2-3/8/18
Da una Samarcanda
all'altra
ci fuggiamo incontro
su questa strada di pietra
e vento, troppo bella
per avere pietà di noi,
due solitudini in fiore
sull'orlo del nulla, noi
naufraghi d'altri mari,
altre vite, altri amori,
noi
eroi delle piccole cose
con la sola paura
di essere felici.
Samarcanda è meravigliosa in ogni luce e in ogni ombra; è esattamente come ce
la si aspetta, ma un po’ di più. I monumenti sono un po’ più meravigliosi, i
viali un po’ più verdi e freschi, gli scorci un po’ più mozzafiato. Un po’ più
tutto, insomma. Chè i nostri occhi ormai sono più abituati al piccolo e al
semplice, al granello di sabbia e alla pagliuzza d’oro delle spighe, alla
foglia venata di linfa e alla goccia d’acqua che imperla la ragnatela. Invece
Samarcanda è immensa e maestosa, come si addice ad una capitale d’impero. E porta
via il fiato per lo stupore, che è sconfinato ora, figuriamoci in un mondo in
cui si viveva tra il poco e i nulla.
Certo è una città assai turistica, forse la più
visitata in centr’Asia, e a ragione; quindi ci sono negozi e negozietti di
souvenir, locali acchiappaturisti, gente con le infradito e il cappello di
paglia dal Giappone, dalla Russia e dall’Europa. Ci sono le attrazioni
spicciole e la gente che tenta di spennarti, ci sono le sole, le fregature e i
biglietti d’ingresso, nonché negozi che vendono rob di dubbia qualit pure in
tutti i monumenti storici. Dentro intendo, all’interno. Come se dentro al
colosseo ci fossero le bancarelle e dentro al duomo di Milano i botteghini del
ciarpame. Insomma, è una città che tenta di campare sul molto che ha da offrire.
Basta saperlo, e va bene così.
Prima, per capire, è necessario un poco di storia
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Situata al centro delle principali rotte
commerciali asiatiche, Samarcanda, nel corso della sua storia lunga circa 2700
anni, fu parte dell'Impero persiano; successivamente fu sotto influenza araba,
poi timuride, uzbeka e, in epoche più moderne, fu dapprima sotto l'impero russo
e infine parte dell'Unione Sovietica fino al 1991.
La città, il cui etimo significa "fortezza
di pietra" si trova lungo la via della seta nel percorso tra la Cina e l'Europa,
praticamente al centro dell'Eurafrasia. Si trova a 702 metri d’altezza e,
nonostante si trovi in Uzbekistan, la maggior parte degli abitanti è di lingua
tagica. Dal 2001 la città figura nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO
sotto il titolo di Samarcanda - Crocevia di culture.
Samarcanda è una delle più antiche città del
mondo, che ha prosperato per la sua posizione lungo la Via della seta, la
maggiore via commerciale di terra che univa i vecchi mondi. Un tempo Samarcanda
fu la città più ricca dell'Asia centrale e per la maggior parte della sua
storia fece parte dell'Impero persiano. Fondata tra il VII e il V secolo a.C.,
Samarcanda era già capitale della satrapia della Sogdiana sotto gli Achemenidi
di Persia quando Alessandro Magno (nella cultura persiana noto come come
Iskander Khan) la conquistò nel 329 a.C. Sotto i Sasanidi, Samarcanda rifiorì e
diventò una delle città maggiori del loro Impero.
Dal VI al XIII secolo la popolazione si espanse e
divenne più popolosa anche della moderna Samarcanda. In quegli anni la città
conobbe l'invasione araba (che portò il suo alfabeto e convertì all'Islam la
sua popolazione), quella dei Persiani e di diverse successive dinastie turche,
che ne fecero una delle città più ricche di tutto il mondo islamico. Fu
saccheggiata nell'anno 1220 dai Mongoli e sopravvisse solo una minima parte
della popolazione, che dovette affrontare anche un sacco successivo, condotto
da un altro condottiero mongolo: Barak Khan. La città impiegò decenni per
ristabilirsi da quei disastri.
Qui passò anche Marco Polo, che scrisse:
“Samarcan è una nobile cittade, e sonvi cristiani e saracini”
Nel 1370 Tamerlano decise di rendere Samarcanda
una città stupenda e usarla come capitale dell'impero che avrebbe costruito e
che si sarebbe esteso dall'India alla Turchia. Per 35 anni la città fu
ricostruita e fu piena di cantieri, con artigiani e architetti provenienti
dalle parti più disparate dell'Impero timuride. Tamerlano fece così sviluppare
la città, che divenne il centro della regione chiamata in Occidente Transoxiana
e, similmente, dagli Arabi, per i quali era Mā warāʾ al-Nahr, “Ciò che è
al di là del Fiume Oxus”.
Suo nipote Ulugh Beg governò il paese e la sua
capitale per 40 anni. Creò varie scuole attente allo studio delle scienze,
della matematica e dell'astronomia. Ordinò anche la costruzione di un grande osservatorio,
di cui restano imponenti tracce.
Nel XVI secolo gli Uzbeki spostarono la capitale
a Bukhara e Samarcanda iniziò un lento declino. Dopo l'assalto dei Persiani
guidati da Nadir Shah, la città fu abbandonata nel XVIII secolo. L'emiro di
Bukhara tentò di ripopolare la città alla fine di quel secolo.
Nel 1868, la città divenne parte dell'Impero
russo, essendo stata conquistata dal colonnello A.K. Abramov, nonostante il
contrattacco da parte di forze guidate da Abdul Malik Tura, figlio dell'Emiro di
Bukhara, e dal Bek di Shahrisabz. Abramov divenne il primo governatore militare
della città di Okrug che i Russi scelsero come capitale amministrativa della
zona. La città divenne successivamente capitale del Turkestan russo e venne
raggiunta dalla ferrovia transcaspica nel 1888. Divenne capitale della Repubblica
Socialista Sovietica Uzbeka dal 1925 al 1930.
Attualmente la città è reclamata
dai nazionalisti tagiki che, oltre a essere maggioranza nel luogo, vorrebbero
che essa tornasse a far parte del Tagikistan, al quale dicono essa
apparterrebbe storicamente.
La nostra visita inizia il giorno stesso
dell’arrivo, nel pomeriggio, dopo un po’ di riposo. La prima cosa che andiamo a
veder da vicino è il mausoleo di Tamerlano, quello difronte a cui abbiamo fotografato
le bici.
Questo complesso occupa un posto
fondamentale nella storia della architettura islamica e in particolare per lo stile
azero; inoltre fu precursore e modello per le posteriori grandi tombe dell'architettura
Moghul, tra cui la tomba di Humayun a Delhi ed il Taj Mahal ad Agra. Il
complesso è stato oggetto di importanti restauri.
Gur-e Amir, nome persiano della struttura, significa "tomba del
re". Il complesso contiene le tombe di Tamerlano, dei suoi figli Shah Rukh
e Miran Shah e dei nipoti Ulug Beg e Muhammad Sultan. Viene onorato anche Mir
Sayyid Baraka, maestro di Tamerlano.
La parte più antica del complesso fu costruita
verso la fine del XIV secolo per ordine di Muhammad Sultan. Attualmente
rimangono solo le fondazioni della madrassa e della khanaka, il portale di
ingresso ed una parte di uno dei quattro minareti.
La costruzione del mausoleo vero e proprio ebbe
inizio nel 1403, in seguito alla morte improvvisa di Muhammad Sultan, nipote
preferito da Tamerlano ed erede designato. Lo stesso Tamerlano aveva costruito
per sé una tomba di minori dimensioni a Shahrisabz, vicino al palazzo dell'Aq
Saray, ma quando questi morì nel 1405 - durante la sua campagna per la
conquista della Cina - tutti i passi di montagna che conducevano a Shahrisabz
erano inagibili per la neve, e il condottiero dovette esser seppellito qui. Ulug
Beg, un alto nipote di Tamerlano, completò l'opera; durante il suo regno il
mausoleo diventò la cripta di famiglia della dinastia timuride.
Nel 1740, il condottiero persiano Nadir Shah
tentò di asportare la pietra tombale, ma questa si ruppe in due: ciò fu
interpretato come cattivo presagio e i suoi consiglieri gli suggerirono di
lasciare la pietra laddove l'aveva trovata. La seconda volta la pietra fu
spostata il 19 giugno 1941, quando ebbero accesso alla cripta gli archeologi sovietici.
L'antropologo Mikhail Mikhaylovich Gerasimov riuscì a ricostruire i tratti
somatici di Tamerlano a partire dal suo teschio e confermò sia l'altezza di 172
centimetri - per l'epoca una statura da gigante - che la conformazione ossea di
un uomo claudicante.
Furono ottenute inoltre ulteriori informazioni
riguardanti l'assassinio di Ulug Beg e confermata l'autenticità delle altre
sepolture presenti. In seguito, però, alcuni credettero che la maledizione
avesse colpito nuovamente, dato che la Germania nazista occupò la Russia
solamente tre giorni dopo. L'iscrizione sulla tomba infatti così recita: Chiunque
violi la mia quiete in questa vita o nell'altra, sarà soggetto a inevitabili
punizioni e miseria. Curiosamente, lo scheletro di Tamerlano e quello del
nipote Ulug Beg furono nuovamente inumati secondo il rito islamico nel novembre
1942, giusto all'inizio della battaglia di Stalingrado
e questi fiori belli? |
Alcuni studiosi ritengono che il Gur-e Amir, il Mausoleo
di Ruhabad e il Mausoleo di Aksaray costituiscano un unico complesso, data la
loro vicinanza.
Il mausoleo di Aksaray (XV secolo), in fase di
restauro, ha una cripta che contiene forse alcuni discendenti di Tamerlano,
forse dei nobili della sua corte.
Il mausoleo di Ruhabad, risalente al XIV secolo,
è un piccolo edificio all'interno del quale si dice siano contenuti i capelli
di Maometto. La madrasa ad unico livello accoglie oggi botteghe artigiane,
mentre è ancora attiva la moschea contigua alla madrasa stessa. Le tre parti si
combinano in unica vista d'insieme esterna.
E’ rimasta, in quest’area, soltanto una casa
storica, di un poeta e uomo d’ingegno, risparmiata ai lavori di rimodernamento
che hanno allontanato la gente dal centro storico per permettere ai turisti di
non vedere ciò per cui non han pagato il biglietto d’ingresso o per cui non
possono pagare con legale ricevuta fiscale. La gente che vive il quotidiano
mica interessa ai turisti. Né porta introiti. E’ sporca, poi. Fa disordine.
Meglio una bella spianata d’asfalto.
Proseguiamo attraverso il parco, che è
incredibilmente verde, con l’erba grassa e umida e degli alberi sotto la cui
ombra in molti trovano riparo. All’ingresso ci sono le due tigri, simbolo della
città, che riprendono la decorazione della madrasa Cher Dor che si affaccia
sulla piazza Registan, il vero cuore antico di pietra e ceramica della
città.
Siamo diretti esattamente lì, anche se visiteremo il complesso il giorno
successivo perché richiede almeno un paio d’ore. Sul percorso incrociamo dei
murales vagamente pop-soviet e un enorme corvo in vendita, insieme a ratti e
altri animali spelacchiati e con una cera non bella.
Dopo aver superato un numero x di cortei di
matrimoni con spose-bomboniera e invitati brilli e sudizzi, giungiamo
finalmente al simbolo di Samarcanda: la piazza Registan. Ma ne rubiamo solo
qualche scorcio nella luce del sole che s’abbassa e fa morbida la pietra. Giriamo
tondo tondo per vedere il retro degli edifici. Ne riparliamo poi di questa
meraviglia.
Alle spalle del complesso si trova invece uno
statuone che da lontano pare proprio quello di Lenìn, uno dei molti che si
trovano in qualsiasi città, paese o villaggio della Russia.
anche qui, come in Russia e nei Balcani, noleggiano le bici per fare i giri della piazza |
Ma a parte la posa,
il volto è un altro. Si tratta del losco fu presidente Islom Karimov, dittatore
di fatto, in carica dal 1991, indipedenza dell’Uzbekistan dall’Urss, alla sua
morte, avvenuta nel 2016. Partito comunista è finito tutto a destra,
percorrendo l’intero ventaglio senza problemi, visto ce vinceva easy peasy le
elezioni con il 90 e passa per cento dei consensi. Elezioni libere e senza
brogli, eh. E’ riuscito a farsi amici Putin e gli Usa dando loro basi militari
e presentandosi come alleato alla lotta al terrorismo e al fondamentalismo
islamico (qui intorno ricordiamo che ci sono Iran e Afghanistan).
La comunità internazionale ha criticato
ripetutamente l'amministrazione di Karimov per la mancata applicazione dei diritti
umani e della libertà di stampa. In particolare Craig Murray, ambasciatore britannico
dal 2002 al 2004, denunciò, durante il suo mandato e nel suo libro Murder in
Samarkand, la corruzione nella Nazione e gli abusi dei diritti umani, come
la bollitura a morte per gli
oppositori. Le Nazioni Unite giudicarono la tortura "istituzionalizzata,
sistematica e dilagante" nel sistema giuridico uzbeko. Altra critica mossa
nei confronti di Karimov è stata la responsabilità del prosciugamento del Lago
d'Aral a causa della mancata cementificazione dei canali di irrigazione del
cotone e dello sfruttamento eccessivo del fiume Amu Darya.
Insomma, un personaggione. Il suo corpo è sepolto
qui a Samarcanda, sua città natale.
Dopo questa prima scorpacciata di storia viene il
momento di riempire anche la pancia e ci pensa il ristorante più kitsch della
città. Io mi gusto un piatto di manti, i ravioloni bolliti con carne e verdure,
serviti con un poco di panna. Buonissimi è dir poco.
La buonanotte arriva così, con le luci del Registan e l'immensa grandezza di quello che poterono architetti e artisti, insegneri e schiavi, per un'unica volontà di potere, che fosse qui il centro dell'impero che collegava i deserti al cielo e qui il nome di dio fosse unico nelle molte lingue degli infiniti popoli che brulicano su questa zolla di mondo.
3/8/18
La giornata inizia nel migliore dei modi, nel tranquillo B&B dove alloggiamo e da cui si vedono le cupole del mausoleo di Tamerlano. La colazione è a dir poco abbondante, con tanta frutta e dolcetti tipici uzbeki, a base di miele e frutta secca. Nemmeno a dirlo, nulla viene risparmiato.
Ciccioni e felici rotoloiamo direttamente al Registan. Era il cuore della capitale e il suo nome in persiano significa "luogo di sabbia" o "deserto". Ma tutto è, men che questo.
Il Registan era una piazza pubblica, dove le persone si riunivano per ascoltare i proclami reali, annunciati da squilli di tubi in rame enormi chiamati dzharchis - e un luogo di esecuzioni pubbliche. E' incorniciato da tre madrase (scuole islamiche) di distintiva architettura islamica.
Cominciamo da quella sul lato occidentale, la più antica, la Madrasa Ulugh-Begh, costruita tra 1417 e 1420.
La madrasa Ulugh Beg, venne costruita da Ulugh Beg durante l'epoca timuride durante l'impero di Tamerlano; ha un iwan imponente con un pishtaq o portale di fronte alla piazza. Gli angoli sono affiancati da alti minareti. I mosaici portano ornamenti con stilizzazioni geometriche. Il cortile quadrato include una moschea e sala conferenze, ed è orlato da cellule dormitorio in cui gli studenti hanno vissuto. Ci sono gallerie profonde lungo gli assi. Originariamente la Madrasa era un edificio a due piani con quattro darskhonas (sale lettura) agli angoli.
La madrasa Ulugh Beg è stata una delle migliori università del clero d'Oriente islamico nel secolo XV. Abdul-Rahman Jami, il grande poeta persiano, studioso, mistico, scienziato e filosofo studiò qui. Ulugh Beg stesso ha dato delle lezioni. Durante il governo di Ulugh Beg la madrasa era un centro della scienza secolare.
All'interno dell'edificio si trovano troppi negozi e alcuni interessanti pannelli relativi agli studi astronomici condotti sia dagli studiosi persiani sia da alcuni europei, tra cui un polacco che lavorò presso l'osservatorio di Samarcanda voluto da Ulugh Begh stesso, di cui oggi si possono visitare i resti.
Torniamo sulla piazza e ci dirigiamo nell'edificio di fronte, la madrasa Cher-Dor, quella con le tigri sulla facciata.
La madrasa è stata costruita nel 1619-1635/36 su ordine dell'hakim di Samarcanda, Yalangtouch Bahadour (vizir di Kouli Khan), dall'architetto Abdoullah Djabbar. La decorazione è opera del Maestro Muhammad Abbas.
Venne costruita sul lato est della piazza sul sito di un khanqa del secolo XV i cui materiali vennero utilizzati per la sua costruzione; ciò è confermato da scavi archeologici condotti nel 1956 dall'archeologo sovietico S. N. Yourenev. La Madrasa Sher-Dor è costruita in base alla modalità di "koch" assieme alla madrasa Ulugh Beg, secondo certe proporzioni. Il progetto dell'architetto prevedeva infatti che le facciate dei due edifici dovessero essere lo specchio di un'altra. Ma l'autore non ha previsto che duecento anni dopo il completamento della costruzione della madrasa Ulugh Beg, il livello del Registan si fosse sollevato di due metri. Per questa ragione mostra un aspetto più robusto rispetto alla Madrasa Sher-Dor.
Dopo il completamento, la madrasa ricevette il nome del suo architetto, ma questo nome non venne mai adottato dalla popolazione locale. Il suo nome attuale, "Cher-Dor", è dovuto ai mosaici del timpano del portale d'onore. La decorazione è una scena di caccia con animali fantastici tra cui leoni, tigri e grandi felini sul lato con la testa circondata dai raggi del sole. Questa scena è uno dei simboli di oggi della Repubblica dell'Uzbekistan. La Madrasa Sher-Dor è famosa nel mondo musulmano da circa tre secoli, come scuola coranica di grande reputazione, ma oggi ha solo un'importanza locale, come del resto la madrasa Oulougbeg. Nonostante le dimensioni imponenti, la madrasa infatti ha ospitato a malapena una quarantina di studenti. Possiamo citare tra questi il sufi Sceicco di origine tatara, Chigaboutdine Marjani, filosofo e storico.
La madrasa subì diversi terremoti, tra cui due dei più gravi avvenuti nei primi anni del XIX secolo e alla fine del XIX secolo. L'edificio resistette, ma fu danneggiato assieme al portale principale che venne distorto assieme ai minareti. Nei primi anni del 1920, l'insegnamento coranico viene rimosso dai bolscevichi locali e la proprietà nazionalizzata. I lavori di restauro sono iniziati nel 1924. Gli scavi archeologici vennero condotti nel 1950 seguiti da nuovi restauri. Nel 1960-1962, i minareti sono stati smantellati, e il mosaico sopra il portale principale venne completamente restaurato e consolidato nel 1962, dopo il progetto di un artista N. V. Gorokhov e l'architetto I. A. Freitag.Le stanze sono occupate oggi da commercianti di souvenir e tappeti. E da ballerini che danzano danze tradizionali in costume, cantando e suonando in un playback malfatto ma pitorèsco assai.
Ci spostiamo infine verso l'ultima madrasa, Tilla Kari (che significa dorata ma pare il nome di un trapper), l'ultima delle 3, che chiude la piazza sul lato settentrionale. E' la più moderna madrasa del complesso del Registan. Venne completata infatti nel 1660 e prende il suo nome dalle decorazioni d'oro presenti al suo interno. E' dotata di un cortile interno con giardino.La sua costruzione venne ordinata da Yalangtush Bahadur.
Torniamo sulla piazza e ci godiamo ancora un poco la bellezza grandiosa,
prima di decidere di arrampicarci su un minareto della Ulugh Begh, che secondo me non sarebbe accessibile perchè è sai pericoloso, anzi, dangeroso come ormai mi capita ogni tanto di dire. Si accede da una finestrina e si sale per scalini angusti e altissimi. Si sbuca infine a un foro aperto sul minareto, da cui ben si vedono le decorazioni della Cher-Dor.
Infine torniamo alla madrasa Cher-Dor per lo spettacolo dei ballerini e per riposare un poco, nonostante la gran caciara che fanno questi convintissimi interpreti della tradizione folk uzbeka.
Prima di andarcene e proseguire alla scoperta della città, diamo un ultimo sguardo a questo "deserto" che fu casa di re e simbolo di potere, luogo di scienza e sacro rifugio di chi studiava il cielo, con le sue leggi matematiche di orbite e costellazioni, e con il suo muto grandioso senso d'un dio dai molti nomi.
... Si prosegue nella prossima puntata, domani!
Ho deciso di dividere in due parti la descrizione della città per non appesantire troppo con le molte foto e la storia "tanta" :-)
CONTINUA IL VIAGGIO
RispondiElimina“Sto a due terzi del mio viaggio!”
fa la Rita: “Su coraggio!
Fra un po’ arriva la montagna
ma la volpe non si lagna.
Si avvicina un altro...Stan,
mamma mia quanti saran?
Forza Puill, rimonta in sella,
spingi sulla pedivella,
non che voglia metter fretta
ma...il Kirghizistan ci aspetta!”