martedì 23 agosto 2016

Ventiduesima tappa: Da Minsk a Krupki. Napoleone e l'autostrada





Quella di oggi è stata davvero una tappa da incorniciare, perfetta in tutto e appagante sotto ogni punto di vista. Bella e basta.
Temevo per alcune incognite della strada e per la stanchezza, che nei giorni scorsi si è fatta sentire con prepotenza. Invece la sosta a Minsk mi ha fatta tornare come nuova, carica e in forze, mentre la strada si è rivelata più benevola del solito. Спасибо (spasibo - grazie) compagna strada.
Sono partita dall’ostello con “il lampo in un orecchio/ nell’altro il paradiso”. Da un lato un ragazzo inglese, che lavora a Mosca, che ha pianto tutta la notte e tutta la mattina perché prima è stato lasciato dalla ragazza, poi ha avuto notizia della morte della madre. Dall’altro un giovane olandese che, per alleggerire l’atmosfera, ha suonato la chitarra e cantato canzoni dolcissime. Nel frattempo ho conosciuto un’albanese, un’ucraina, una coreana, un canadese, due “nigga bro” (parole loro) da Miami, un giapponese e tre russi. Solo non si vedono i due liocorni. Dopo questo bagno di umanità, per me fin esagerato, sono tornata in sella contenta di farlo. Che la gente è bella se a piccole dosi, e da una certa distanza. 

Uscire da Minsk è stato ancor più facile che entrarci. Imboccato il vialone della vittoria sono andata sempre dritta… Per 100km! Ho passato Piazza della vittoria, con il suo obelisco di 40 metri a memoria dei caduti russi e bielorussi della Seconda guerra. 



Ho ammirato la Biblioteca nazionale bielorussa, un mostro di 22 piani per 72 metri, 2000 lettori a botta. La terza più grande biblioteca con pubblicazioni in lingua russa dopo quella di Mosca e San Pietroburgo, inaugurata nel 2006. Se ve lo foste chiesti, la forma è quella del rombicubottaedro. Sì è brutta. Ma nobile. Anzi, sacra più di qualunque chiesa.




Stando sui marciapiedoni larghissimi, che corrono nella periferia (urenda pure da questa parte), sono riuscita ad accorciare un po’ la tappa seguendo la M2, stradona in parte a pagamento. A casa, nel prepaparare le tracce, avevo evitato queste arterie, temendo traffico e divieti. Ma sono tutte fattibilissime in piena sicurezza. Appena fuori città inizia una smisurata area ad uso militare, tutta coperta da boschi e filo spinato. Si sentono colpi di arma da fuoco, ma mica robetta da piccolo calibro! Se uno si ferma a far pipì tra quegli alberi rischia di uscirne impallinato come un fagiano. Meglio tenersela.



Ancora oltre, dove inizia la statale P53, si incrocia il Monte della Gloria. Si tratta dell’ennesimo, mastodontico memoriale ai caduti della Grande Guerra Patriottica, che son stati, evidentemente davvero, davvero tanti; la collina è stata creata raccogliendo una manciata di terra da ogni villaggio bielorusso distrutto durante l’occupazione nazista, secondo la tradizione slava.



Da questo punto in poi, e per lunga tratta, è stato un continuo susseguirsi di boschi e campi. La strada si è rivelata piuttosto insipida, né bella né brutta, né piana né con salite impegnative, né troppo trafficata né deserta. Incerto e sciatto anche il tempo: mi inseguiva un temporale, con le sue raffiche di vento e i suoi tuoni lontani, ma non mi ha raggiunta; è arrivato stasera, quando io ero già al riparo di una bella casetta rurale, e domattina dovrebbe già essersene andato.





Insomma, pedala pedala sono arrivata alla prima meta parziale di oggi, Barysaw, lercia e polverosa città completamente distrutta nel ’44, che ha visto almeno 33.000 dei suoi cittadini morire nei 6 lager costruiti nei dintorni. 




Ma quanto a Barysaw c’è anche altro da dire. Oltre alla Grande guerra patriottica, qui si è svolto un capitolo fondamentale della (prima) Guerra patriottica, che ha visto i russi opporsi non già ai tedeschi, ma ai francesi di Napoleone. Dobbiamo riavvolgere la bobina di duecento anni. Era il 1812. Tra il 26 e il 29 novembre la Grande armata di Bonaparte si sta ritirando. E’ una colonna scomposta, cenciosa, appesantita da carri, carretti e sbandati; tutti hanno fame, ma soprattutto freddo. Il Generale Inverno uccide di notte, nel sonno, e taglia i piedi, le gambe, le dita; spesso i cosacchi escono dai boschi lungo la strada come belve feroci, fanno brevi incursioni e la neve fiorisce di rosso cupo ad ogni passo. I partigiani, contadini, gente del posto, fa anche di peggio: nessun prigioniero, tortura a morte. I francesi sono allo stremo. Partiti in 600.000, ora sono 40.000. Le bufere di neve e il gelo trasformano la nobilissima Grande armata in un mucchio di ossa coperte di stracci; non c’è nulla da mangiare. Vengono sacrificati i cavalli, qualcuno parla di episodi di cannibalismo. Il bottino depredato a Mosca, i cannoni e i feriti vengono abbandonati lungo la marcia. Si cammina per 14 ore al giorno in un bianco senza fine, un incubo accecante. Non si riesce a passare da nessuna parte, i russi sono ovunque, in armi, in forze, pronti a seppellire nella neve quel poco che resta dell’esercito francese. Napoleone guida la colonna, a cavallo, con la sua guardia imperiale. Quando il ghiaccio si scioglie si marcia nel fango. Arrivano al fiume Beresina, affluente del Dnepr.



Per scoprire che i due ponti sono stati distrutti. Non si può passare. Da nord, est e sud stanno per convergere i tre eserciti russi, che hanno accerchiato i francesi. Bisogna trovare un modo per passare il fiume. All’altezza di Studienka, ancora sicura, gli uomini del genio costruiscono due ponti di legno su cavalletti, con le assi delle case del villaggio, smantellate una a una. 400 genieri muoiono assiderati nell’acqua della Beresina. Passano 30.000 soldati. I russi, intanto, attaccano battaglia. I ponti vengono dati alle fiamme dai francesi stessi, per non far passare i nemici, e così 12.000 uomini restano di là dal fiume, o meglio, muoiono nel fuoco o nell’acqua gelida. Napoleone riesce comunque a portare in salvo quel che resta dei suoi e a sfuggire all’attacco russo. Ma la battaglia della Beresina gli costa 25.000 perdite, tra morti, dispersi e prigionieri. E’ uno dei capitoli conclusivi della disastrosa campagna di Russia, l’inizio della fine per Napoleone. La parabola discendente di una parte fondamentale della nostra storia.
Ecco la Russia che si avvicina. Quella Russia che ha respinto Napoleone e Hitler, quella Russia di neve e sangue, di Guerre patriottiche combattute in divisa e nei fienili e nelle cascine. Ecco la Russia, all’orizzonte, cimitero sconfinato, carnaio di cadaveri ma mai piegata se non dalle sue stesse forze interne. Ecco la Russia, dove entrerò dopodomani.

Dopo questo tuffo nel passato, torniamo all’oggi. Passata Barysaw, mi aspettava la grande incognita odierna: come sarà percorrere in bici l’autostrada M1?
Ebbene sì. L’autostrada. Avevo letto che, in definitiva, poteva non essere considerata vietata alle bici. Ad ogni buon conto, prima di imboccarla, ho fatto una sosta con doppia barretta, un po’ per farmi coraggio, un po’ con l’idea che, se anche mi stiacciano, un’ultima cosa buona me la son concessa.




E invece la M1 (che arriva fino a Mosca e riprenderò, più avanti) è stata una vera e propria figata. C’è la corsia a lato, dedicata ai mezzi lenti. Non è vietata alle bici né ai pedoni, tanto che ci sono i soliti venditori di funghi e mele a bordo strada e spesso si vede gente che attraversa con calma le sei corsie. C’è pochissimo traffico. Le pendenze sono docili. E volete mettere la libidine di prendere la scia dei camion che vanno a 120 all’ora? Ho tenuto una velocità media che non vedevo da che son partita, ben sopra i 30km/h. E senza fatica, via con il vento. Una meraviglia!









Così, volando, sono arrivata a Krupki, la meta di oggi. E’ un villaggetto rurale di antica fondazione, conteso per secoli, come tutto qui, tra Lituania e Russia. Era abitato prevalentemente da ebrei, polacchi e rom, tutti sopravvissuti più o meno a guerre e carestie, ma non certo all’arrivo dei nazisti: 1000 persone ammazzate in un solo giorno; gli altri, quasi tutti, in breve tempo.
Non paghi, i cittadini di questo ameno luogo han subito pure la violenza delle “purghe” del Kgb, che ha fatto fuori 55 persone (la croce commemorativa di queste vittime del comunismo è stata misteriosamente rimossa, o rubata, nel 2009).






Quando sono arrivata mi ha preso lo sconforto: dove diavolo poteva essere l’ostello, in questo paesucolo di izbe e strade sterrate? 




Mi sono portata all’indirizzo giusto. Una casetta. Dopo una telefonata di cui ho capito men che nulla, è venuta ad aprirmi una sciura tutta sorridente. Ovviamente parla solo russo. E’ la proprietaria della casa, di cui affitta due camere. Nemmeno a dirlo, son l’unica ospite. Dopo le formalità (passaporto, visto, polizza ecc), credevo di poter finalmente andare a far pipì e doccia, le impellenti necessità di quando arrivo. Invece no. Iannina, così si chiama l’anziana di origine polacca, mi ha arpionata con sorriso maliardo, mi ha mostrato sei volte la casa (tre stanze) e poi, sedutasi con me al tavolo della cucina, ha iniziato a versarmi tè. E a parlare. In russo, a randello. Seguire il filo del discorso e rispondere, tentando di farmi capire, è stato arduo. La Giovannina non mollava. Continuava a versarmi l’ennesima tazza di tè e a rilanciare la discussione. Poi mi ha offerto dei pomodori suoi, belli rossi di radiazioni di Chernobyl. Poi altro tè bollente, che trangugiavo nella speranza di liberarmi. Nulla. Mi ha raccontato tutta la storia della sua famiglia, dal bis-trisavolo ai nipotini. Degli ospiti strani che le è capitato di avere in casa. Di cosa si mangia qui di solito, preparato come. Mi ha dato l’idea di una donna molto sola. E un po’ molesta, anche. 





Sono riuscita a sganciarmi con la scusa di andare al supermercato, perché qui di ristoranti non ce n’è nemmeno a palarne. Mi ha disegnato la mappa per arrivare a far la spesa. In effetti mi è stata utile. Spasibo Iannina.


Ora ha anche smesso di piovere. Domani mi attende Orsha, ultima città bielorussa. Un po’ mi spiace lasciare questo paese: si è rivelato la più bella sorpresa, finora, dell’intero viaggio.





1 commento:

  1. Le tue gambe, come la tua testa, hanno voglia di andare....
    Il Mondo e' tanto grande da girare.

    RispondiElimina