così disperata da credere
che tutto finisca con me.
Pipponi a parte, comunque, oggi è l'ultima tappa.
Alle 10 dal porto di Olderdalen salpa il traghetto che porta, in circa 40 minuti, a Lyngseidet, sull'altra sponda del fiordo.
Alle 9.30 siamo al molo, e c'è solo un'auto già lì, in coda, in attesa dell'imbarco.
Intorno tutto tace e il paese dorme, nonostante sia tutt'altro che presto. A star fermi fa ben fresco, benchè non piova, e siamo costretti a coprirci ulteriormente.
Mentre aspettiamo, ci raggiunge un secco e tirato ciclista norvegese, che viaggia su quel trike elettrico con carrellino che abbiamo visto a Honnigsvag, nel nostro ostello, e pure ieri, in cima all'ultima salita. Il brav'uomo, partito dal sud del paese, diretto a Nordkapp e ora sulla via del ritorno, porta due apparecchi acustici e comunque sente a fatica, oltre ad avere qualche problema di pronuncia. Chapeau a lui che non teme la strada.
Intanto, mentre si chiacchiera, ci raggiunge una signora in auto; è la proprietaria del baracchino dei panini qui accanto. Tutta agitata ci dice che forse il nostro traghetto è cancellato, e ci indica il cartello luminoso in cui, a me pare evidente, si legge che la corsa successiva, delle 13,30, è cancellata, non questa. Ma chissà. La sciura va anche dagli automobilisti in coda in attesa dell'imbarco (ne sono arrivati, e pure un camion e un trattore) e li allarma. Tutti telefonano, cercano notizie sugli smartphone... Il nostro collega pedalante addirittura se ne va.
Arriva poi un tizio un po' fricchettone un po' marcio e basta, con un cane bellissimo, che ci dice che il traghetto è in ritardo perchè ha avuto problemi tecnici, forse al quadro elettrico, e sbarca i passeggeri ma non fa risalire altri; e il successivo è alle 11.30.
Insomma, allora è vero.
Iniziamo a preoccuparci un po': una volta sbarcati ci attendono 20km in sella e poi un altro traghetto, che è alle 13, e ancora 50km da pedalare.
Non possiamo far troppo tardi... Ma non abbiamo più la forza di tirare e fare una crono-fiordo.
Il traghetto arriva, pian piano.
E subito, sbarcati passeggeri, auto e camion, il ragazzo dei biglietti va alla fila delle auto e inizia staccare ricevute. Ma allora il traghetto salpa! Era solo un po' in ritardo!
Ma vaff...
Così ci imbarchiamo e sistemiamo le bici cariche sul ponte. Abbiamo la conferma che no, i ciclisti non pagano e viaggiano gratis. Bene così, buon segno.
La caffetteria è chiusa ma il salone resta comunque caldo e accogliente, al punto che sia Gigi sia io ci assopiamo nel teporino delle poltrone.
Ci svegliamo di soprassalto e nessuno è più in coperta. Momento panico: non è che ci siam persi l'attracco e stiamo tornando indietro? Invece no, semplicemente siamo vicini al porto ed è ora di prepararsi a scendere.
Tornare sul ponte è un trauma: piove, tira un vento gelido e fa un freddo porco e maledetto.
Più rapidi di Brachetti ci cambiamo et voilà, impermeabili, caldi e grossi come foche, imbustati nei vestiti tecnici. Devo ripetermi spesso che è agosto. Chè con questi 7 gradi, 3 percepiti, si fa presto a dimenticarsene.
Da Lyngseidet usciamo subito e iniziamo a percorrere la costa del fiordino che spacca il fiordone su cui ci troviamo. Seguiamo la strada 91, la stessa dell'Eurovelo 1, fino a Svensby.
Monti a picco sull'acqua verde, nuvole basse a coronare queste cime pensose e brulle, spesso innevate, e il solito, continuo, ormai nauseante saliscendici attendono.
Per il resto, non c'è nessuno. Non anima viva, solo qualche pecora nei prati umidi e alcune gazze bercianti.
Mi chiedo spesso se sia la strada giusta, pur essendo l'unica. Mi pare troppo strano che tra un porto e l'altro, con in mezzo solo 20km, non ci sia COSI' nessuno.
Alla fine, però, qualche casa compare, anzi, qualche cascina. E il porto in lontananza, con il traghetto già al molo. Pur essendo presto, affrettiamo il passo, nel timore irrazionale che parta prima, sotto il nostro naso.
Almeno, tentiamo di affrettare il passo. Il vento ghiacciato ci respinge indietro e deve essere uno spettacolo ben buffo vederci spingere affannosamente sui pedali, come se stessimo facendo il record dell'ora, mentre andiamo a 16km/h.
Al porto si arriva e in largo anticipo. Aspettiamo anche qui una mezz'ora, e per fortuna un timido sole accarezza la nostra attesa.
Salpiamo in perfetto orario e questa volta approfittiamo della caffetteria aperta per una cioccolata calda. La traversata dura circa venti minuti e, in un attimo, è già ora di sbarcare a Breivikeidet.
Anche qui pioviscola, ma siamo riparati dal vento infido perchè la strada, per circa 25km, corre stretta in un vallone. Seguiamo il tortuosissimo corso dello Storelva. Le nuvole sono bassissime e quasi opprimono. L'umidità è alle stelle e impregna i boschi e il terreno.
Gigi più volte dice di aver l'impressione di essere in una foresta pluviale del Borneo. Penso che qui le scimmie porterebbero il maglione e il berretto di lana, però.
Le poche e brevi salitelle bastano a darmi i conati. Veramente, non se ne può più. E non immagino nemmeno che questo, per oggi, sia solo l'inizio. Il bello, il drammatico, deve ancora venire.
A 25km dall'arrivo, la strada secondaria seguita finora si tuffa nella E8, stradone che porta fino a Tromso.
Con dolore e pena, aggiungo io.
Appena imboccato lo stradone inizia l'inferno.
La strada è strettissima, tutta a curve cieche, ed estremamente trafficata, di camion, turisti rimbambiti, camper, caravan, autoarticolati e chi più ne ha più ne metta. E, come se non bastasse, ci sono frequenti cantieri che riducono la già striminzita carreggiata. L'asfalto è spaccato e grattato via, tra buche, sassi e ostacoli vari.
Insomma, pericoloso. Stressante.
Ah, tutto è in salita ripida o discesa vertiginosa, senza vie di mezzo.
A questo si aggiunga il vento contro e la mia urgenza di fare pipì. Su una strada senza servizi, senza benzinaio o locali. A strapiombo sul mare, da un lato, e con parete verticale di nuda roccia dall'altro. Che se tiri fuori le chiappe bianchissime ti avvistano fin dalle Svalbard e pensano sia un beluga.
In breve, questi ultimi 25km sono pura sofferenza.Il colpo di grazia, la mazzata finale, la goccia che fa dire: basta.
Così arriviamo a Tromso.
Anzi, così. Ribaltati, cappottati, sottosopra dalla fatica.
Tromso città di cacciatori di foche e orsi polari, città dell'aurora boreale, porto sull'Artico per i pionieri del calibro di Amundsen.
Tromso ultima spiaggia che ci accoglie con il suo lungo ponte inarcato come la schiena di un gatto.
e la Cattedrale dell'Artico, che visiteremo con calma nei prossimi giorni.
Attraversiamo il fiordo sul ponte che, bontà sua, ha una ciclabile -la prima che vedo oggi (e dire che Tromso ha il certificato di città ecosostenibile, green ecc)-. Salita e vento contro fino alla fine!
Passiamo rapidi per le vie del centro, distrutti, con il solo obiettivo di arrivare il prima possibile. Ci attendono poche ultime rampe che facciamo a piedi, trascinando la bici, tanto siamo esausti.
Poi, finalmente, l'albergo. Pulito, accogliente, caldo, ricco di ogni ben di dio in cucina (i due vasi di Nutella lasciati da qualche viaggiatore nel cesto food for free non sopravvivono alla nottata).
L'arrivo. Sani, salvi, stanchi. Felici.
Ricchi dell'esperienza raccolta per via,degli incontri e della solitudine dei grandi orizzonti.
Lasciamo le bici in un deposito al pian terreno, così che anche loro, così fedeli, così affidabili (nemmeno una foratura!) possano riposare. Doccia, e svacco totale sul letto profumato e morbido. Di qui non ci muoviamo per un po', e potrebbe servire un argano.
Ah no, la Nutella in cucina basta come incentivo.
L'albergo in cui siamo, Ami hotel (assolutamente consigliato) si trova in centro, accanto ad un liceo di chiara fama.
Andando a fare la spesa nel vicino supermercato (al Rema 1000, catena di discount dove la spesa, identica al solito, costa la metà, ovvero poco più che in Italia) e passiamo accanto alla pro-cattedrale di Nostra Signora, una delle poche chiese cattoliche in Norvegia.
Nella piazza di fronte, accanto al municipio, si erge la nera statua di re Hakoon VII, sul trono dal 1905 al 1957. Periodo non facile e un po' tumultuoso, diciamo.
I prossimi giorni saranno dedicati alla visita della città e dei dintorni, al riposo e all'organizzare il rientro. Come sempre bisogna recuperare i cartoni per imballare le bici, il materiale per chiudere tutto in sicurezza, pensare al mezzo per raggiungere l'aeroporto... Trovare un bravo tatuatore per il mio tradizionale souvenir di fine viaggio e così via.
Credo di aver tutta l'intenzione di scrivere anche di questi giorni da turisti, perchè Questa città merita davvero e ha "tante storie ancora da raccontare
per chi vuole ascoltare...
E a culo tutto il resto!"