giovedì 4 agosto 2016

Quinta tappa: da Kufstein a Salisburgo. Un giro di giostra.

Signori della giuria, posso parlare a mia difesa. Discolpa. Ho delle attenuanti. C'erano dei motivi validi.
Altrimenti un percorso così insensato, caotico e a culo non si spiega pegnennte.
Dunque. A casa, valutando distanze e altimetrie, mi ero resa conto che la strada più logica tra Kufstein e Salisburgo presentava una bella salitina al mezzo. E perché non disegnare una linea ubriaca tra monti e nazioni, per evitarla? Ovvio. Sicché ho partorito questo buffo mostriciattolo (che poi ha avuto pure i suoi momenti di bellezza, poverino). Sulla carta, comunque sembrava bene.
Stamattina son partita presto, e di presto oggi c'è stato solo questo. Dalla tenda la vista era così.



E simile è stato tutto il primo tratto, sempre verdissimo, sempre muccatissimo, sempre chiuso tra le pendici cupe dei monti.
Poi sono passata in Germania, semplicemente tirando dritto sulla strada che stavo percorrendo, sulla sponda sinistra dell'Inn (l'Innmancabile da tre giorni).



A una certa avrei dovuto trovare un ponte per passare di là dal fiume, di nuovo in Austria.
Ma il ponte non c'era.
In compenso c'erano tre rubicondi pensionati che, tra una birra e l'altra, ammazzano il tempo traghettando ciclisti de chi e de là, su una barca di legno. Che figata! Carica la Signora, carica la volpe e via verso questa traversata di ben due minuti.







Una volta sbarcata, nuovamente in terra asburgica, ho pedalato per qualche kilometro sull'ormai nota ciclabile dell'Inn.



Poi l'ho lasciata.
Gioivo nel cuore (come direbbe Omero), io, stolta, inconsapevole, mannaggia a me.
In quel punto preciso segniamo una bella X e facciamo iniziare il dolór. Da lì e per l'intero giorno è stato uno stillicidio di salitelle e discesine, spritti e sbroffi di una strada che ha centrato in pieno TUTTE le colline del Tirolo e della Baviera. Tutte. Per traverso.
Il primo pezzo, poi, è stato traumatico. Solo Jesus sa come mi sono trovata di nuovo in un bosco. Bellissimo. In salita. Su un sentiero microscopico e fangoso. Pendenza incalcolabile. Sull'ultimo tratto ho fatto surf all'indietro, trascinata dal peso della Signora e costretta ad un'andatura da airone cionco causa scarpe con l'attacco al pedale.
Ho dovuto staccare i bagagli e portare su una cosa alla volta separatamente.





Appena in cima, che era solo eidolon, illusione, un muro con tanti tornanti e tanti ciclisti lanciati a bomba in discesa. Io, invece, su e su. Sotto un sole cocente, spuntato per l'occasione. Stronzo.
Cun calma e cun pasiensa l'han fa il cü a chi l'eva sensa.
E sono arrivata al passo. Saranno stati 500m.







Da lì mi si è parata davanti la verità: una distesa di colline, tutte in file parallele, tutte da superare. Un lenzuolo verde aggrinzato.
La prima delle innumerevoli discese mi ha riportata in Germania. Perché oggi è andata così, come l'elefante che si dondolava appeso al filo d'una ragnatela.



Luoghi ancora meravigliosi, Alpi da cartolina.







Superata la prima serie di colline, ho fatto ben 20km in piano. Quelli che costeggiano il -per me finora ignoto- Chiemsee. Un lagone one one circondato da paludi ma pulite ordinate. Che oh siamo in Germania mica in teronia. Faceva un caldo disumano. Da stamattina a quell'ora avrò passato 20 gradi di escursione termica, che nemmeno nel deserto di Aladino.
La zona del lago è munita di ciclabili sterrate ben tenute, strade bianche che in giorni come oggi non t'impolverano. Ti impanano. E tu friggi nel tuo sudore.





Poi son ricominciate le colline. Campi, prati, monti, mucche; dopo poco, nel mio cervello piccolo e molle, son diventati un unico frappè. Mucche verdi, pannocchie color cielo, asfalto pezzato come Carolina. Il tutto aggravato da una strada storta peggio di me, curve e anse e girotondi e inversioni a U. Così a buffo. Montagne russe praticamente.












Ah, e i lavori in corso. E le città abbastanza grandine da perdercisi.
Insomma, a Salisburgo son arrivata quasi alle 19, tornando di nuovo in Austria. Sono partita alle 9, stamattina. Poi ero così rincoglionita da non trovare l'ostello. Ho chiesto ai passanti ma nessuno mi ha dato retta davvero.
Forse perché puzzavo. Di volpe. Ma quelle stiacciate sulla statale da tre giorni.
Stasera ho rimediato pure a questo. Ho fatto una lavatrice, sgomitando  nella massa senza naso di asiatici (tsinèsi? Giaponèsi? Coreani?) che hanno invaso la struttura e la città. Ma veramente, sono dappertutto, spuntano dai muri.
Per questo e per il kilo e mezzo di crocchette offerte dall'ostello a 3 sbleuri, nonché per la stanchezza e la cottura del sole, ho deciso di rimandare la visita seria di Salisburgo a domattina.
Stasera ho solo fatto un giretto in centro, ma casuale, come degna conclusione di una giornata di movimenti senza senso. Una giostra con cavallini e biciclette, su e giù, su e giù, su e giù.




E vendite du palle di Mozart



E magnatela na cosa



La direzione però rimane, ed è sempre una: bussola a nord-est, Mosca sto arrivando!



5 commenti:

  1. Riri', leggere e' sapere ma per il sapore e' tutt'altra storia. Quello, tra lacrime e sangue, lo senti tu. Buonanotte!💖

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    1. Niente lacrime e sangue... Solo sudore e pioggia! :-)

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  2. A parte le frittelle a gogo, il percorso assassino mi ha un che di già vissuto. Boh

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    1. Ma sei sicuro? Certo certissimo? Da quel che so tu non fai mai salite e strade malefiche...

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  3. Ciao, ma l'alternativa migliore quale era? continuare lungo l'Inn sino a Rohrdorf e poi? Comunque si deve andare verso il "Lagone"
    Ciro

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