Ma che bella tappettina piccola e
liscia, quella di oggi!
Se l’Enisej mi chiama a sé con
questa forza di sole e vento, con questa energia di pulviscolo d’oro nell’aria,
non posso che correre verso le sue rive e gettarmi in picchiata nel viaggio
come un’aquila. Delle steppe, s’intende.
Stamattina ho salutato
Novosibirsk in tarda mattinata, dopo aver riposato come si deve in una sosta e
aver recuperato le energie. Per scrivere e pubblicare spesso faccio tardi, ieri
eran quasi le due di notte tra tutto. E per pedalare con forza, soprattutto
mentale, e attenzione, bisogna essere freschi.
Uscire dalla città è stato
piuttosto rapido e indolore; il traffico certo non manca, ma è ordinato,
composto, prevedibile nei suoi movimenti di serpentone argentato; in questo, va
detto, giovano due elementi: i viali enormi, con quello spazio che c’è sempre
per tutti e i controlli continui e inevitabili cui tutti gli automobilisti son
sottoposti; su ogni strada di Russia, dal sentiero di campagna al viale in
centro, dall’autostrada al vicolo, ci sono telecamere e autovelox. Non si
scappa. E la polizia ti pela il culo come un mandarino maturo, a forza di
multe. Sicchè i pochi kilometri previsti per la tappa, perché temevo di
faticare nel groviglio di traffico cittadino, si son rivelati, di fatto,
pochissimi e velocissimi. Nemmeno a dirlo, oggi che la tappa era già facile, non
c’era vento, la strada era bella, libera da ingorghi appena fuori città e il
sole abbracciava l’intero orizzonte fin quasi ad incendiarlo. Domani, che ho
tappa lunga, come minimo pioverà, sarò controvento e la strada sarà una
schifezza. Chi vuol esser lieto sia, del doman...
Io ci ho anche provato ad ingegnarmi per allungare la
tappa di oggi e grattare qualche decina di kilometri a quella di domani; ma non
c’è stato verso, la mappa parla chiaro. Da qui ai prossimi 120km si estende una
terra ondulata e verdissima, una meraviglia di boschi e pini e betulle, ma
senza nulla di nulla per potersi fermare. Le distanze dis-umane e smisurate non
permettono di improvvisare. Quindi mi sono dovuta accontentare, fermandomi dove
avevo previsto, a Moskovo.
Qui il paesaggio si è già fatto molto diverso
rispetto ai giorni scorsi. Con l’Ob e la sua azzurra linea che taglia a metà il
continente finisce la steppa di Barabinsk, che è una piana di acquitrini e vegetazione
bassa, aggrappata alle radici per resistere al vento, e inizia una zona di
steppa boschiva (la chiamano così) o boscosa, o boscuta, come vi pare. Insomma,
ci sono gli alberi, tanti, alti e maestosi. Un po’ mi mancavano. E’ piuttosto
straniante vedere per giorni e giorni solo natura rasoterra e poco più.
Qui
tornano il verde d’ombra e la luce fra i rami, tornano il mistero antico della
foresta e il profumo d’incenso della resina al sole, del muschio e dell’erba
che gronda rugiada. Non mancano le prime salitine, ma sono piccole e buone, si
lasciano accarezzare come gatti addormentati nel caldo del mezzogiorno. A
Moskovo, dunque, sono arrivata in un attimo e quasi mi è dispiaciuto esser già
arrivata.
La cittadina, in sé piccola, offre un numero sproporzionato di motel,
ristoranti, caffè e compagnia cantante. Tutto sta affacciato sulla strada, tra
un ciuffo di betulle e l’altro, come se questa fosse l’ultima terra ospitale e
seguisse il nulla. Ma da un lato sta Novosibirsk, dall’altro Kemerovo, e considerando
che tutti si spostano a motore, e le distanze, pur grandi, sono ridotte a quasi
un nulla; è strano. Chissà che segreti cela Moskovo.
Nell’ampia scelta ho deciso di
fermarmi al prestigioso Complesso Rubino, che, in un unico blocco
prefabbricato, offre: motel, bagni e docce, ristorante, bar, bancomat,
minimarket, barbecue, lavanderia (di cui ho approfittato, perché i vestiti ormai si
lamentavano con voce propria), officina e benzinaio. Quando si dice
l’AVTARCHIA.
Stavolta però non ho la solita vista su parcheggio fangoso dei camion
Bene così. Essendo arrivata
presto, ho anche avuto il tempo di fare un giro in paese. Qui sorgevano due
microscopici villaggi contadini già nel Settecento, ma il paese attuale è stato
costruito… Indovinate un po’? Esatto, in occasione del cantiere per la
Transiberiana, che anche qui ha la sua stazione e fa la sua breve e brava
fermata. Siamo nel 1896. (in foto, sotto, la stazione, il monumento che la dedica al ministro dei trasporti e gli urendi alberi di plastica)
La città viene però riconosciuta come tale solo nel
1961.
Moskovo si distingue per tre cose: il rajon fortemente urbanizzato e
industrializzato; il numero e la qualità delle scuole, che, fin dagli anni ’40,
ha formato musicisti e soldati, perché sì, con scuole parliamo qui di
conservatori e caserme; il disastro ambientale provocato da una perdita
nell’oleodotto che va da Omsk a Irkutsk, nel 2008: nella terra e nell’acqua si
sono sversate 7 tonnellate di morte densa e nera. Tuttora nell'acquedotto sono
presenti forti tracce di petrolio. Per la serie piccoli mangiafuoco crescono se
fumi una sigaretta dopo aver lavato i denti.
Aggiungo io, Moskovo si distingue
anche per il numero immenso di casine di legno storte e circondate da erba
alta, che cresce libera e si mangia le finestre e la gente.
(quando la Colazione sull'erba diventa la colazione dell'erba... Rientrare a casa, così)
E per i tubi del
gas che, più vado a est, più si fanno disordinati e labirintici. Ora capisco da
dove aveva tratto ispirazione colui che ideò il salvaschermo di Windows dei
tubi colorati. Ora so.
Il centro è un po' più ordinato. Ci sono una chiesina minuscola, alcuni vecchi palazzi ormai in rovina, il classico monumento ai caduti della Grande guerra patriottica e dei pannelli a memoria degli eroi su cui gli operai stanno lavorando. Su tutto, la fangazza e la polvere del tempo.
Aggiungo due cose troppo tipiche per non essere menzionate. Le scope senza manico, per poter diventare vecchi gobbi e deformi, o perchè i manici sono stati tutti infilati su per il culo alla gente in altre e piuttosto recenti epoche
e la catena di supermercarti Maria-Ra. Mi fa troppo ridere questo nome. Mi ricorda il sincretismo religioso d'epoca ellenistica o imperiale, mi ricorda quelle statuine di Apollo-Buddha del Gandhara (colpa di Alessandro Magno) o, ancor di più, quelle di Iside che allatta Horus e pare una Madonna col bambino. Maria-Ra, per chi ancora sentisse il richiamo erodoteo della sapienza misteriosa dell'antico Egitto ma non volesse rinunciare all'ortodossia cristiana. Che poi avrebbe tanto senso quanto ne ha qualunque altra religione, per non parlare di quelle new-age tipo la rodnoveria di cui s'era parlato. Maria-Ra.
Dunque, la tappa di oggi è stata
così breve da farmi assaporare con calma l’ultimo strappo di oblast di
Novosibirsk; domani entrerò nell’orbita di Kemerovo, che è tutta da scoprire.
Mi aspetta Jurga, con un appartamentino sulle rive del fiume Tom (che dà nome a
Tomsk, come l’Om ad Omsk. Lineare). Ho scritto al proprietario una mail più o
meno bilingue, che probabilmente suona come il migliore grammelot di un Dario
Fo ispirato. Sperem. Intanto va a consumarsi anche l’ultimo lembo di bassopiano
siberiano occidentale, che finirà formalmente sulle sponde dell’Enisej ma già
qui inizia a incresparsi come un lenzuolo stropicciato dal peso dei corpi, o
dei secoli, dei venti, dei cieli e dei passi. Qui ancora è steppa, seppur con i
boschi. Poi verrà l’altopiano siberiano centrale e… Saranno cazzi miei! Be’,
per una volpe di pianura quale sono, i dislivelli non son mai cosa bella, però
la Signora è tutta in ordine, con il cambio che pare un orologio svizzero e i
freni rimessi a nuovo, le gomme gonfie e la catena oliata. Io, anche. Oliata e
registrata. Inizio a percepire che la fatica è scesa nelle fibre dei muscoli ed
è avvenuta l’opera al bianco, si è tramutata in allenamento e forza e
resistenza. Verranno giorni di stanchezza, ma non ora, non oggi, non domani.
Verranno, e sarà ora già di tornare.
brava le foto e i commenti sono bellissimi vai volpe che manca poco <3
RispondiEliminaCon la Signora perfettamente in ordine e tu "Oleata e registrata", sia la prossima tappa leggera e favorevole come questa. Sila e Franco
RispondiElimina