giovedì 13 agosto 2020

40-41. Da Oulu a Rovaniemi, capitale della Lapponia. Dal mare al nero bosco lungo i fiumi, filo d'Arianna in un labirinto di silenzio








12/8/20
giorno 40
Kempele-Alaniemi (boschi di)
128km

Finalmente una tappa densa e varia, una tavolozza di colori diversi e impreziosita da volti gentili e storia interessante.
Dopo tanto bosco e tanta strada lunga e dritta, ho talmente tanto da dire che mi si sbrodolano le parole addosso, un attacco di logorrea in piena regola. Piano e con ordine.
Stamattina colazione in camera e partenza presto, con un quasi solicello che ha scaldato subito l’aria e reso inutili i nostri abiti invernali, indispensabili ieri.

I primi 10km, tutti di ciclabile, seguivano la costa e ci han portati dritti al cuore di Oulu, meta prefissata fin da Helsinki come base di ripartenza verso Rovaniemi e la Lapponia.
Oulu passa i 200.000 abitanti ed è per questa la sesta città della Finlandia. Sta praticamente al cenro della nazione, ma tutta sul bordo occidentale, sul mare, alla foce del fiume Oulujoki, affacciata sul Golfo di Botnia a non grande distanza dal confine con la Svezia, cui noi oggi siamo andati vicinissimi.


La città è stata fondata nel 1605 da re Carlo IX di Svezia, dove già sorgeva un castello di poco precedente. Da lì e fino alla fine del Settecento Oulu crebbe e si arricchì anche grazie al commercio di catrame e salmone. Nel 1765 acquisì il diritto di città doganale e qualche anno dopo era la città più popolosa di Finlandia dopo la capitale Turku (con ben 3000 abitanti, ma quanti!). Nel 1822 però un incendio divorò tutto il centro e la ricostruzione fu affidata ad Engel, ma ciò non fu sufficiente. a far rinascere dalle ceneri Oulu. Il suo nuovo sviluppo è legato all’apertura dell’università, nel 1958, che oggi è la seconda più grande dopo quella di Helsinki. Gli studenti non erano più costretti a trasferirsi a sud, sulla costa, e potevano restare più vicini a casa. La città si è così ingrandita di strutture e servizi. Negli anni Sessanta, poi, sono state aperte le facoltà di ingegneria elettronica e meccanica, subito all’avanguardia e capaci di attirare sia studenti sia aziende e laboratori di ricerca. Dagli anni ’80 Oulu è considerata città tecnologica e ha portato una valanga di posti di lavoro e opportunità, al punto da ribilanciare la distribuzione di Pil e ricchezza tra nord e sud del paese. E’ la silicon valley locale, di fatto, e ancora cresce e si espande.







Noi la abbiamo attraversata tutta e questa sua storia, devo dire, si respira in ogni pietra e in ogni zolla. Ci sono palazzoni nuovi e meno nuovi, sedi universitarie e studentati, laboratori e molti parchi attrezzatissimi, con attrezzi, giochi, aree relax e locali. Il tutto anche sulla costa e sul delta del fiume, dove innumerevoli isole e isolotti son collegati tra loro e alla terraferma con ponti. E’ un mosaico di acqua e terra, di fiori e alghe, di azzurro e azzurro, porti e parcheggi.








Giungiamo alla piazza del mercato, Kauppatori, dove tuttora si tiene il quotidiano rito delle bancarelle, soprattutto di pesce, ovviamente, e ortofrutta, con bacche e funghi che la fan da padroni. Di fronte, su un’isola teatro e biblioteca. Intorno, antiche casette di legno rosso, vecchi magazzini del porto riadattati a locali un po’ hipster per gli universitari e i turisti. Al centro, di fronte al mercato coperto, sta la statua del torippolliisi, il poliziotto basso e tarchiato che controlla i traffici. I commercianti ci guardano e sorridono bonari.



















Sempre in ciclabile passiamo tutti gli isolotti del delta, tra la cattedrale e il castello, e proseguiamo poi fuori dal centro e verso paesini presepe tutti collegati sia sull’autostrada sia dalla ciclabile. Le scuole sono decisamente ricominciate: durante la mattina ne passiamo diverse, elementari e medie, con i bimbi in cortile e le loro biciclettine ben ordinate nelle rastrelliere. Da mezzogiorno iniziamo a incrociare i ragazzini che tornano a casa, pedalando solo e rapidi o scanzonati, in gruppo. Alcuni ci osservano con un po’ di timore, altri invece ci salutano e fanno espressioni di stupore e meraviglia aperta, come solo i bambini.

La leggerezza con cui si muovono, da suono ultima campanella del primo giorno di scuola, è però la stessa che vedo ogni anno a settembre. E pure quella vena di malinconia di estate finita, di nuovo anno che inizia, scarpe e zainetto nuovi, libri che profumano ancora di inchiostro fresco, tutto da fare, tutto che si sgualcirà e sporcherà.








Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull'età
Dopo l' estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità
Ti siedi e pensi e ricomincia il gioco della tua identità
Come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità...






Dopo questa serie piuttosto fitta di paesi finiscono le case e pure la ciclabile, e ci rituffiamo sullo stradone che segue la linea di costa ma senza mai avere in vista il mare, che fregatura. A questo punto, dopo Ii (ma che nome è?! Un lamento da volpe!), con il suo fiume e la sua foca (che è simbolo e stemma), le città si fanno rade e separate da diverse decine di kilometri, con la solita striscia d’asfalto che taglia a metà i soliti boschi fitti e scuri.








Poco dopo la sosta-mela, incontriamo il primo cicloturista che va dalla nostra stessa parte, e sale a nord (allora non siamo gli unici folli!). Georg, tedesco, viaggia solo con borse ortlieb tutte di colore diverso ed è a sua volta arlecchinato tra giubbetti catarifrangenti e abbigliamento ad alta visibilità. Anche nei modi e nei toni si rivela una sorta di folletto buffo, un Tonio cartonio della Melevisione, gay come l’attore che lo interpretava, timido e simpatico a un tempo. O magari un elfo aiutante di Babbo Natale Si ferma a parlare, dice che è partito da Helsinki una settimana fa e domani vuole arrivare a Rovaniemi, come noi. Ma lui rimane più a lungo sulla costa e viaggia di città in città, cerca accoglienza con warmshower e couchsurfing anche se, dice, quest’anno non è facilissimo causa Covid. Ma i finni sono rilassati e tranqui e quindi qualcosa riesce sempre a trovare, mentre i campeggi privati iniziano a chiudere perché siamo in bassa stagione. E’ gasatissimo all’idea di andare nel villaggio di Babbo Natale, dice che lo troveremo lì all’ufficio postale e scrivere cartoline di auguri a nastro, a bambini e amici, così che possano riceverle poco prima di Natale. E’ veramente al settimo cielo per questa porcata del Santaklaus, e assecondo il suo entusiasmo. Poi andrà a nord ancora, in Lapponia, ma senza uscire dalla Finlandia. Parliamo del meteo e delle strade e poi ci salutiamo, con l’idea di rivederci nei prossimi giorni sulla strada. O forse no, deve lavorare ai giocattoli in tempo per il 25 dicembre.




Proprio la strada, nell’ultimo tratto di highway, ci tradisce: lavori in corso, corsie dimezzate, asfalto esploso e strettoie, cantieri rumorosi e puzzolenti rendono l’andare difficoltoso. Ma è il primo ostacolo: oggi abbiamo avuto vento a favore e dislivello nullo. In questo caos da work in progress entriamo, quasi senza accorgercene, in Lapponia. Eh già. Subito un cartello che avverte di prestare attenzione alle renne, sulla strada.

La Lapponia è una regione geografica che si estende, oltre che in Finlandia, anche in Norvegia, Svezia e Russia, e in lingua baltica il suo nome, Sapmi, significa terra. Ci abitano i Sami, che nelle tre nazioni europee sono riconosciuti come minoranza e hanno una rappresentanza politica, seppur debole e volta soprattutto a preservare la cultura e dirimere le questioni del possesso delle terre e del pascolo per le renne, mentre in Russia sono una delle tante etnie invisibili e russificate a forza.

Insomma, Lapponia. E domani raggiungeremo la sua capitale, con tutti i babbinatali e cazzimazzi&cotillons. Ma soprattutto passeremo la linea immaginaria del circolo polare artico. Così a nord non son mai stata, men che meno in bici, Sono cu-rio-sis-si-ma. E ho un desiderio bruciante di vedere le renne, e magari persino le alci. Una brama smaniosa e cupida, proprio.




Ma torniamo a noi. A circa 100km siamo giunti alla cittadina di Simo, dove per l’ultima volta abbiamo salutato il Baltico e fatto la spesa grossa per la notte wild nei boschi e i primi 50km di domani altrettanto wild e nei boschi. Poi dalla costa abbiamo seguito il corso del Simojoki, che, dietro al suo largo delta, cela rapide e anse strette rinomate per la pesca al salmone. La strada è sterrata ma pedalabilissima e pioviggina, ma poco. Intorno alberi, e il rumore dell’acqua sulla pietra. Da queste parti ci sono molti capanni per i pescatori, ma siccome è presto, decidiamo di proseguire fino all’area attrezzata dopo Alaniemi, e Alakarppa. Qui c’è una riserva naturale, che circonda il lago Martimojarvi e le sue paludi zeppe d’anatre. E tra sentieri e zone barbecue, troviamo esattamente ciò che stavamo cercando.













Passato il pannello informativo, che indica presenza di volpi (ora almeno una c'è davvero) e anatidi (che starnazzano già e non smetteranno per tutta la notte, imbesuite nella ghiandola pineale dal chiarore sempre presente, a qualsiasi ora),


troviamo un capanno pieno di legna già tagliata in ciocchi perfetti, pino e betulla per un fuoco che subito accendo, ormai vestale e custode della sacra fiamma, da far invidia a re Luigi del libro della giungla;




e il laavu più adatto che si potesse chiedere per una serata e una notte di pioggerella. Fuori il calderone per il barbecue e le panche, sotto tavolo, panche, spazio per montare la tenda, appendiabiti, cestini dell'immondizia e persino armadietti e un quaderno su cui lasciare traccia del proprio passaggio.






Cosa che ovviamente facciamo, dopo pensieri e saluti in molte lingue, russo, cinese, inglese, tedesco... Siamo i primi italiani però. L'opera è di Gigi e mi pare rappresentativa.


Ci laviamo un poco e ci scaldiamo, mentre si prepara la cena. Durante la serata passano diversi locals, che si lamentano, pure loro, del tempo frizzantino della Finlandia. Sono pescatori in canottiera e braghette. Dicono "Suomi!" (il nome della loro terra) e guardano il cielo con le braccia aperte, in segno di rassegnata stizza.



Ci ritiriamo che ancora è chiaro, perchè qui è sempre chiaro. Alle undici di sera è chiaro, di notte quando ci si alza a far pipì, che siano le 3, le 4, le 5, è chiaro. Poi albeggia, ed è chiaro di nuovo definitivamente. Questo un po' sbalestra, e sembra sempre che sia già ora di alzarsi e partire, pur con un sonno addosso da notte non dormita. Poi guardi l'ora e nulla, Suomi!
Domani ci attende Rovaniemi, dove ho prenotato un appartamento in centro per fare il punto e organizzare gli ultimi 700km che ci separano da Capo Nord. Perchè da qui in poi non si può improvvisare e il margine dell'azzardo va ridotto al minimo: i servizi, i paesi, i posti dove reperire cibo e acqua diventano più rari e bisogna studiare bene il percorso. Anche perchè, poco oltre la metà strada, ci sarà da passare il confine norvegese, fino al 20 sicuramente aperto per noi italiani. Poi si vedrà il da farsi, perchè anche tornare è tutto un programma: direttamente da Nordkapp? Da Alta? Persino da Tromso magari... Molto dipende anche dalle bizze della nostra cara ministra dell'istruzione, che certo non dà grandi sicurezze.


13/8/20
giorno 41
Alaniemi-Rovaniemi
109km

Sveglia presto, stamattina, nel baccano dei misteriosi paperi che abitano queste selve e queste paludi, e, meraviglia, nemmeno una gocciolina di pioggia. Con calma abbiamo fatto colazione al caldo del fuocherello


e ci siamo preparati. All'improvviso, mentre osservavo gli alberi, mi son resa conto che senza alcun dubbio anche loro ci stavano guardando. Si erano persino avvicinati, tra loro e a noi, fitti fitti, assiepati, curiosi. Come se avessero avuto voglia di parlare ma fossero stati troppo timidi per farlo. Ah, ecco Tullia la Betulla e Severino il Pino (che tutti credono si chiami Giuseppe e invece no), e i loro parenti, figlioli e amici. Sono alberi buoni, non provano rancore contro il bipede glabro, perchè godono di gran rispetto e quasi sono venerati. Anch'io, dovessi credere in qualcosa, cercherei dio sotto alla corteccia e nelle venature delle foglie. E nel sole, ovviamente, che è la più ovvia presenza da venerare. Ma qui si vede di rado, e, anzi, appena partiti inizia a piovigginare finissimo e fresco.



Gli alberi ci osservano nei primi 50km di strada, sterrata per lo più e deserta, con rare case isolate, spesso abbandonate, e qualche auto scassata che sfreccia nella polvere. Sembra di essere tornati in Siberia.












Dopo questa movimentatissima mezza tappa, tutta saliscendi e scossoni da sassi e ghiaia, in un silenzio che nemmeno si riesce a dire, arriviamo al fiume Kemijoki, che seguiremo come un filo d'Arianna fino alla capitale lappone.E' un fiume immenso, oceanico e calmo, che riflette il grigio del cielo plumbeo e le sagome irte dei pini. Sfocia a Kemi, sulla costa, ormai distante. Sulla sponda destra del fiume corre l'autostrada, su quella sinistra una sorta di provinciale; ovviamente, essendo in bici, mi sembra logico optare per quest'ultima. Ma ciò comporta che per altri 40km non ci siano altro che boschi, e fiume, salitelle, discesine, altri boschi, altro tratto di fiume. Avevamo borracce piene e scorte di cibo per tutta la tappa, e per fortuna. Altrimenti pini e betulle avrebbero riso di noi, frusciando al vento.
















Proseguiamo rapidi, attratti dall'idea di arrivare in città, in una città, fosse anche la più brutta del mondo, per distrarre lo sguardo e la mente da questo panorama che dà senso di immobilità. Scatto per sbaglio una foto, mentre pedalo: è la riprova di come gli alberi ci osservino.









Appena giunti alla periferia di Rovaniemi (che è minuscola, come la città stessa -solo 60.000 abitanti), ci troviamo di nuovo stretti tra acqua e acqua, imbottigliata ora per dare energia ad una centrale idroelettrica, libera e fiorita più avanti. Esce il sole. Si intravedono le case e i palazzi e i bambini che pedalano veloci verso casa, dopo scuola. Altri esseri umani. Di solito no, ma questa volta sorrido al ritorno alla civiltà. Che sarà piuttosto breve, e va goduto appieno.





Prima di andare a ritirare le chiavi del nostro appartamento, facciamo una piccola deviazione per vedere la chiesa,



e il parco centrale, con la biblioteca, la casa della musica e altri edifici amministrativi, progettati in parte da Alvar Aalto, come il ponte "Candela del taglialegna", da cui d'inverno si gode dello spettacolo del fiume ghiacciato che riflette la luce arancione e blu del sole bassissimo all'orizzonte.



Per il resto la città ha poche case e moltissimi centri commerciali e negozi di varie catene, tra cui il McDonald's più a nord del mondo. Dà proprio l'idea di un porto di comfort e civiltà dopo tanto ghiaccio, bosco o fango che sia. Dopo tanto deserto, in senso di vuoto, di presenza umana. Pare Ulan Bator dopo la Siberia e il Gobi, l'agognata terra in vista dopo distese salate infertili di mare infecondo. Un brividino all'idea che noi, da questo porto, stiamo uscendo, sale. Ma animo, altri ne verranno!



Rovaniemi, abitata già diversi secoli prima di Cristo grazie al fiume alle selve, si è popolata intorno al 500dC con l'arrivo di genti dalla Carelia, dall'entroterra e dalle coste dell'Oceano Artico. Il vero sviluppo della città avvenne però nel XIX secolo, con la febbre dell'oro e la ricerca di legname, tanto che si costruì la la strada fino al mare, a Kemi, già nel 1839, e la ferrovia nel 1909. Poi vennero biblioteche e scuole, mentre Rovaniemi diveniva il centro economico e amministrativo della Lapponia. Durante la seconda guerra mondiale, nella guerra lappone, i tedeschi distrussero il 90% degli edifici, ricostruiti a partire dal '46 grazie all'ingegno di architetti del calibro di Aalto e ai contributi di Usa, Svezia e Nazioni Unite.


Ci spingiamo fino ai due musei più importanti della città, l'Arktikum, museo dedicato all'artico, alla sua geografia e alla storia, umana e non, alla sua natura da proteggere e al clima che sta cambiando. E il Pilke, centro scientifico dedicato al patrimonio forestale finlandese e alle politiche adottate per salvaguardarlo. Pare sia particolarmente adatto ai bambini, perchè certe cose van bevute con il latte materno e ripetute e ripetute finchè non diventano ovvie e naturali.





A questo punto andiamo a ritirare le chiavi dell'appartamento, mentre un babbonatale fuori stagione scruta i passanti.





Dopo esser passati di nuovo dal centro, con i suoi megasupermercati, ipertrofici, troviamo ad attenderci una casetta carinissima e calda, dove possiamo lavarci, lavare i vestiti (orrendi e appiccicosi de la qualunque) e organizzare i 700km di Lapponia selvaggia fino a Capo Nord. Sfrutto anche il "portolano" offerto dagli organizzatori della ciclogara NorthCape4000, che descrive kilometro per kilometro tutti i paesi e i servizi che si incrociano per via. Grazie, per sempre riconoscente.
Ah, l'appartamento porta il nome di Korkalo. De mazzate?


Domani passeremo dal Villaggio di Babbo Natale, che dista 8km dal centro di Rovaniemi e sta proprio sul Circolo Polare artico. E' un trappolone per turisti, una roba becerissima, ma proprio per questo merita uno studio socio-antropologico. Mi immagino qualcosa in stile Griffin (Family guy), dove gli elfi sono tutti storpi perchè ormai figli di rapporti tra consanguinei, le renne sono carnivore e fameliche e babbo natale è sfruttatore e sfruttato dal consumismo a un tempo, perchè i bimbi non si accontentano più di un solo giocattolo e il ritmo del lavoro in fabbrica si è fatto insostenibile. Un incubo. 

Poi sarà orizzonte aperto e ci si muoverà con cautela e attenzione, perchè le distanze, e il cielo, iniziano qui ad essere degne di attenzione massima. Non son concessi errori. E dopo Capo Nord? Dopo si vedrà. Intanto la strada è ancora lunga. Per altro, se ora ora non piovesse, si vedrebbe un poco l'aurora boreale!

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