giovedì 2 luglio 2020

0. Capo Nord in bici, senza Corona. La Signorina Felicita e l'amor fati. Viaggiare lenti ai tempi del Covid


Eccoci di nuovo qui, in partenza per un nuovo viaggio.
Gigi ed io stiamo per tornare in sella, e questa volta si va a nord, all’estremo nord del nostro continente.
Non vedo l’ora di spingere quel primo colpo di pedale che dà inizio alla magia.
Non vedo l’ora di incontrare volti e lingue e profumi nuovi, di vibrare della linfa delle betulle e bere il sole di mezzanotte.
Prima di tutto, alcune piccole news: ho finalmente un profilo Instagram: volpe.a.pedali. Ancora, durante la quarantena ho costruito un sito, ancora da migliorare, che raccoglie in ordine i diari di tutti i miei viaggi e fornisce info sui libri, gli eventi... Lo trovate a questo indirizzo: https://volpeapedali.wixsite.com/ritasozzi


Ancora, ho finalmente battezzato la nuova bici da viaggio, inaugurata l'anno scorso con la coast to coast San Francisco-Los Angeles.
Si chiama Signorina Felicita, come quella di Gozzano.

"...Vedevo questa vita che m’avanza:

chiudevo gli occhi nei presagi grevi;

aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,

ed ecco rifioriva la speranza!"



[Attenzione: la descrizione nuda e cruda del viaggio è nei paragrafi successivi. Qui ci sono pipponi filosofici a due mani, e una risposta. Estote parati]

Se dovessi riassumere in breve il modus che ha guidato la scelta, quest’anno, di meta, percorso e viaggio, direi: AMOR FATI. Amore del fato. Di ciò che accade al di sopra e al di là della nostra volontà e delle nostre forze.
Questa locuzione è usata da Nietzsche, ma non è a lui che voglio fare riferimento ora: non c’è alcuna volontà di potenza, non c’è un oltreuomo né la certezza che il tempo sia un cerchio che torna e ritorna.
Penso piuttosto agli stoici e al loro vivere secondo la natura del mondo. Omologarsi, diciamo, adeguarsi a ciò che accade, a quel logos che mantiene in equilibrio il cosmo, ordine bello. Accettare la realtà e il suo fluire, quando non dipende da noi. Per dirla con Seneca: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” (Il destino guida chi lo accetta, e trascina chi è riluttante). Penso alla saggezza di Epitteto e al grande animo di Marco Aurelio. Ma pure al Budda con il loto in grembo e il sorriso di pietra, che accoglie la realtà sul palmo aperto.
Insomma, c’è stato e ancora ci affligge il Coronavirus. Ci sono state restrizioni, quarantena, lockdown, confini sbarrati. Ci sono stati anche tanti errori, a partire dalla classe politica, giù giù fino al singolo privato cittadino “idiota” in senso etimologico. C’è stato il dolore, c’è stata la paura. E tutto questo è accaduto e accade, e per quanto ci si incazzi o si soffra, così è. Ineluttabile ormai, quando -troppo tardi- ci si è accorti di cosa stesse succedendo.


[La lunga preparazione. Credevo fosse Turchia, invece era un calesse]

Quindi quest’anno viaggiare è parso a lungo un doloroso rimpianto. Figuratevi un po’: tra settembre 2019 e gennaio 2020, prima che tutto esplodesse, stavo iniziando a preparare una cicloavventura in Cina, per chiudere il cerchio tra il viaggio in Russia e Mongolia e quello lungo la Via della seta. Ho acquistato le cartine, ho iniziato a studiare i primi rudimenti del cinese, ad informarmi su quella cultura millenaria… Poi, a gennaio, il timore del virus è giunto fino a noi, e mi sono fatta convinta che, per questa volta, sarebbe stato saggio cambiare rotta. E così ho immaginato un viaggio in Messico e Centro America: ho studiato spagnolo (con risultati decisamente più proficui rispetto al cinese) e ho conosciuto Sergio Borroni, il grande e gentilissimo ed espertissimo cicloviaggiatore milanese, che ci ha dato consigli preziosi. Intanto la situazione si aggravava, a febbraio è iniziata la didattica a distanza, a marzo siamo stati costretti in quarantena e gli orizzonti si sono fatti stretti, da claustrofobia, e cupi. Sono stati mesi difficili, impossibili a volte. Non poter uscire in bici, non avere contatti umani, vedere studenti e colleghi solo dietro un schermo e intanto percepire il disastro intorno ha fatto sì che, per un po’, smettessi di pensare ai viaggi. Smettessi quasi di respirare. La ministra dell’istruzione, Azzolina labbrarosse, il punto forse più basso mai toccato in tale carica, aveva anche prospettato i concorsi per docenti (cui partecipo) a luglio e agosto. Quindi mi ero rassegnata ad una estate mancata.
Poi, pian piano, le cose sono migliorate. Prime aperture, primi giri in bici, il sole sulla pelle e l’aria in faccia. Si può uscire dal comune! Si può uscire dalla regione! Arrivati a giugno, si è capito che l’Europa avrebbe gradualmente riaperto i confini interni durante i mesi estivi. E intanto la cAzzolina, tra le mille idiozie, ha fatto intendere che i concorsi sarebbero stati rimandati all’autunno.
AMOR FATI.
Subito in me si è riaperta la vena del nomadismo e ho iniziato a studiare un viaggio in Europa. Verso Nord, che è l’unica parte del nostro continente che non ho visto ancora. Svizzera, Austria, Germania, Danimarca e Norvegia, su su fino Nordkapp. Che meraviglia!
A percorso appena abbozzato, però, giunge una doppia notizia: alcuni paesi europei col piffero che aprono a noi italiani (lombardi!) zozzoni appestati. Ma dal primo luglio si può andare in paesi terzi extraeuropei. Capo Nord pare escluso: Danimarca e Norvegia non ci vogliono. Però dal 13 giugno la Turchia apre pure all’Italia. Ci sono biglietti aerei in vendita dal 1 luglio. Studio. Scopro che Erdogan ha messo in moto una macchina pubblicitaria per promuovere il turismo in Turchia, dove è stato messo a punto un sistema di certificazione per strutture ricettive Covid-free. Perché la democrazia europea, al novello e caricaturale Ataturk, fa schifo, ma i soldi nostri gli interessano assai. Seguo l’attualità turca. Ci sono numerosi meeting con imprenditori italiani, con società nostrane. Tutto promette bene. Metto nero su bianco un percorso interessantissimo, che da Istanbul, già raggiunta in bici 6 anni fa, corre lungo la costa verso sud e poi attraversa il paese nel centro, passando per la Cappadocia, e giunge sulle coste settentrionali del Mar Nero. Ma perché non spingersi anche nel Caucaso? Georgia, Armenia e Azerbaijan. Figata! La linea sulla mappa corre, disegna un viaggio pieno di storia, di azzurro e di marmo antico. In uno slancio di ottimismo, compro i biglietti: Milano-Istanbul, 2 persone e 2 bici, per il 3 luglio.
Non resta che attendere la lista ufficiale dei paesi terzi cui aprirà l’Europa dal 1 luglio. Nel frattempo mi spostano il volo dal 3 al 4, ma poco male. Continuo a studiare. Mi aggiorno. I rapporti tra Turchia ed Europa hanno degli attriti: prima con la Francia, per la drammatica questione libica. Poi per Cipro Nord, con Borrell in visita a Nicosia e il ministro degli esteri turco che definisce le sue proposte come “lontante dall’essere serie”. Mh… Marca male.
Però tra venerdì 26 e sabato 27 giugno esce la bozza della lista dei paesi terzi cui aprirà l’Europa, e la Turchia è ricompresa. Leggo anche che questa bozza andrà rivista, ma ormai tutto pare risolto.
Sabato notte vengo punta dal tafano del dubbio. Cerco aggiornamenti. Alcune fonti estere dicono che la lista è stata ristretta a soli 15 paesi, e la Turchia è stata esclusa.
I successivi due giorni passano nella febbrile ricerca di novità, che latitano. Ancora lunedì sera ero nel limbo: a quattro giorni dalla partenza, non avevo certezze sulla meta.
Poi, nella notte di lunedì, la Pegasus Airlines mi invia una mail con lapidaria comunicazione che il mio volo era riservato ai soli cittadini o residenti turchi.
Questa già era una risposta ai miei dubbi. Certo, siamo ancora nella situazione assurda per cui ricevo notizie ufficiali prima dalla compagnia aerea che dal governo, ma almeno si poneva fine a quel limbo di attesa impaziente.
Scommessa persa, ahimè. Cancello il volo, cancello la prenotazione dell’hotel a Istanbul.


[Il viaggio]

E quindi? Niente viaggi? Estate in provincia di Milano, tra afa e zanzare? MAI!
Le volpi hanno sempre un piano B.
Infatti, già durante il weekend, quando mi erano sorti i primi dubbi, ho riesumato il piano Nordkapp e apportato le dovute modifiche in base al calendario delle riapertura dei vari paesi. Infatti quando ho scoperto che l’operazione Asia Minore andava abortita, era già pronto il Nordkapp plan. Nordkapp plan senza Corona, oserei dire.
Trattasi di accorto slalom tra aperture e chiusure, piste ciclabili e città che voglio scoprire, condito da continuo aggiornamento sull’andamento epidemiologico nei vari stati. A monte sta comunque una scommessa piena di ottimismo, ovvero che la situazione in Europa resti stabile o persino migliori. Altrimenti cambieremo rotta di volta in volta, adattandoci alla realtà di frontiere chiuse e confini invalicabili.
AMOR FATI.
Sarà comunque un’avventura bellissima.

Il percorso, a grandi linee, si può dividere in 3 parti di lunghezza circa equivalente.
1. Casa (fuori Milano) - Berlino. Passeremo da Svizzera e Austria, sul passo del San Bernardino poi a sfiorare il Lago di Costanza. Da lì si imbocca la prima ciclabile, che collega il lago al Danubio, fino a Ulm. Poco oltre Ulm si imbocca un’altra ciclabile storia, la Romantische Straße, e dopo questa la ciclabile della valle dell’Ilm, via Weimar, e quella del Saale. Ancora uno strappo e si è a Berlino, in circa 1200km. Per questo tratto ho preferito seguire le ciclabili piuttosto che le città storiche tedesche, che ho, per lo più, già visto.
2. Berlino-Tallinn. Una volta a Berlino vireremo netti ad est, verso la Polonia settentrionale (Stettino, Danzica e la Masuria), stando attenti ad evitare l’exclave russa di Kaliningrad perché, attualmente, la Russia è off limits e non c’è modo di ottenere il visto. Poi via, in un tuffo le tre repubbliche baltiche: Lituania, con la sua antica capitale Kaunas, Lettonia, via Riga, ed Estonia, fino a Tallinn. Questo percorso, di circa 1500km, segue a grandi linee un tratto dell’Eurovelo 13, detta della Cortina di ferro.
3. Da Tallinn ci si carica su un traghetto fino ad Helsinki e da lì è tutta Finlandia, fino all’ultimo microscopico lembo di Norvegia, alla fine, ormai giunti a Capo Nord. Qui seguiremo l’Eurovelo 11, con le necessarie deviazioni, per un totale di 1600-1800km.





Per conoscere le aperture e chiusure dei vari paesi ci affidiamo al sito della Farnesina “Viaggiare Sicuri” e all’app Re-open Eu.
La nostra casa sarà la tenda e partiamo armati di ogni precauzione contro il Covid, in primis l’aria aperta e le grandi distanze degli orizzonti spalancati.

Perché non restiamo in Italia? Perché l’Italia è bella davvero e gli italiani sono stupendi, la viabilità impeccabile, tutti rispettano le regole e le strade sono sicure, nessuno evade, nessuno fa il furbo e c’è proprio la mentalità aperta verso il cicloturismo. Amo così tanto l’Italia che, a differenza, di molti miei coetanei, pur potendo, ho deciso di rimanere qui, di lavorare per lo Stato che così bene sempre ci tratta, e di dedicarmi proprio all’educazione dei cittadini di domani. Perché piano piano qualcosa cambia, e per questo bisogna lottare. Però, comunque, ho bisogno di almeno due mesi all’anno di disintossicazione da tutta questa meraviglia meravigliosa e quindi il bonus vacanze lo lascio volentieri a chi ne ha bisogno.

Gigi ed io, l'anno scorso, nel deserto del Mojave, in Arizona, lungo la Route 66


[Un cambiamento possibile. E necessario]

Ultima postilla importantissima.
Se avete letto sopra dell’amor fati, avrete forse pensato che questo viaggio sia frutto di rassegnazione, di passivo conformarsi allo status quo. Ebbene, no. Viaggiare, in questo periodo, è un atto di fiducia nel prossimo; è un modo per dimostrare che si può far vacanza, e che vacanza, anche senza ammassarsi nel carnaio brulicante delle spiagge e dei locali, che si può vivere a mille consumando pochissimo, inquinando il meno possibile, facendo meno rumore dello stormire delle foglie al vento.
Questo virus non è certo piovuto dal cielo per caso, ma è il frutto di un sistema malato, basato sul consumo estremo, sulla distruzione degli ecosistemi e sul folle nostro crederci eterni.
Non è così e dovremmo averlo imparato, in questi mesi recenti. “Siamo qualcosa che non resta/
Frasi vuote nella testa/ e il cuore di simboli pieno
" (Guccini).


[Ringraziamenti]

Grazie a tutti coloro che vorranno seguirci in questo viaggio “senza Corona”, di cui pubblicherò aggiornamenti qui e sulla pagina Facebook.
Grazie infine a chi ci supporta e ci sopporta, grazie ai miei genitori, alla Farmacia Caiezza di Bareggio e a Cicli Boglia di Corbetta.
Fate i bravi, divertitevi e, come dico sempre ai miei studenti: state lontani dalla galera!
Buona strada a tutti, dovunque vi porti.





14 commenti:

  1. Come sempre, scrivi così bene e pensieri così belli che non si può non leggerti, anzi, vi seguo con passione e tutto il resto. Bacissimi

    RispondiElimina
  2. Solo leggendo questo racconto, mi sono goduto già il viaggio. Non vedo l'ora di viverlo attraverso foto e altri racconti. Complimenti per il coraggio, e per come scrivi. In bocca al lupo

    RispondiElimina
  3. È un viaggio che ho fatto in moto e due volte in camper ( quindi facendo un po' più di rumore rispetto allo stormire delle foglie.....) sono posti che fanno sognare.
    Non vedo l'ora di leggerti.
    Buon viaggio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. chissà che bello anche in camper vivendo i luoghi con calma, giorno per giorno :)

      Elimina
  4. invidia ed ammirazione...bravissima nel preparare le tue avventure e nel farle vivere agli altri...questo, nel mio piccolo, sarebbe il viaggio che vorrei fare...prima o poi!! ciao ti seguo! GB

    RispondiElimina
  5. Bravissimi...leggendo il vs.diario di viaggio mi fate rivivere i miei 2 viaggi a North Cape...in camper pero'..

    RispondiElimina
  6. grande Rita, viaggiando verso Nordkapp in camper mi sono innamorata dell'estremo Nord e leggerti mi farà rivivere quelle meravigliose estati baciate dal midnatsol

    RispondiElimina
    Risposte
    1. mi sa che mi innamorerò anch'io... Anzi un po' lo sono già!

      Elimina