domenica 8 luglio 2018

11. SHIRAZ. Quando la Persia volgeva lo sguardo a Occidente





Oggi è un’altra giornata da turisti, ma anche di preparazione ai prossimi 1000km qui in Iran, che saranno i più tosti e i più avventurosi. La prospettiva è infatti quella di tagliare il paese a metà, nel suo centro, per la strada più breve che porta al confine turkmeno. Ciò significa che, esclusa Yazd, nella quale faremo sosta un giorno, non incontreremo più città lungo la strada, né paesi. Solo microscopici villaggi, spesso quasi disabitati, giusto per fare rifornimento d’acqua, e forse qualche distributore di benzina. Per il resto dovremo essere autonomi. Infatti abbiamo iniziato a fare provviste di cibo e caffè e gas per il fornello, così da poter bollire l’acqua se non sicura.
“Ai tuoi occhi il deserto, una distesa di segatura,
minuscoli frammenti della fatica della natura.
Gli uomini della sabbia hanno profili da assassini
rinchiusi nei silenzi di una prigione senza confini”.

Tra l’altro, poiché il tempo è ritagliato su misura e non è interessante percorrere due volte la medesima strada, avanti e indietro, abbiamo deciso, per tornare a nord fino al bivio per Yazd, di affidarci al trasporto pubblico locale. Stamani abbiamo chiesto consiglio al ragazzo che gestisce la casa tradizionale in cui alloggiamo e ci ha rimediato due biglietti, per noi e per le bici, per una corsa in autobus fino a Surmaq; si parte domattina alle 9.30 dalla stazione degli autobus, dove ci recheremo pedalando; lì imballeremo un minimo i nostri potenti mezzi con plastica e scotch 




e ci caricheremo sul millepiedi sferragliante, per arrivare, circa 3 ore dopo a destinazione. Tornati di fatto al podere di Sassanid, ci rimetteremo in sella. Da lì Yazd dista poco più di 200km. In un giorno e mezzo dovremmo farcela.

Farà caldo, più di qui. Siamo abbondantemente sopra i 40 gradi e ogni volta che diciamo che stiamo andando a Yazd, tutti sgranano gli occhi e ci chiedono se siamo folli: nel desereto? Troppo caldo! Vedremo. Al più pedaleremo solo nelle prime ore del mattino e alla sera: tanto ci basta fare 100km al giorno per arrivare al confine con Ashgabat per tempo, allo scadere del visto (che comunque si può estendere), e abbiamo adirittura due giorni di margine.

Stamattina dunque abbiamo fatto la nostra colazione/pranzo ad abbuffet, con le buonissime specialità di Shiraz, per lo più  base di verdura, yogurt e spezie, zafferano in primis. Un dettaglio: qui lo zucchero a zollette o polvere non si usa gran che; si preferiscono di gran lunga dei bastoncini con un agglomerato di zucchero misto a zafferano tipo chupa-chups, da sciogliere nel tè e da usare poi a mo’ di cucchiaino.


la casina dove siamo

la casina dove siamo

la via per il nostro alloggio

Poi abbiamo iniziato la visita della città, che è antica, molto, ma ha un volto moderno e presenta siti d’interesse per lo più risalenti al XVIII-XIX secolo. E’ stata infatti la capitale della Persia durante la dinastia Zand, dal 1750 al 1794, mentre durante la dinastia Qajar la capitale fu trasferita a Teheran. Oggi è la quinta città più popolosa dell’Iran.




UN PO’ DI STORIA
Shiraz ha probabilmente più di 4.000 anni di vita. Il suo nome compare nell iscrizioni cuneiformi del III millennio a.C., rinvenute in loco. Basandosi sulle tradizioni antico-iraniche, fu in origine eretta da Tahmuras Diveband, ma cadde più tardi in rovina. Il più antico esempio di vino del mondo, datante approssimativamente a 7.000 anni fa, è stato scoperto in giare nei dintorni di Shiraz. Come nota Raymond, tuttora esiste un vitigno dal medesimo nome. In età achemenide, la città si trovava lungo la via che univa Susa a Persepoli e Pasargade, tre capitali; su questo centro mise poi le mani Artabano III, imperatore partico d'Iran, che dece anche costruire un palazzo. Durante l'età sasanide, Shiraz si trovava lungo la via che univa Bishapur e Gur a Istakhr, ed era un importante centro regionale.
La città divenne addirittura capitale regionale nel 693, dopo che gli invasori arabi avevano conquistato Istakhr, la vicina capitale sasanide. Quando Istakhr cominciò a declinare, Shiraz conobbe un'importante crescita sotto gli Arabi e le diverse dinastie locali. I Buwayhidi (945–1055) la innalzarono a loro capitale, edificando moschee, palazzi, una biblioteca e un'ampia cinta muraria, di cui poco resta. Shiraz fu anche governata dai Selgiuchidi e dal Khwārezmshah prima della conquista mongola. La città fu risparmiata dalla distruzione due volte: quando i suoi governanti offrirono tributi e un totale atto di sottomissione a Gengis Khannel e quando, nel 1382, il sovrano locale del momento si consegnò a Tamerlano senza opporre resistenza. Nel XIII secolo, Shiraz divenne un centro-guida nelle arti e nelle lettere, grazie all'incoraggiamento dei suoi governanti e alla presenza di numerosi studiosi e artisti persiani. Per questa ragione la città è ricordata dai geografici classici come la Dār al-ʿElm, la "Casa della Conoscenza". Fra i poeti, i mistici e i filosofi importanti nati qui si possono enumerare poeti come Sa'di e Hafez, il mistico Ruzbehan e il filosofo Mulla Sadra. Nel 1504 Shiraz fu conquistata dalle forze di Ismāʿīl I, il fondatore della dinastia Safavide. Dal 1501 al 1722 rimase capitale provinciale e Emam Qoli Khan, il governatore del Fars sotto Shah Abbas I, costruì numerosi palazzi e abbellì edifici con lo stesso stile usato a Esfahan, la capitale dell'Impero allora. Dopo la caduta dei Safavidi, Shiraz soffrì un periodo di declino, reso anche peggiore dalle incursioni degli Afghani e dalla ribellione del suo governatore contro  Nader Shah. Quest'ultimo inviò truppe per sopprimere la rivolta. La città fu assediata per molti mesi e infine saccheggiata. Al tempo dell'assassinio di Nader Shah, nel 1747, molti degli storici edifici della città furono danneggiati o distrutti, e la popolazione decrebbe vertiginosamente. Shiraz ritornò presto alla sua prosperità sotto l'illuminato governo di Karim Khan Zand, che la rese sua capitale nel 1762. Impiegando più di 12.000 operai, egli fece costruire un distretto reale con una fortezza, numerose costruzioni amministrative, una moschea e uno dei più eleganti bazaar coperti dell'Iran. Fu scavato un fossato attorno alla città, fu costruito un sistema d'irrigazione e di drenaggio e furono restaurate le mura urbane. Tuttavia gli eredi di Karim Khan non riuscirono a conservare quelle realizzazioni. Quando Agha Mohammad Khan, il fondatore della Dinastia Qajar, giunse alla fine al potere, si prese la sua vendetta su Shiraz, distruggendo le fortificazioni della città e trasferendo la capitale nazionale a Tehran Sebbene avvilita al rango di capitale provinciale, Shiraz conservò un livello di prosperità come risultato della sua costante rilevanza commerciale lungo la via per il Golfo Persico e il governarla rimase una prerogativa reale durante il periodo cagiaro I suoi famosi giardini, gli edifici e le abitazioni residenziali, approntati e costruiti nel XIX secolo, contribuiscono all'attuale splendida immagine della città.
A Shiraz nacque anche il cofondatore della fede Bahá'í, il Bāb Sayyid ʿAli-Muhammad (1819–1850). Per questo motivo è considerata una città santa e luogo di pellegrinaggio dai seguaci di questo credo, nato dall'Islam ma da esso strutturalmente differenziatosi profondamente, tanto da portare in Iran alla sua violenta persecuzione. Nel 1910 un pogrom del quartiere ebraico ebbe luogo a seguito delle false voci secondo cui gli ebrei avevano ritualmente assassinato una giovinetta musulmana. Nel corso del pogrom, 12 ebrei furono uccisi e circa 50 feriti, mentre 6.000 furono derubati di tutti i loro averi. Tanto per cambiare.

CIO’ CHE RESTA
La nostra visita inizia dalla moschea di Nasir ol Molk, la moschea rosa (colore dominante per interni, maioliche e muqarnas). E’ stata costruita durante l'era Qajar tra il 1876 e il 1888, su ordine del sovrano. Questo sacro luogo in cui si respira pace assoluta è caratterizzato da ampie vetrate colorate nella sala di preghiera invernale. Al mattino la luce del sole, passando attraverso le vetrate, inonda di arcobaleni tappeti e colonne, con un effetto spettacolare: pare di essere in un caleidoscopio. All'interno vi è un Pozzo delle mucche, dove in passato, grazie alla forza di trazione delle bestie, veniva sollevata l'acqua. 





























Si prosegue da lì per il vicino Giardino Eram, Paradiso; è un vasto giardino persiano, concepito durante il XX secolo, che ospita al suo interno un palazzo, costruito nell'era Qajar. Il complesso fu utilizzato dall'élite feudale e dai capi della provincia di Fars, poi divenne di proprietà dei reali dell'Iran. Passò sotto la protezione dell'università di Shiraz durante la Dinastia Pahlavi e fu utilizzato come scuola di Diritto, diretta da Arthur Pope e Richard Nelson Frye. Ad oggi è di proprietà dell'università ed è aperto al pubblico.








La casa tradizionale al suo interno è stata costruita tra il 1879 e il 1886. La famiglia Qavam era originariamente di mercanti di Qazvin, ma sono diventati ben presto attivi nel governo durante la dinastia Zand. Il Qavam (o Naranjestan) conserva l'eleganza e la raffinatezza di cui godevano le famiglie ricche nel corso del XIX secolo. I dipinti sui bassi soffitti della casa sono ispirati all'epoca vittoriana Inglese, a testimonianza di quanto allora l’Iran guardasse all’Europa. Il portico a specchio è un punto focale della casa; si affaccia su un piccolo giardino che è stato progettato con fontane, palme da dattero, e da frutta. Durante il secondo periodo Pahlavi, la casa è diventata la sede dell'Asia Institute dell'Università.
La casa oggi è un museo ed è aperto al pubblico. Al pianterreno vi è un piccolo museo in cui vi è un'esposizione di reperti archeologici di Arthur Pope, che insegnò all'Istituto asiatico tra il 1969 e il 1979. Come sempre in Iran, tra le sale del museo si trovano negozi e botteghe che vendono oggetti antichi o spacciati per tali. E un musicista che allieta la visita.



















Fuori da questo paradiso d’ombra e verde ci siamo diretti verso la piazza centrale, attraversando una via di negozi e botteghe affolatissimi. Considerando che finora avrò visto in totale un paio di supermercati come i nostri, e per di più piccoli e sforniti, si capisce che le spese grandi e piccole ancora si fanno qui, dai piccoli venditori, che contrattano, trafficano o attendono con pazienza seduti fuori dal proprio negozio.










Siamo quindi giunti ad uno degli ingressi del bazaar Vakil, nel cuore antico della città. E’ stato iniziato nell’XI secolo ed ampliato fino a due secoli fa; oltre alla finissima merce, ai tappeti e alle spezie profumate d’oriente, si trovano caravanserragli e scorci di notevole bellezza.



















Fuori dal viavai di gente e merci, siamo arrivati al Museo Pars, ospitato nel padiglione ottagonale che, durante la dinastia Zand, veiva usato dal re per ricevere ambascerie e delegazioni; intorno, il bel giardino Nazar offre riparo dalla calura che inizia a farsi sentire.










Arriviamo infine alla maestosa Cittadella di Karim Khan, costruita nel 1766, durante la dinastia Zand sul modello delle fortezze medievali. A volte l’edificio, di per sé ad uso abitativo, è stato utilizzato come prigione.



















Si incontrano anche persone gentili a Shiraz, e giovani che vogliono un selfie e il numero di telefono, che ti mostrano le foto fatte con altri turisti, collezionate come figurine. Ma è una città turistica e gli stranieri sono visti più come portafogli ambulanti che come persone. I taxisti, i bagarini, i venditori di cose e i buttadentro dei locali sono piuttosto importuni e insistenti, tanto che qualche vaffanculo a denti stretti mentre si cammina via veloci è partito. E’ la prima volta che accade, qui in Iran, per quanto sia comune ovunque nel mondo (Italia compresa). Domani si riparte, e sarà avventura.

2 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. Viaggiare è come volare, per questo chi parte dispiega le ali. Viaggiare è come volare ma per vedere dall’alto servono occhi come soltanto le aquile possiedono. Viaggiare è come volare, ma per conservare e poi donare i ricordi del viaggio, serve una penna tutta d’oro, capace di scrivere ogni cosa nel grande libro della vita. Viaggiare è come volare, ma c’è un solo motore capace di portarci più su, oltre l’azzurro del cielo: il cuore. Buon viaggio e che il vento ti accarezzi sempre le spalle.

    RispondiElimina