sabato 8 luglio 2017

Nona tappa. Sosta a Kazan. Il miele, la mezzaluna e l'azzurro







Qui siamo quasi al confine, in uno degli ultimi lembi di terra del continente.
Qui soffiano venti da est e le nuvole corrono tra due mondi.
Qui siamo sull’orlo dell’altro, del nuovo, distante, diverso, lontano. Sull’orlo dell’Asia.
Qui siamo al crocevia dove gli stranieri si incontrano e si riconoscono.
E a Kazan’ questa atmosfera di estraneità e mescolanza si tocca con mano e si respira concreta e densa nei profumi e si legge sui volti. Strade, linee sul palmo della mano, rotte di antichi commercianti e ombre lunghe di guerra, rapide come frecce. La mezzaluna della moschea e della scimitarra svetta accanto all’aquila dello zar e alla stella rossa della rivoluzione. Tutto è altro, tutto convive e cementa e trasforma.










Kazan è una città grandiosa.
Non si sa bene quando sia stata fondata, né da chi. Le radici affondano nel mistero profondo delle acque del fiume. Potrebbero esser stati i bulgari del Volga, nel primo Medioevo, o i Tatari dell’Orda d’oro a metà del XV secolo. Di certo era un luogo strategico per arricchirsi nei commerci e controllare i traffici dalla Scandinavia all’Iran, da Oriente a Occidente. Era però anche zona di continui assalti da parte dei nomadi delle steppe, che per tutto il ‘200 devastarono la regione, tra sangue e fiamme. Dopo alcuni decenni di ducato bulgaro alle dipendenze degli invasori, alcuni tatari dell’Orda presero qui il potere e, nel 1438, nacque il potente khanato di Kazan. I commerci erano ricchissimi, sul fiume scorrevano merci di ogni genere e il fiume aveva riflessi d’oro. La schiavitù era legale e, anzi, quasi tutta la manodopera giungeva proprio dagli schiavi, catturati dai tartari in raid contro le popolazioni russe e poi costretti alla conversione forzata all’Islam, pena la morte o l’esser venduti a sultani di terre lontane, così lontane da casa da impazzire all’istante.



















Naturalmente più volte fu tentata, da parte russa, un’offensiva, per impadronirsi della ricchissima città e porre fine al suo strapotere. Ogni assalto fu vano. Solo Ivan il Teribile riuscì, con un assedio di oltre 40 giorni e 4 anni di guerriglia, a porre fine all’epoca delle guerre russo-tatare, ponendo come base dei suoi attacchi proprio la cittadella di Svyazhsk che ho visto ieri. Correva l’anno 1552. 












Dopo la presa della città furono liberati 8000 schiavi russi, ma vennero massacrati quasi tutti gli abitanti. I supersititi furono costretti a convertirsi al cristianesimo. Molti vennero deportati. Moschee e palazzi furono distrutti prima consapevolmente dall’esercito dei vincitori, poi da una serie di incendi che si mangiarono quasi tutta la città. Dopo le devastanti fiamme del 1579 fu ritrovata intatta tra le ceneri l’icona, oggi veneratissima, di Nostra Signora di Kazan.








All’inizio del ‘600, nei torbidi delle guerre tra Russia e Polonia-Lituania, Kazan tentò di costituirsi territorio indipendente, con il sostegno della popolazione, ma la rivolta fu repressa da Minin (quello della statua di Nizhny Novgorod) nel 1612.
Un secolo più tardi il khanato fu abolito e lo zar Pietro il Grande russificò del tutto il territorio, portando qui i cantieri di costruzione delle navi della flotta del Caspio.
Nel 1774 la città venne di nuovo distrutta durante la repressione della rivolta delle truppe di confine e dei contadini, guidata dal capitano cosacco Pugachev. Sotto il governo di Caterina II, però, Kazan fu ricostruita e fiorì di nuovo: fu abolito il divieto di costruire moschee, si stamparono, a inizio ‘800, i primi Corani e la città divenne un centr di studi di cultura islamica e in particolare tartara, con giornali, pubblicazioni, opere teatrali e letterarie. Nel 1918 Kazan fu capitale dello stato autonomo dalla brevissima vita dell’Idel-Ural, presto sottomesso dai bolscevichi e annesso all’Urss. Moschee e chiese vennero ridotte in macerie e cenere per l’ennesima volta. 





Durante la Seconda Guerra mondiale qui furono prodotti carri, aerei, munizioni e materiale per il fronte, a sostegno del titanico sforzo bellico sostenuto dalla Russia. Dopo la guerra restarono le industrie e le eccellenze nel campo dell’ingegneria e della fisica. Negli anni ’80, però, superato il milione di abitanti, si diffuse il panico a livello collettivo con il cosiddetto “Fenomeno Kazan”: si credeva che la delinquenza giovanile e le gang di strade fossero aumentate fino a diventare una seria minaccia per la popolazione, complice la mafia russa che proteggeva il microcrimine e i loschi traffici dei delinquenti.
Nell’ultimo decennio Kazan è stata trasformata in un gioiello artistico e culturale, grazie alla manutenzione e al rifacimento degli edifici storici, agli ambiziosi progetti architettonici e alla presenza di università e centri studi sulla cultura tartara.



















Oggi mi sono riposata e nutrita di bellezza e chak-chak, che è questo dolce tartaro buonissimo da mangiare con il thè (ma pure a secco, che discorsi). Pasta fina, fritta, al miele, con aggiunta di frutta secca alla bisogna. Inutile dire che è peggio di una droga: "smetto quando voglio" e invece è sempre solo l'inizio. Qui, per altro, ci sono tutti i dolci tipici turchi, loukum compresi. Impossibile resistere.




I prossimi tre giorni avrò tappe lunghe di trasferimento. Muovo decisa verso Ufa, la Baschiria e i tanto attesi Urali, vero confine tra Europa e Asia. Vedremo cosa sta al di là di questa linea, quanto davvero cambino le cose, quanto sia invece il solito puntiglio umano di tracciare righe e dividere, separare, scindere, nell'idea di poter capire e governare meglio, col pensiero e con la mano, le cose piccole. Quando invece la verità sta nel riunire il tutto in un unico organismo inscindibile, perchè così è il mondo, così sono lo spazio e il tempo. Veri nell'unità indivisibile. Falsi nell'illusione di comprenderne piccole parti separate, al di qua e al di là dei margini, limiti della nostra mente.

2 commenti:

  1. Una città che è stata rasa al suolo e ricostruita così rante volte, reinventata e sempre la stessa, sembra il posto giusto da dove partire per arrivare al confine, alla linea tra europa e asia. Una abbuffata di bellezza e chak-chak è una buona base per arrivare a quel confine :)

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  2. Condivido il commento di Silent Bob. Sila

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